Da quando è diventato uno dei social network più utilizzati al mondo, su Instagram si sono potuti incontrare svariati profili. In particolar modo, la fioritura di canali dedicati alla psicologia e al benessere mentale ha conosciuto un’enorme espansione.
Daniele Marchesi, psicologo bergamasco, è creatore e gestore di @lapsicologiaperte; il profilo è stato fondato alla fine dello scorso dicembre, e il suo impatto è stato notevole e gratificante per coloro che sono stati maggiormente destabilizzati dalla quarantena da Covid-19.
In esso, come riportato dallo stesso articolo di Vanity Fair, Marchesi propone «immagini associate a problematiche su cui pone una riflessione. Ma anche video della durata di pochi minuti che corrispondono a Psycho, diari nei quali propone tre tematiche del giorno che possono riguardare un conflitto, uno stato d’animo, un’emozione, una situazione, una suggestione». Il fenomeno della crescita degli psico-profili è un chiaro segnale di come la spasmodica ricerca dell’omeostasi personale sia più viva che mai nel nuovo millennio.
Accanto al fenomeno sopracitato, la stessa psicologia è andata incontro, durante la sua storia, a cambiamenti significativi.
Nonostante sia iconica l’immagine di Sigmund Freud, munito di sigaro o intento a scrivere i pensieri dei pazienti accanto al lettino ove si sfogano, la psicoanalisi di sua invenzione è ormai solo un ricordo. Una chiave di volta all’interno della disciplina è arrivata grazie a Martin Seligman, durante gli anni Novanta, e la fondazione della psicologia positiva; successo derivante soprattutto dalla pubblicazione, nel 1990, del suo best-seller Imparare l’ottimismo
La psicologia positiva propone un approccio con il paziente basato sull’emersione delle sue potenzialità (strenght-based): questa metodologia è un plus rispetto ai tradizionali metodi psicoterapeutici, il cui focus consiste, prevalentemente, nell’individuare il “deficit cognitivo” e rimuoverlo (deficit-based).
Ciò si può riassumere in una doppia attività, in cui si dispone il paziente a un affronto della vita volto all’ottimismo e al benessere a lungo termine, scongiurando quindi l’eventualità che i sintomi si ripresentino, o che il paziente possa precipitare di nuovo in uno stato pessimistico, da cui potrebbero insorgere patologie psichiche.
All’interno di Imparare l’ottimismo, Seligman narra della sua carriera da psicologo, descrivendo l’utilizzo concreto della psicologia positiva sui pazienti, l’importanza che rivestono i pensieri positivi in ogni ambito della vita, i rischi che incorrono assumendo un atteggiamento pessimista, non solo sul piano fisico e psichico, ma anche su quello lavorativo e sociale.
Come ogni scienza empirica, anche la psicologia positiva ha conosciuto numerose obiezioni, da parte soprattutto di specialisti nel settore della psicoterapia.
La dottoressa Giuliana Proietti, psicologa e sessuologa, ci spiega come prendere con le pinze l’ottimismo, e il modo in cui si esaspera questo comportamento è, oltre che inutile, talvolta tossico.
Gibson e Sanbonmatsu (2004) in tre studi hanno dimostrato che gli ottimisti hanno minori probabilità di liberarsi dalla dipendenza del gioco d’azzardo, anche dopo aver sperimentato delle perdite. Inoltre, Isaacowitz e Seligman (2002) hanno rilevato che l’ottimismo è associato con una depressione maggiore in un campione di partecipanti anziani. Ulteriori, diversi studi sulle relazioni di coppia suggeriscono che le donne che attribuiscono le cause dei comportamenti violenti del partner a fattori esterni piuttosto che a fattori di personalità dei loro partner (cioè le più ottimiste) corrono il rischio di sperimentare abusi psicologici o fisici.
Sintetizzando, vi è un’impossibilità nel volere per forza classificare i processi psicologici come positivi o negativi, ma è necessario contestualizzare la provenienza dei problemi, oltre ad un’analisi del paziente a 360 gradi, che non debba sempre ricondursi alla somministrazione di consigli sul praticare l’ottimismo, la gentilezza, il perdono.
I colleghi di Vice, capitanati da Cecilia Marotta, sono voluti scendere nella tana del Bianconiglio, frequentando il corso online di Yale The science of well-being, nel quale veniva implementato l’utilizzo della psicologia positiva, e in cui venivano assegnati agli studenti i “compiti a casa”, ossia esercizi pratici e test auto valutativi per accrescere il proprio ottimismo. Ironicamente, l’articolo mostra una serie di sistematiche attività esercitate dall’autrice, che tutto farebbero pensare a qualcosa di simile ai consigli di uno psicoterapeuta.
Per concludere, non possiamo negare che la ricerca della felicità sia il fine ultimo di ogni individuo. Ma se c’è qualcosa che la filosofia ci ha insegnato, è proprio l’eterno conflitto tra noi e il mondo esterno, e demonizzare periodi cupi della propria vita, così come le emozioni negative, snobbando magari l’intero plotone di celebri pensatori pessimisti (Petrarca, Leon Battista Alberti, Pomponazzi, Kierkegaard…), è decisamente un errore da matita blu.