Posted on: 8 Maggio 2020 Posted by: Andrea Marcianò Comments: 2
"The Lighthouse" di Robert Eggers, la giovane rivelazione dell’horror

Il poeta britannico S. T. Coleridge ricorda, nel suo famoso racconto La ballata del vecchio marinaio, cosa significa attirare la sventura tra i marinai: è un’invisibile calamità che, come un morbo, si insinua tra le file dell’equipaggio, li smembra, li tortura, e chi non è troppo impegnato a morire, impazzisce.

The Lighthouse — film horror di Robert Eggers presentato al Festival di Cannes 2019, e venuto alla luce quattro anni dopo l’acclamatissimo The Witch (reso graficamente The Vvitch) — è un prodotto che in Italia non conosce ancora distribuzione e che, tralasciando l’attuale situazione COVID-19, non sembra avere troppo futuro. Peccato, perché la parabola della mitologia marinaresca è solo uno dei tanti capitoli lucidamente rappresentati in questa pellicola.

La trama si concentra su due personaggi: l’assistente, più schiavo che aiutante, Ephraim Winslow (Robert Pattinson), e il lupo di mare Thomas Wake (Willem Dafoe); entrambi sono destinati a un isolamento volontario di quattro settimane su una scogliera per fare da guardia a un faro. Con il passare dei giorni il tempo peggiora e ciò impedisce ogni contatto con la terraferma.

Nella lunga e angosciante attesa, i due protagonisti dovranno evitare di scivolare nella pazzia febbrile e cercare di sopravvivere nonostante le numerose avversità.

La storia è tipica del cinema mondiale: già Scorsese (Shutter Island), Kubrick (The Shining) e altre grandi firme hanno perlustrato gli effetti che alla lunga causa la pazzia da isolamento. Eggers decide però di dare un proprio tocco autoriale alla scena, anche se autore (ancora) non è, adottando un bianco nero e un formato vicino ai canonici 3:4, i quali drammaticamente si applicano con un tono gotico e tipicamente Wieneniano.

La sceneggiatura cavalca inoltre il cliché americano del rapporto servo-padrone, che però trova nel finale uno stravolgimento intenso. Infatti, tutta la successione di dialoghi tra Winslow e Wake concludono, in un crescendo angosciante, un concetto già affrontato nel citato The Witch, che mostra la volontà del giovane regista di riconoscersi in uno stile suo con un gusto vagamente espressionista.

Tra i sempreverdi c’è pure Dafoe, attore di altri tempi, che veste i panni di un uomo alla sua capitolante drammaticità. Rivela la sua rombante ascesa, invece, Robert Pattinson che da protagonista-antagonista, per Eggers, fa notare il suo trasformismo cinematografico. Insieme formano una coppia funzionante, avvinghiata, riuscendo a sostenere una non facile sceneggiatura, spesso e volentieri piena di citazioni: Melville (tra l’altro riportato esplicitamente), Poe, Turner, Caravaggio.

Tali sfumature culturali e bibliche, dando alla trama una cornice onirica, tendono a trasformarsi, culminando in un finale schizofrenico ma brillante. Il faro oltremodo è un miraggio, un paradiso irraggiungibile in cui la luce accecante è salvifica e allo stesso tempo punitiva, un sole che castiga l’Icaro più testardo e il più avventato.

Eggers alla sua seconda opera si dimostra ambizioso, tenta di arrivare dove altri non proverebbero nemmeno; riempie il piccolo spazio con una regia misurata al millimetro e una fotografia impetuosa, trasformando il panorama della scogliera in irrealtà mistica, mischiata a inebriante e incontrollabile pazzia.

Sempre rispettando iconiche caratteristiche, lo scrittore-regista, amplia i suoi studi sulle leggende popolari, trasponendole al cinema in maniera eccellente.

La sua concezione di cinema dell’orrore si differenzia di molto da quella contemporanea, avvicinandosi invece a una nostalgica rivalutazione dell’horror classico. Tutto questo in un periodo in cui il genere attraversa una profonda crisi d’identità, caratterizzata specialmente da banali remake e opere jumpscare senza emozioni. Robert Eggers è il cineasta che tiene attaccato alla poltrona il pubblico e dona vitalità allo schermo. Che sia da esempio.

Andrea Marcianò
Classe '99, nato sul Lago di Como, studente in scienze della comunicazione, amante di cinema e televisione. Mi piace osservare il mondo dall'esterno come uno spettatore.

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