Questa rubrica racconta la campagna elettorale americana in vista del voto del 3 novembre. A questo link le puntate precedenti.
A meno di 20 giorni dal 3 novembre si può finalmente dire che questa campagna elettorale sta giungendo al termine.
Nonostante per gran parte dei mesi cruciali i due candidati siano stati costretti dall’epidemia a modalità di campagna non convenzionali, la corsa alle presidenziali di quest’anno può esser considerata come una delle più sofferte e meno interessanti degli ultimi anni. Questo nonostante i temi che stanno tenendo svegli gli americani di notte siano di fondamentale importanza, in primis la ripartenza statunitense post Covid. Ma nonostante questo, nessuno dei due candidati sembra aver le idee chiare rispetto al futuro. Trump come al solito è annebbiato da manie di potenza e persecuzione, mentre Biden è comunque annebbiato, ma la causa è da ricercare in una sempre più evidente demenza senile.
In una America divisa, i candidati alla presidenza non sono gli unici ad aver perso la direzione. Tutte le principali cariche dello stato sono sul piede di guerra. I principali canali d’informazione sembrano oramai essere diventati canali di propaganda e i vari social network non hanno più idea di come mantenere i toni civili in un dibattito pubblico sempre più tossico.
Il voto per posta
L’eccezionalità del momento si nota anche a causa dei problemi che deriveranno dalle modalità in cui verranno conteggiati i voti di tutte le persone che a causa del coronavirus sono state costrette a votare per posta. Negli Stati Uniti questa possibilità c’è già da molti anni. Nel 2016, infatti, erano stati circa 33 milioni i cittadini che avevano usufruito di questo servizio. Tuttavia, gli esperti stimano che questo numero, nel 2020, sarà più che raddoppiato, arrivando a più di 80 milioni di schede postali. Nove stati hanno deciso, a causa della pandemia, di tenere elezioni elettorali esclusivamente per posta: California, Nevada, New Jersey, Vermont, Utah, Colorado, Oregon e Washington. Trentasei sono quelli che consentono il voto per corrispondenza per chiunque lo richieda e cinque sono quelli che richiedono una motivazione per il voto per corrispondenza.
Tralasciando per un momento i dubbi, tuttavia comprensibili, rispetto al voto per posta (qui c’è un ottimo articolo della BBC a riguardo) è interessante capire cosa avverrà nei giorni, o settimane, successive al voto.
La conta dei voti
In un recente articolo, il New York Times ha tentato di fare chiarezza in merito al tempo necessario per contare i voti. Secondo molti esperti infatti potrebbero essere necessari diversi giorni prima di dichiarare con certezza un vincitore. Il processo elettorale di voto è già iniziato in tutti gli stati statunitensi, il primo a iniziare è stato il North Carolina che ha cominciato il 4 settembre, mentre gli ultimi sono stati Ohio, Arizona e Iowa che hanno aperto le cabine elettorali nei primi giorni di ottobre. Secondo il quotidiano newyorkese molto dipende dalla pre-elaborazione delle schede, un processo che inizia con la verifica delle firme, l’apertura della busta e l’appiattimento della scheda elettorale per facilitarne poi il conteggio. Questo ovviamente avviene in momenti diversi a seconda dello stato di appartenenza, ci sono casi in cui questo processo inizia addirittura ad inizio settembre, mentre in altri bisogna attendere il giorno prima del voto o addirittura la notte elettorale, come ad esempio in Wisconsin e Pennsylvania.
Alcuni stati inoltre accettano le schede nonostante arrivino dopo il giorno delle elezioni, a condizione ovviamente che siano state convalidate prima del tre novembre. Ohio, Carolina del Nord, Florida e Georgia, tutti stati in cui nel 2016 aveva vinto Trump, sono quelli che più probabilmente dichiareranno i risultati nella notte elettorale. I funzionari elettorali del Michigan, un campo di battaglia chiave, potranno iniziare la pre elaborazione del voto solo il giorno prima del voto e hanno dichiarato che prevedono di riuscire a conteggiare la maggior parte delle schede arrivate per posta entro venerdì 6 novembre, garantendo tuttavia lo spoglio della maggior parte dei voti entro il giorno successivo alle elezioni.
Lo spettro del Red Mirage
La situazione come è stata illustrata fin qui lascerebbe pensare ad uno scenario in cui la notte delle elezioni non ci siano dati sufficienti per dichiarare un vincitore. Tuttavia, se i primi risultati, soprattutto dei voti fisici, mostrassero un vantaggio del partito repubblicano, cosa succederebbe se poi, con il passare dei giorni e con il conteggio dei voti per posta, gli stati passassero ai democratici? Questo scenario, illustrato per la prima volta da un analista di Bloomberg e definito come potenzialmente catastrofico per la democrazia americana dal New York Times, è chiamato Red Mirage. Una situazione in cui i primi risultati della notte elettorale delineino una situazione di chiaro vantaggio per Trump, ma che successivamente vengano ridimensionati, portando ad una vittoria di Biden. I legali di entrambi gli schieramenti si stanno già preparando e Donald Trump ha già fatto sapere che ritiene che il voto di quest’anno potrà finire, esattamente come nel 2000, alla Corte Suprema, che il 14 dicembre si riunirà per l’ufficializzazione del risultato. Biden d’altro canto ha già fatto sapere che accetterà il risultato completo dopo aver attesto la conta di “ogni singolo voto”.
La situazione è incerta e, indipendentemente dalle decisioni politiche, si dovrà considerare soprattutto la reazione della popolazione, che dopo mesi di proteste e scontri è già sul piede di guerra.