“Contributi” è la sezione di Vulcano dove vengono pubblicati gli articoli, le riflessioni e gli spunti che ci giungono da studenti e studentesse che non fanno parte della redazione. Con un fine: allargare il dibattito.
Il governo ombra, nella sua accezione più tradizionale, non è correlato a nessuna teoria di complotto mondiale. È un’istituzione tipica di alcuni regimi parlamentari con delle funzioni definite ben note: seguire da vicino e in maniera costante le attività del governo in carica, portando avanti un lavoro di critica e presentando proposte alternative a quelle messe in campo da quest’ultimo. Si tratta in sostanza di una compagine costituita dall’opposizione che replica in ogni ruolo le funzioni e i vari dicasteri che costituiscono il governo in carica, compreso il ruolo di Primo Ministro guidato dal capo dell’opposizione.
Nasce dalla cultura parlamentare britannica e si diffonde poi con più successo in quei sistemi che possono essere definiti bipartitici, cioè dove la scena politica è generalmente dominata da due grossi partiti che raccolgono la maggior parte dei consensi e si alternano al potere in vari cicli. Tutto questo non è un caso, infatti questi sistemi sono solitamente accompagnati da strutture elettorali maggioritarie, che garantiscono stabilità di governo e una chiara divisione fra le possibili maggioranze e opposizioni già prima delle elezioni, incentivando così la creazione di coalizioni fra partiti. Differentemente invece dai sistemi proporzionali che producono più frammentazione e favoriscono lo svilupparsi di alleanze in seguito all’esito elettorale.
L’Italia, come ben sappiamo, non rientra nel gruppo di paesi con le caratteristiche sopracitate. La legge elettorale in vigore al momento è in maggioranza proporzionale e i partiti che competono elettoralmente non sono due ma di più. Vi è quindi un chiaro scenario di frammentazione politica e parlamentare che renderebbe più incerta e difficoltosa la sopravvivenza di un governo ombra dell’opposizione. Non per questo è totalmente da escludere una seria riflessione su una tale ipotesi, a discapito delle esperienze passate del nostro Paese, considerabili piuttosto fallimentari.
È infatti dall’inizio della crisi in cui ci troviamo che manca collaborazione fra governo e la maggioranza dell’opposizione.
Vengono lanciate accuse, invettive e proclami l’uno contro l’altro ma c’è una cosa che è mancata spesso se non sempre: proposte alternative credibili e verificabili. Bisogna purtroppo constatare che quando si critica l’azione di un governo raramente si espongono anche dei programmi alternativi ben dettagliati chiarificando in cosa e come sarebbe trattata diversamente quella politica se in quel momento in parlamento ci fosse una ipotetica maggioranza d’opposizione.
A ben vedere però, questo rapporto complicato non è confinato a questo periodo emergenziale ma riguarda invece l’ordinaria relazione fra governo e opposizione anche nei cosiddetti tempi normali. Il problema alla radice è riconducibile probabilmente all’ondata demagogica in atto da anni ormai in Europa e in tutto il mondo. Essa fa sì che la politica viva e si nutra eccessivamente di emozioni momentanee, conduca i dibattiti lontani dalla realtà e sia totalmente priva di quel pragmatismo che solitamente piomba addosso una volta che ci si trova al governo e bisogna iniziare a dare forma a ciò che si è detto fino al giorno precedente.
Sono diverse poi le ragioni per cui questa prassi potrebbe arrecare benefici all’intero sistema dando una maggiore chiarezza generale alla politica. Innanzitutto si porrebbe un limite alle promesse e ai rilanci eccessivi tipici dei partiti di opposizione che spesso teorizzano eventuali grandi riforme senza specificare le questioni più tecniche con le quali intendono portarle a termine. E questo senz’altro ricondurrebbe il dibattito su dimensioni più realistiche e di maggiore fattibilità.
Ma soprattutto incentiverebbe l’opposizione, quando lo ritenga giusto, a proporre misure alternative come se essa stessa stesse governando in quel momento.
E questo avverrebbe nel suo interesse dal momento in cui i cittadini sarebbero informati anche a proposito delle proposte alternative e le potrebbero valutare nel medio-lungo periodo circa la loro applicabilità ed efficacia in base a quanto è stato detto e presentato da quelle forze, che potrebbero così costruirsi un consenso tramite esse.
Infine costringerebbe i partiti a limitare la portata demagogica delle loro affermazioni proprio in virtù della consapevolezza che ciò che si ammette e propone in un determinato momento potrebbe compromettere il futuro stesso di quella forza politica che quindi, inevitabilmente, si comporterebbe con più accortezza e onestà intellettuale arginando derive poco sane per il sistema.
Contributo di Thomas Brambilla.
Foto di copertina: il Giuramento del Governo al Quirinale.