Del: 18 Novembre 2020 Di: Caterina Cerio Commenti: 0
"Il grande me", un romanzo tra famiglia e malattia

L’articolo potrebbe contenere anticipazioni rispetto alla storia narrata nel libro.

Il grande me” è il nuovo romanzo di Anna Giurickovic Dato, edito da Fazi Editore. Questo romanzo è uscito a settembre, circa un mese e mezzo fa. Nonostante sia stato scritto prima che scoppiasse la pandemia, che ci tormenta ormai da quasi un anno, la narrazione sembra riflettere tanto di ciò che stiamo vivendo ogni giorno sulla nostra pelle e nei nostri pensieri.

Carla, Mario e Laura sono tre fratelli che si trovano di fronte alla malattia di un padre che hanno amato moltissimo, nonostante sia stato poco presente nelle loro vite. Da quando i loro genitori si sono separati, infatti, i rapporti col padre si sono diradati sempre più seppure il legame e l’amore che li univa non è mai venuto meno. Dopo molti anni trascorsi lontani, da Roma i tre figli raggiungono il padre a Milano, per stargli vicino, accompagnarlo alle visite in ospedale, preparargli i pasti e accudirlo per come possono.

Carla, Mario e Laura sono tre fratelli molto diversi tra loro, hanno caratteri contrastanti che spesso faticano a trovare un punto d’incontro, ma cercano tuttavia di trovare compromessi il più possibile compatibili con le volontà e i bisogni del padre. Simone, un padre che li ha amati e li ama infinitamente, ha cresciuto i suoi figli trasmettendo loro un’infinità di passioni: dalla musica al canto, dalla politica alla forza di credere nei propri ideali, dall’amore e compassione per gli altri alla tenacia e integrità. La vita di un padre non si può esaurire in qualche parola e nemmeno in un libro, non sono sufficienti neanche le chiacchiere e i discorsi tra padre e figli, che cercano per quello che possono, di sfruttare al meglio gli ultimi mesi di vita rimasti da passare insieme. Il cancro, infatti, l’ha messo alle strette, ha costretto Simone a fare i conti con se stesso, con le proprie debolezze, con un mondo interiore e mentale che inizia a vacillare, con una memoria che fa scherzi spesso spiacevoli e con un corpo che lentamente perde forza e le proprie funzionalità.

I tre fratelli dimostrano l’amore per il padre ognuno a modo suo, ma è su Carla, la protagonista, che l’autrice focalizza l’attenzione.

Il rapporto tra il padre e la figlia si mostra e dimostra nel corso della narrazione in maniera fluida e spontanea svelando aneddoti, racconti, piccole attenzioni, grandi passioni e delicate dinamiche tra due persone così legate, così diverse per età, indole, storia, eppure con lo stesso sangue che scorre nelle vene. Carla ha sempre avuto un’ammirazione speciale per il padre, come accade spesso per molte figlie, ma questa ammirazione andava oltre, arrivava alla paura e al timore di deluderlo, di non essere all’altezza della bravura del padre che aveva avuto una carriera piena, eccentrica, ricca di vittorie e conquiste sul fronte musicale, lavorativo e politico. Ora, vederlo così magro, debole, triste, senza più la forza vitale di un tempo la distrugge, la lascia incredula e basita da come tutto possa essere sconvolto da una diagnosi medica, per la quale non c’è più nulla che si possa fare.

A mano a mano, Simone perde la memoria, dice cose che non hanno un senso logico, non ha mai appetito, risponde spesso in modo scontroso, non riesce a partecipare alla vita sociale, a rimanere sveglio e attivo per molte ore di seguito, ma soprattutto è talmente disinibito che racconta un segreto, il segreto che più di tutti lo tormenta e si è tenuto dentro una vita intera. Dai racconti farfugliati e sconnessi, disorientati e disorientanti per i figli che lo ascoltano, Carla, Mario e Laura scoprono di avere un fratello, che Simone ha avuto prima di loro ma di cui ha perso le tracce.

Sarà vero? Sarà tutto dovuto al delirio che sta vivendo interiormente a causa della malattia?

In fondo, i medici li avevano avvertiti fin dall’inizio: perdita di memoria, poca lucidità, poca aderenza alla realtà e allucinazioni sarebbero stati gli effetti collaterali della malattia e delle cure. Certe cose si possono inventare? Certi dolori possono emergere in momenti di estrema fragilità, ma era questo il caso? I fratelli, increduli, iniziano alcune indagini per quello che possono, mentre continuano a prendersi cura di lui nella difficile quotidianità da gestire quando si è alle prese con un padre che non riesce ad ammettere a se stesso la propria difficoltà nel fare ormai anche le più semplici attività giornaliere. Andare in autonomia in bagno o finire un piatto di riso in bianco, prendere le medicine in modo corretto e dormire senza avere allucinazioni.

