Del: 10 Ottobre 2020 Di: Chiara Di Brigida Commenti: 0

Multimediale è la parola d’ordine della mostra che apre i battenti il 10 ottobre alla Fabbrica del Vapore di Milano: “Frida Kahlo – il caos dentro”. L’esposizione, definita dagli organizzatori “un percorso sensoriale altamente tecnologico e spettacolare”, abbraccia il complesso e caleidoscopico personaggio della pittrice e ne riflette un’immagine a 360 gradi. Del resto, chi meglio di lei si presta ad incontrare la tecnologia del Ventunesimo secolo? Frida è un’icona che trascende le epoche: libera, pioniera, appassionata, strenuamente legata alla vita. Non sono un caso le rivisitazioni in chiave pop del suo personaggio, o l’imponente opera di marketing che le è stata creata attorno.

Non stride vedere l’ artista materializzarsi su uno schermo piatto, o i suoi scritti proiettati sul muro e neppure le pennellate convertirsi in pixel nelle riproduzioni delle sue opere più famose.

Il focus della mostra è peraltro la figura di Frida, più che la sua produzione artistica, come a testimoniare che ci troviamo davanti a uno di quei casi in cui l’artista sovrasta l’arte, la vita si estroflette nella creazione e la creazione le risponde partecipando alla sua pienezza. E questo ci è chiaro fin dai primi passi: all’ingresso veniamo infatti accolti da dei pannelli che ripercorrono lastoria della sua vita. Dalla poliomielite contratta all’età di 6 anni a quel devastante incidente sull’autobus, a seguito del quale sarà costretta a letto con lancinanti dolori.

È questo il periodo in cui Frida inizia a dipingere: la madre le fa montare uno specchio sul letto a baldacchino cosicché lei possa autoritrarsi. Il dolore fisico dell’artista si concretizza nella tela e così viene esorcizzato, la pittura diviene catartica radiografia dell’anima. Il rapporto con il corpo martoriato sarà sempre una costante nelle sue opere, ma nulla è più sbagliato di ridurre l’intera esistenza dell’artista al dolore: nei pannelli successivi viene infatti raccontato l’incontro con il pittore Diego Rivera, il matrimonio, l’amore tenace e tormentato, la carriera artistica e l’attivismo politico, trama che percorrerà tutta la vita della pittrice sino alla tragica morte avvenuta nel 1954, all’età di appena 47 anni.

Troviamo poi la riproduzione degli ambienti principali della “Casa Azùl”, dimora dell’artista, quali la camera da letto, il suo atelier e il giardino, e l’esibizione di diversi ritratti fotografici della pittrice realizzati dal celebre fotografo Leo Matiz. La mostra prosegue in un climax che permette di cogliere sempre più da vicino la figura dell’artista e le sue mille sfumature: al piano superiore ci attendono gli scritti di Frida al marito e un’affascinante esposizione sulla cultura popolare messicana, tema che influì tanto sulla vita quanto sulle opere della pittrice.

Frida Kahlo e Diego Rivera

Quest’ultima sezione appare particolarmente ricca: oltre a una dettagliata spiegazione sull’arte popolare e sulla storia del Messico, troviamo anche riproduzioni di gioielli e vestiti che danno un’idea dei gusti e delle inclinazioni della pittrice. Nelle ultime stanze assistiamo alla proiezione di alcuni murales realizzati da Diego Rivera, alla riproduzione di alcune delle opere più famose di Frida e a diversi elementi multimediali. Infine troviamo alcune litografie acquarellate del marito e un’opera attribuita alla pittrice: “Piden aeroplanos y les dan alas de petate” (Chiedono aeroplani e gli danno ali di paglia). Certamente la mostra sconta la quasi completa assenza di opere originali dell’artista, che compensa però mediante l’impiego di tecnologie innovative ed esperienze interattive.

Si tratta di un tessuto variegato cucito ad hoc sul poliedrico personaggio di Frida: la sua casa, le sue foto, il contesto culturale, sono tutti elementi che permettono di avvicinarsi alla vita e all’arte di una donna dalla sensibilità straordinaria.

Una donna che ha saputo dipingere ciò che Nietzsche chiamava il “dionisiaco”: il dolore e il caos insiti nella vita e inscindibili da essa che non ne inficiano la perfezione ma anzi contribuiscono alla sua ricchezza e disarmante complessità. Non soprende pertanto la fatale ironia del titolo della mostra “Frida Kahlo-il caos dentro”. L’etimologia di Frida si ritrova nella parole tedesca “Frieden”, ovvero “pace”: in lei ritroviamo pace e caos, armonia e tormento, amore e dolore, vita e sangue. E non sorprende neppure l’esaltante e disperato grido che Frida lascia scritto nell’ultima opera dipinta pochi giorni prima di morire: “Viva la vida!”.

Chiara Di Brigida
Studentessa di Giurisprudenza con la parlantina sciolta e la polemica facile. Attualmente sposata con la caffeina, adora i fiori, i libri di filosofia e gli U2. Periodicamente (di solito in sessione) sogna di mollare tutto e aprire un chiringuito a Cuba. In realtà vorrebbe fare la giornalista, quindi tiene duro e ritorna sui libri.

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