Del: 29 Novembre 2020 Di: Daniele Di Bella Commenti: 0

Cosa sono le spugne da bagno?

Gli oggetti puntuti che vengono venduti sulle spiagge e nei negozi di souvenir delle città costiere sono in realtà piccoli organismi appartenenti al phylum dei Poriferi: si tratta di esseri che popolano i fondali – prevalentemente quelli marini – di tutto il pianeta. Da secoli l’uomo interagisce con questo gruppo di animali raccogliendo soprattutto una specie, Spongia officinalis, ricca di fibre di spongina (una proteina di natura collagenosa), per utilizzarla a scopi igienici. 

Secondo il bimestrale Africa, agli inizi del Novecento la maggior parte delle spugne da bagno di tutto il mondo aveva origine greca; le coste egee vennero tuttavia depredate rapidamente ed il governo di Atene fu costretto ad accordarsi con altri stati mediterranei (Libia, Egitto, Tunisia) per raccogliere nuovi organismi. Il ritmo di produzione era circa di 350 tonnellate di spugne all’anno, insostenibile per il Mediterraneo, le cui colonie di S.officinalis furono ridotte a pochi individui. I greci si rivolsero allora a Cuba e successivamente alla Florida, per l’importazione di esemplari che furono venduti spacciandoli per europei. Ancora oggi la raccolta di spugne prosegue ininterrotta a Tarpon Springs, nella contea di Pinellas (USA). Il raccoglimento su vasta scala dei Poriferi è oltremodo dannoso per gli ecosistemi marini: tali filtratori sono indispensabili per il benessere di moltissimi altri abitanti delle acque terrestri. 

A Zanzibar, in Tanzania, questo concetto è ben chiaro ai pescatori che da anni trovano sempre meno pesce con cui sostentare le loro famiglie.

Per questo motivo, grazie all’aiuto dell’ong MarineCultures, gli abitanti dell’isola si sono trasformati in allevatori: appesi al chiodo fiocine e pinne, in molti si dedicano alla coltivazione controllata di spugne da bagno

I Poriferi si possono riprodurre per frammentazione: se una piccola parte di un individuo viene posta in un contesto favorevole, da essa si sviluppa un clone dell’organismo di origine. Grazie a questa caratteristica, agli zanzibarini sono bastate poche centinaia di frammenti per avviare vaste coltivazioni di spugne che contribuiscono a risanare l’ecosistema costiero e, al contempo, fanno guadagnare molto bene. 

Ci stiamo riprendendo la nostra vita” dice un uomo nel docufilm di TripodPhoto Bahari Salama. Prima che arrivassero le spugne, a Zanzibar era in atto una strenua lotta contro le onde e contro il vento per riuscire a raccogliere quantitativi sempre minori di pesce: nelle acque costiere, di giorno in giorno più inquinate dai rifiuti di plastica, la moria di pesci era inarrestabile e i pescatori si dovevano spingere sempre più al largo per gettare le reti. 

Le coltivazioni di spugne stanno lentamente guarendo l’ecosistema dell’arcipelago e molti isolani ne traggono giovamento: riescono a guadagnare di più, e con meno fatica, rispetto alla loro precedente vita da pescatori o coltivatori di alghe. Inoltre, questo impiego è alla portata di tutti, sia uomini che donne, come testimonia Nasir, una giovane intervistata nel docufilm: da quando ha abbandonato la propria coltivazione di alghe – poco redditizia e difficile da gestire – per dedicarsi alle spugne, riesce a garantire cibo e istruzione ai propri figli, e, spera, anche una casa. 

L’acquacoltura sostenibile si rivela, dunque, un’ottima soluzione per coniugare il reddito con la protezione dell’ambiente, e gli ex pescatori di Zanzibar ne sono la prova. 

I tanzaniani ci ricordano anche che prendersi cura dell’ambiente, sviluppare nuove relazioni con esso è la chiave del futuro. In quanto animali terrestri, non possiamo permetterci di pensarci svincolati dal mondo in cui viviamo: considerarlo a nostra disposizione è un’alternativa non percorribile, non esiste.

Articolo di Daniele Di Bella  

Daniele Di Bella
Sono Daniele, da grande voglio fare il biofisico, esplorare l'Artide e lavorare in Antartide. Al momento studio Quantitative Biology, leggo, mi interesso di ambiente e scrivo per Vulcano.

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