Come non ricollegare tutto questo alla pandemia che stiamo vivendo?

Leggere questo romanzo è quasi come vedere riflessa nello specchio una realtà che tocchiamo con mano ogni giorno, di cui sentiamo ininterrottamente parlare, che temiamo, ma di cui al contempo vogliamo essere consci. A causa del COVID abbiamo conosciuto a nostre spese il dolore, la sofferenza e, più in generale, la malattia. C’è chi l’ha conosciuta personalmente, chi è stato vicino a parenti o amici più o meno stretti che hanno affrontato il virus, c’è chi ce l’ha fatta e chi no. C’è chi era malato prima della pandemia, chi lo è stato durante e chi lo sarà anche dopo. C’è chi non ha contratto il virus ma soffre o ha iniziato a soffrire da anni di altre patologie che ora, a causa del COVID, sono state messe quasi in secondo piano. Gli ospedali stanno dando la priorità alla risoluzione della pandemia globale e non sono poche le denunce di malati che si sentono messi in disparte, in liste di attesa spesso lunghe e frustranti. Come se le malattie avessero un livello di gravità, come se ci fosse una scala di accesso alle cure quando si tratta di salute, fisica o mentale che sia.

Questo libro ricorda, forse involontariamente, quanto la sofferenza sia parte della nostra esistenza e, più in generale, della vita umana.

Il dolore, la paura, la malattia esistono e sono tangibili e visibili ai nostri occhi oggi più che mai. “Il grande me” racconta la difficoltà di accettare e affrontare qualcosa che è più forte di noi, qualcosa che temiamo perché non ne conosciamo esattamente lo sviluppo, qualcosa che si annida dentro di noi e condiziona ogni nostro movimento, anche quello più semplice e che abbiamo sempre dato per scontato.

Il grande me” descrive anche tutto ciò che avviene intorno alla malattia stessa, qualunque essa sia. Chi ne viene condizionato, in che modalità, i rapporti e i legami che si sfasciano o si riescono a rendere più forti. Ci sono amici che scappano di fronte alla malattia, figli che, invece, restano e si pongono al servizio di un padre morente, cercando di comprendere quanto più possibile anche il delirio, la possibilità che ci siano dei segreti da svelare fino in fondo, delle verità nascoste da far tornare a galla.

Dietro, davanti, all’interno di una malattia, qualsiasi essa sia, si celano infinite sfaccettature, miriadi di pensieri, dolori, rabbie, tentativi di stare meglio o di far stare meglio chi soffre. Tutto ciò che ruota attorno a una singola malattia cela un microcosmo di emozioni, legami e intime riflessioni. Cercare di percepire questo dolore, che potrà un giorno essere anche nostro, o lo è già o, ancora, lo è stato in passato, ci renderà persone più dure con noi stessi, con gli altri e con la vita? O ci metterà nelle condizioni di comprendere che la sofferenza è universale, che prima o poi tutti nella vita dovremo affrontare momenti difficili?

Se solo riuscissimo a essere più empatici, se provassimo a immedesimarci in Carla, Laura e Mario e magari anche in Simone e nel figlio ancora sconosciuto, potremo sperimentare quanto siamo simili agli altri, seppure con le nostre intime debolezze personali. I romanzi sono soprattutto questo: rendono reale ciò che potrebbe sembrare solo una storia inventata, danno una forma concreta a ciò che credevamo potesse esistere solo nella fantasia. Ogni storia, anche la più apparentemente fittizia contiene una componente di realtà. Ogni momento difficile e doloroso ci mette di fronte alle nostre più grandi paure, ai nostri ricordi, alle nostre speranze e ai nostri sogni: proprio qui si fondono fantasia e realtà, romanzo e vita di tutti i giorni, salute e malattia, lucidità e inconscio, la vita e la morte.

Foto di copertina dall’account Twitter dell’autrice.

Caterina Cerio
Vivo a Milano ma sono innamorata di Siviglia, dove ho fatto il primo Erasmus. Amo il sole, il mare e la buona compagnia. Mi piace conoscere cose nuove e l’arte in generale con tutti gli stimoli che dà.

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