Anche Milano, sulla scia di diverse città del mondo, ieri, domenica 7 giugno, ha espresso la propria solidarietà nei confronti del movimento Black Lives Matter.
Migliaia di attivisti nel pomeriggio si sono riversati in Piazza Duca d’Aosta per ricordare George Floyd, il 46enne afroamericano ucciso da un agente di polizia a Minneapolis, ma non solo lui. Le vittime, italiane e non, del razzismo sono moltissime: i loro nomi spiccavano in diversi cartelli dei manifestanti.
Durante il presidio in molti hanno deciso di raccontare la propria esperienza di razzismo per cercare di spiegare cosa significhi oggi essere neri in Italia.
Anche è il cantante David Blank, afroitaliano originario delle Marche, è intervenuto di fronte alla piazza gremita di gente. Proprio la sera del 6 giugno, rientrando dalle prove per la manifestazione, Blank ha raccontato ai suoi followers di Instagram di essere stato fermato per un controllo dei documenti (non è raro che molti afroitaliani si sentano domandare di esibire il permesso di soggiorno nonostante affermino con chiarezza di essere italiani): controllo sfociato in una serie di domande invasive e per nulla pertinenti riguardo alla sua occupazione e alla sua origine (sottintendendo che quella marchigiana non fosse valida). Il mondo social ha cercato di mobilitarsi chiedendo a Laura Pausini – per la quale il cantante ha lavorato come corista – di sfruttare la propria voce in una situazione di questa gravità.
Nonostante pioggia e vento si è poi formato un corteo, che dalla piazza della stazione Centrale si è concluso in via Zuretti, in ricordo di Abdul William Guiebre. Abdul, “Abba” per gli amici, a soli 19 anni era stato ucciso a sprangate nel 2008 dai gestori di un bar proprio in quella via.
Alla fine del corteo i manifestanti si sono inginocchiati per ricordare l’ingiusta morte di Abba, ennesima vittima del razzismo in Italia.
Abbiamo intervistato Selam Tesfai, del centro sociale “Il Cantiere” e facente parte del comitato per non dimenticare Abba.
Ci ha spiegato che la giornata è stata organizzata a partire “da ragioni emotive e politiche che hanno portato alla decisione di vivere questo momento collettivo”. Selam ha parlato anche di razzismo sistemico a livello globale e ne ha spiegato l’evidenza sottolineando come le manifestazioni ci siano state in diverse città del mondo: “È una problematica che non riguarda un paese specifico”.
Ha poi insistito sull’importanza di parlare di cittadinanza e di regolarizzazione, soffermandosi su come nonostante la nostra Costituzione parli di leggi che devono aiutare a superare le disuguaglianze, “sembrano invece creare dei muri che impediscono alle persone di essere libere e uguali”.
Parlando dell’eco che ha avuto il movimento Black Lives Matter in tutto il mondo, Selam ha evidenziato la cosa fondamentale che è avvenuta negli Stati Uniti recentemente: “Non sono più solo le persone che subiscono razzismo a parlarne, ma anche quelle che hanno il vantaggio di non subirlo e hanno deciso di utilizzare il loro spazio comunicativo per fare da megafono alle voci di chi già parlava”.
Ha concluso dicendo: “Questo è ciò che dovremmo riuscire a fare anche in Italia.”
[L’intervista è stata editata per brevità e chiarezza]
Articolo di Elisa Torello e Silvia Bonanomi.
Intervista di Valentina Testa.
Foto di Elisa Torello.