Del: 23 Giugno 2020 Di: Luca D'Andrea Commenti: 0

Radici racconta fatti, personaggi e umori della storia della Prima Repubblica italiana, dal 1946 al 1994.


Premessa:

Dopo la fine della Prima guerra mondiale, grazie al Trattato di San Germain del 1919, l’Italia annetté l’Alto Adige (o Sud Tirolo), sottraendolo al disciolto impero austroungarico. Naturalmente la regione soffrì molto questa decisione e i tentativi di scongiurare la prospettiva di diventare stabilmente territorio italiano si concretizzarono fin da subito. Con l’avvento del fascismo, il regime per sedare queste rivendicazioni utilizzò il pugno duro, dando inizio nella regione a un processo di italianizzazione forzata: fu incentivata l’immigrazione italiana di massa, furono italianizzati cognomi tedeschi, la toponomastica, furono proibite lingue diverse dall’italiano e molto altro ancora. 

Capite bene cosa abbia voluto dire un intervento simile in una regione fino a pochi anni prima totalmente germanofona. Si arrivò così alla fine della Seconda guerra mondiale: la Germania e l’Italia furono sconfitte e il territorio austriaco, precedentemente annesso al Terzo Reich, fu occupato dagli Alleati. Durante la Conferenza di Potsdam, Unione Sovietica, Stati Uniti e Regno Unito confermarono l’Alto Adige come territorio italiano e il 5 settembre 1946 fu firmato a Parigi dai ministri degli esteri italiano e austriaco l’accordo De Gasperi-Gruber, il quale prevedeva un’autonomia politica e linguistica più ampia per la regione dell’Alto Adige, sancendo la parità tra lingua italiana e tedesca.

Intanto nel 1955 si ricostituì la Repubblica Austriaca alla cui guida figuravano molti estremisti, tra cui qualche ex nazista, che non accettavano la situazione in Alto Adige in cui il clima, nel frattempo, diventava sempre più teso. 

L’inizio del terrore:

L’anno successivo si costituì il Comitato per la liberazione del Sud Tirolo (BAS), un’organizzazione terroristica il cui fine era l’autodeterminazione dell’Alto Adige e l’annessione della regione all’Austria.

Le azioni del gruppo inizialmente erano volte solo alla propaganda anti italiana, ma ben presto si concretizzarono attacchi terroristici.

Obiettivi furono prima monumenti fascisti e tralicci dell’alta tensione, poi scuole italiane. Viene ricordata in particolare la Notte dei fuochi (Feuernacht), quando tra l’11 e il 12 giugno 1961 vennero fatti saltare dai BAS quarantadue tralicci dell’alta tensione con trecentocinquanta ordigni esplosivi e in cui perse la vita una persona.

La linea del movimento divenne sempre più radicale e la guida venne assunta da Georg Klotz, che si circondò da estremisti e neonazisti. I loro attacchi confluirono verso le forze dell’ordine italiane; tra gli innumerevoli attentati, il 25 giugno 1967 si consumò una vera e propria strage a Cima Vallona di San Nicolò Comelico. I Bas fecero saltare un traliccio dell’alta tensione e minarono il sentiero per raggiungerlo, così che, quando le forze dell’ordine provarono ad avvicinarsi al luogo dell’esplosione furono sbalzate in aria dalle mine anti-uomo. Morirono un Capitano dei Carabinieri, un sottotenente dell’Esercito, un sergente e un alpino. L’allora ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani condannò l’accaduto duramente dicendo: «Combatteremo il terrorismo senza esclusione di colpi. Le forze armate e i servizi di sicurezza vengono impiegati con la massima energia: questo significa, tanto per fare chiaro, che i nostri soldati hanno l’ordine di sparare a vista sui dinamitardi».

Nel 1966, sull’Unità, Oldirich Kaderka, responsabile della sezione esteri del Partito comunista cecoslovacco, fece un parallelo interessante fra la situazione in Alto Adige e quella nel suo Paese prima della Seconda guerra mondiale. Scrisse: «Da noi […] si sviluppò un movimento irredentista, in misura abbastanza larga, fra la popolazione di minoranza tedesca: iI Partito dei tedeschi dei Sudeti, il famoso partito di Henlein, di marca nettamente nazionalista e fascista. Lanciò la parola d’ordine del “ritorno alla patria”. Tale linea politica venne sviluppata da questo partito non soltanto con la sua presenza e la sua attività, ma anche col terrorismo». Sappiamo che nel 1938 Hitler, con il pretesto della presenza di una minoranza tedesca, annetté tutta la Cecoslovacchia: «Non è da escludere che coloro che oggi istigano il terrorismo in Alto Adige si siano ispirati alle esperienze di allora» chiosò Kaderka.

Erano passati vent’anni, ma la catastrofe della Seconda guerra mondiale era più viva che mai e i fatti in Alto Adige evocavano brutti ricordi.

La tensione tuttavia venne smorzata dopo l’approvazione di una serie di provvedimenti che concedevano più autonomia alla regione e all’introduzione del Secondo Statuto d’autonomia nel 1972. Il BAS si sciolse nel 1969 e per circa dieci anni non ci furono episodi molto gravi.

Nel 1986, però, si formò un nuovo gruppo chiamato Ein Tirol (Un Tirolo), che effettuò diversi attacchi terroristici contro le abitazioni di politici di lingua italiana, contro la sede RAI di Bolzano e contro moltissimi altri obiettivi. Il pensiero di questo nuovo movimento è esemplificato nella dichiarazione di un militante: «Il pacchetto (i provvedimenti citati sopra, n.d.r.) è tradimento e inganno del popolo tedesco. Nel Sudtirolo il Kampfgruppe Ein Tirol rivendica i venti attentati e le raffiche d’arma da fuoco contro le forze d’occupazione italiane dell’anno scorso e di quest’anno. Chiediamo l’immediata autodeterminazione. Combatteremo fino alla vittoria. Siamo sul piede di guerra contro l’Italia. Viva il Tirolo! Dio è con noi!». 

Le attività dell’Ein Tirol finirono quando tutti i membri furono processati o incarcerati e così si concluse la stagione del terrorismo in Alto Adige, anche se gli strascichi della storia si trascinano fino a oggi.

Bilancio

Dall’inizio delle attività terroristiche, nel 1956, fino alla fine, nel 1988, ci furono 361 attentati che causarono ventuno morti e cinquantasette feriti; la giustizia italiana riuscì a condannare centocinquantasette terroristi, molti dei quali non scontarono mai la pena perché accolti e protetti nei territori tedeschi e austriaci. 

Luca D'Andrea
Classe 1995, studio Storia, mi piacciono le cose semplici e le storie complesse.

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