Qualche giorno fa abbiamo visto come l’XI edizione del Festival della Fotografia Etica di Lodi abbia scelto di dare spazio alla dimensione locale, affrontando il tema della lotta del lodigiano contro la pandemia.
È proprio partendo dal territorio che, al contempo, lo spettatore riesce a gettare un attento Sguardo sul nuovo mondo. Questo il titolo scelto per lo spazio espositivo collocato nella splendida cornice del cortile del Palazzo della Provincia di Lodi.
Qui, attraverso un lavoro come La pandemia che ha cambiato il mondo, percepiamo immediatamente come la pandemia, così come la viviamo in prima persona ogni giorno, abbia modificato le abitudini dell’intera umanità, seppur con delle differenze. Il prezzo più alto è pagato dalla fascia più povera della popolazione.
Di fatto, però, nessuno può ritenersi immune. Sarà una banalità: le sorti dell’umanità sono comuni, in quanto abitanti dello stesso pianeta. Spesso ce ne dimentichiamo, chiusi nella nostra bolla. Una bolla che crediamo infrangibile. La fotografia ha il potere di catturare gli eventi nella loro quotidiana straordinarietà. Così, non possiamo rimanere indifferenti di fronte a due lavori esemplificativi di due grandi avvenimenti dei nostri giorni e che ben illustrano le grandi sfide che l’umanità si trova oggi ad affrontare. Ci riferiamo al pericolo della catastrofe ambientale, tema del racconto fotografico “Estate Nera”, e della deriva autoritaria, affrontata nel reportage “Hong Kong: Visioni contrastanti”.
“Estate Nera” (Black Summer)
Il reportage di Matthew Abbott, fotografo documentarista di Sydney, si sofferma sulla stagione degli incendi che ha colpito duramente il Sud-Est dell’Australia tra dicembre 2019 e gennaio 2020. Dopo mesi di siccità da record, alla fine di gennaio sono bruciati complessivamente 12,6 milioni di ettari di terra, quasi tre volte la dimensione dei Paesi Bassi. Oltre alla ventina di vittime umane, gli scienziati locali hanno stimato almeno un miliardo di morti animali (le controversie sulle stime spiegate qui) e la distruzione di oltre il 50% della foresta pluviale del Gondwana.
Due sono i colori dominanti nella fotografia: il rosso delle fiamme e il nero della cenere. Il fotografo cattura un forte contrasto che impressiona lo spettatore. Si tratta di un effetto cromatico che permette di cogliere al meglio la scansione cronologica degli eventi caratterizzando così l’intero reportage. Il colore scuro, simbolo di distruzione e morte, diviene sempre più protagonista, come conferma il titolo scelto: “Estate Nera”.
Dai centri abitati alle foreste in fiamme, sembra quasi di percepire la paura vissuta dalla popolazione e la fatica dei vigili del fuoco, che nel periodo più caldo, attorno al 20 dicembre, hanno raggiunto le 2500 unità, contando delle vittime. Si tratta di una catastrofe destinata a ripetersi.
Nonostante ciò, il Primo Ministro australiano Scott Morrison si è ben guardato dal collegare gli incendi alla crisi climatica e dal mettere in atto politiche ambientaliste. È una sorte comune al mondo intero.
“Hong Kong: Visioni contrastanti” (Opposing Views)
Il racconto della resistenza dei cittadini di Hong Kong contro il controllo cinese dell’area è affidato questa volta agli obiettivi di vari autori dell’Agence France Press, agenzia di stampa globale.
Protagonisti del reportage sono da un lato l’enorme folla di manifestanti mascherati, che dall’estate 2019 invade le strade della città, dall’altro la repressione operata dalle forze di polizia di Pechino: le due Visioni contrastanti.
La fotografia, datata al 31 agosto 2019 – tredicesimo fine settimana consecutivo di manifestazioni – cattura le forze di polizia in tenuta antisommossa in fuga oltre i detriti incendiati dai manifestanti nella zona di Causeway Bay.
Scatti come questo mettono bene in evidenza la paura e la concitazione che traspaiono dai volti dei poliziotti nel corso delle proteste. Paura, un’emozione che tutti noi, specie in questo momento, conosciamo da vicino. Come spiega il teologo e filosofo Vito Mancuso in un recente saggio sull’argomento: «[…] non siamo né i primi né i soli a provare paura. In teoria lo sappiamo da sempre, ma nella pratica, quando noi abbiamo paura, ci sembra sempre di essere isolati, abbandonati, alle prese con un’esperienza speciale. Invece non è così. Forse anche quello che ti sta aggredendo per strada ha paura […]».
Il reportage di AFP lo racconta magistralmente. Traspare tutta l’umanità degli agenti di polizia, i quali, come rivelato da un altro scatto di Wallace, talvolta solidarizzano con la minoranza degli Uiguri in Cina. Minoranza che, come nel caso dei manifestanti pro-democrazia, denuncia forti violazioni dei diritti umani.
Sono queste le sfumature che vanno indagate se vogliamo davvero comprendere la realtà in cui viviamo, oltre le generalizzazioni. È ciò che si percepisce immediatamente visitando l’XI edizione del Festival della Fotografia Etica di Lodi.
Riferimenti: Vito Mancuso, Il coraggio e la paura, Garzanti, Milano 2020.