Del: 9 Ottobre 2020 Di: Chiara Malinverno Commenti: 0

Lo scorso 16 settembre in occasione del consueto discorso al Parlamento sullo stato dell’Unione, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dedicato un’ampia riflessione alla gestione del fenomeno migratorio, ribadendo la necessità di adottare “un approccio umano e umanitario” e annunciando la presentazione del nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo che, come promesso, non si è fatta attendere.

Il 23 settembre è stata diffusa la comunicazione della Presidente della Commissione europea con cui ha informato Parlamento, Consiglio, Comitato economico e sociale e Comitato delle regioni circa il nuovo progetto di gestione dei flussi migratori, definito come“un nuovo inizio” fondato su solidarietà e responsabilità. Sono proprio questi i due punti chiave dell’accordo: solidarietà e responsabilità. È efficace il passaggio in cui la presidente della Commissione ribadisce la necessità di adottare un approccio globale che riconosca le responsabilità collettive e risponda alle fondamentali preoccupazioni” e in cui si specifico come tale approccio debba prevedere “un quadro comune europeo e una migliore governance della migrazione e dell’asilo nonché un nuovo meccanismo di solidarietà, che renda  “più coerenti ed efficienti le procedure alle frontiere e garantirà condizioni di accoglienza di livello uniforme”.

Ci si domanda come operi nel concreto tale nuovo meccanismo di solidarietà.

Stando a quanto presentato da von der Leyen, il nuovo meccanismo dovrebbe consistere in un necessario contributo da parte dei singoli Stati, i quali potranno scegliere le modalità con cui prestare aiuto ai Paesi più coinvolti nella gestione dei migranti. A livello pratico, l’aiuto offerto dagli Stati potrà consistere nella ricollocazione delle persone o nella sponsorizzazione dei rimpatri. In merito alla ricollocazione dei migranti approdati di recente, non vi sono incertezze. Ogni Paese potrà offrirsi per accogliere i migranti che gli stati di primo approdo non sono in grado di gestire, in ottica di ripartizione di responsabilità.

Più complesso è comprendere in cosa consiste la sponsorizzazione dei rimpatri.

Questa è stata presentata dalla presidente della Commissione europea come una modalità con cui “gli Stati membri fornirebbero allo Stato membro sotto pressione tutto il sostegno necessario per rimpatriare rapidamente coloro che non hanno il diritto di soggiornarvi, mentre lo Stato membro “sponsor” si assumerebbe la piena responsabilità se il rimpatrio non fosse effettuato entro un periodo stabilito”. In sostanza, sponsorizzare il rimpatrio significherebbe per lo Stato membro adoperarsi affinché un migrante, che continua ad essere accolto sul territorio di un altro Stato membro, sia al più presto rimpatriato.

Vi è il dubbio che tale opzione possa essere utilizzata dagli stati membri più reticenti nella gestione del fenomeno migratorio come una via per non assumersi responsabilità concrete, ma per rifugiarsi in iter burocratici che rischiano di non riuscire ad alleviare, nel breve termine, la pressione sugli stati più coinvolti.  Consapevole di tale rischio, la Commissione europea ha ribadito il ruolo determinante dei sistemi di controllo della qualità relativi alla gestione della migrazione e per questo ha proposto di affiancare all’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) anche una nuova Agenzia dell’Unione europea per l’asilo. Al fine di facilitare i meccanismi di gestione e controllo fino ad ora esposti, la Commissione auspica la modernizzazione e l’ampliamento della banca dati Eurodac, presente fin dal 2003 con l’obiettivo di immagazzinare le impronte digitali dei richiedenti asilo presenti sul territorio europeo.

Secondo quanto riportato da von der Leyen, “un sistema Eurodac aggiornato contribuirebbe a rintracciare i movimenti non autorizzati, a contrastare la migrazione irregolare e a migliorare i rimpatri.” Tutto ciò dovrebbe portare inoltre ad assicurare in maniera più efficace e precisa il rispetto delle garanzie giuridiche di cui godono i singoli migranti e richiedenti asilo, con particolare attenzione ai diritti fondamentali di ciascuno. Sulla carta, il nuovo patto sembra dare inizio a un’epoca nuova in cui la gestione dei migranti passa dall’essere un onere dei Paesi mediterranei a un dovere di tutti i membri dell’Unione europea. Entro il 2021, dunque, il patto sull’immigrazione dovrebbe acquisire concretezza e l’aiuto ai migranti dovrebbe diventare finalmente una questione europea e non più solo italiana, greca o spagnola. Sarà davvero così?

Foto di copertina: dal sito della Commissione europea

Chiara Malinverno
Scrivo articoli dal primo anno di liceo, ma non ho ancora capito se voglio farne un lavoro. In ogni caso avrò una laurea in giurisprudenza su cui contare, forse.

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