
Arthur Rimbaud nacque il 2 ottobre 1854 a Charleville e la sua vita, per quanto breve, fu fin da subito piena di avventure. Il poeta morì infatti a soli 37 anni a causa di un tumore al ginocchio, nonostante l’amputazione della gamba. Fin dalla prima infanzia il piccolo Arthur suscitò interesse e a tratti paura negli insegnanti e in chi aveva modo di leggere ciò che scaturiva dal suo estro creativo. Nonostante la tendenza al rifiuto delle convenzioni sociali e delle istituzioni borghesi, si comportò da alunno modello fino ai primi anni dell’adolescenza.
Il germe della ribellione che lo accompagnò per la sua intera esistenza però non tardò a manifestarsi, e ben presto non riuscì più a contenere e a reprimere la sua indole sovversiva, che iniziò a rendersi evidente nei suoi primi scritti.
Nel 1870, dopo una prima fuga a Parigi, iniziò un peregrinaggio in giro per l’Europa, venendo coinvolto attivamente anche nella vita politica dell’epoca. Fece molti viaggi spostandosi a piedi per centinaia di chilometri e si trovò spesso a vagabondare ed errare senza una meta e senza i soldi per potersi mantenere, albergando nell’Orsa, come scrive nella sua poesia Ma Bohème:
[…] Mon unique culotte avait un large trou.
-Petit-Poucet reveur, j’ègrenais dans ma course
Des rimes. Mon auberge ètait à la Grande-Ourse.
-Mes ètoiles au ciel avaient un doux frou frou.
[Le mie uniche brache avevano un buco.
Pollicino sognante, sognavo in corsa le rime.
Il mio albergo era l’Orsa.
Le stelle nel cielo frusciavano piano.]
Lo stretto rapporto con il poeta Paul Verlaine fu uno dei motivi scatenanti dei suoi vari spostamenti. La loro relazione fu profonda e passionale ma sempre molto travagliata. Dopo svariate fughe d’amore i due si separarono perché l’ossessione dell’amante divenne insostenibile: nel luglio del 1873 Verlaine sparò due colpi di pistola contro Rimbaud implorandolo poi di restare, ma il poeta ferito lo salutò per sempre.
A partire dalla fine degli anni ’70 Rimbaud iniziò a preferire altre mete, quali America e Africa, luogo in cui si stabilì fino a quando la malattia non lo costrinse a rientrare in Francia nel 1891, pochi mesi prima della sua morte. La partenza per l’Africa e la conseguente decisione di dedicarsi al commercio segnarono una svolta decisiva nella vita di Rimbaud, che decise di abbandonare totalmente e definitivamente il mondo artistico e letterario in cui era immerso da sempre: la sua intera produzione poetica si concentra dunque tra i 15 e i 19 anni.
Nonostante la sua giovane età riuscì a farsi conoscere nelle strette cerchie elitarie di intellettuali, benché ostacolasse egli stesso la diffusione delle sue opere. L’insoddisfazione perenne nei confronti di sé e delle sue poesie lo portò spesso a rinnegare i suoi testi e arrivò addirittura al punto di chiedere all’amico Paul Demeny di ardere nel fuoco i versi che gli aveva precedentemente inviato. Solo dopo la sua morte iniziò a essere apprezzato dal grande pubblico.
Le innovazioni e le teorie da lui sviluppate in soli tre anni furono fondamentali per la nascita di una nuova poesia moderna e condizionarono fortemente la poetica degli autori successivi.
Rimbaud si proponeva di rendersi un poeta veggente, immergendosi totalmente nelle dissolutezze e facendosi travolgere pienamente da tutti i sensi. L’assiduo uso di droghe e sostanze stupefacenti rendeva possibile una totale perdita del sé reale, in cambio del ritrovamento di un sé alternativo in una dimensione alternativa e travolgente, che permetteva di far emergere pienamente la sensibile immaginazione del poeta.
Anche dal punto di vista metrico e stilistico Rimbaud sperimentò i linguaggi e le tecniche più svariate, passando dalle forme liriche più tradizionali e arrivando a una prosa poetica molto incalzante. Nella Alchimie du verbe il poeta afferma: «Inventai il colore delle vocali! – A nera, E bianca, I rossa, O blu, U verde. Misi a punto la forma e il movimento di ogni consonante e, con ritmi istintivi, mi pregiai d’inventare un verbo poetico accessibile, un giorno o l’altro, a tutti i sensi».
Nella poesia Roman si evince tutto il desiderio di fanciullezza e di innocenza di un giovane poète maudit cresciuto troppo in fretta:
[…] On n’est pas sèrieux, quand on a dix-sept ans.
-Un beau soir, foin des bocks et de la limonade,
des cafès tapageurs aux lustres èclatants!
-On va sous les tilleuls verts de la promenade.
[Nessuno è serio a diciassette anni.
Una sera, al diavolo pinte e limonata,
e quei caffè chiassosi dai lumi scintillanti!
Si va fra i tigli verdi della passeggiata.]
Nel 2012 i Tetes de Bois e Daniele Silvestri musicarono questo bellissimo componimento, producendo il brano Non si può essere seri a diciassette anni.
Poeta maledetto per antonomasia, fu proprio questo suo vivere in balia delle passioni e del fuoco più sfrenato a far sì che ancor oggi venga considerato uno tra i più grandi poeti mai esistiti, e a rendere immortale ed eterna la fiamma che arde nei suoi versi sognatori e un po’ ubriachi.