Del: 11 Dicembre 2020 Di: Laura Colombi Commenti: 0

Dopo l’esordio con Maratoneti, Francesco Savini torna con un brano a sfondo universitario che strizza l’occhio alla scena indie, La facoltà del tempo perso, fuori dal 27 novembre per Artist First. 

Il brano racconta quel momento di infatuazione talmente intensa da far dimenticare ogni preoccupazione e ogni responsabilità, dai gesti quotidiani come rifare il letto agli esami all’università.

Classe 1996, Francesco Savini è un cantautore abruzzese trasferito a Milano. A quattordici anni inizia a scrivere ispirandosi ai grandi del rock internazionale per poi innamorarsi della musica italiana (Cesare Cremonini, Max Pezzali, Vasco Rossi ed Eros Ramazzotti). Nel 2016 si trasferisce a Milano dove studia al CPM di Franco Mussida ed entra in contatto con la realtà indipendente della città. Nel 2020 pubblica i primi singoli.

Abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda direttamente a Francesco.


Ciao Francesco! Ti diamo il benvenuto su Vulcano con la nostra domanda di rito: come descriveresti in breve il tuo progetto musicale?

Ciao ragazzi! Sono un cantautore abruzzese ma milanese di adozione. Non sono mai stato molto bravo a parlare, sotto pressione balbetto anche, ciò che voglio fare è raccontarmi nel modo che mi viene meglio: scrivendo canzoni. 

Come è nata La facoltà del tempo perso?

La facoltà del tempo perso è nata circa un anno e mezzo fa. Ricordo che ero sulla mia scrivania a Milano in camera doppia. Erano le 2 di notte, il mio coinquilino dormiva e ho iniziato a canticchiare l’inizio del brano sottovoce per cercare di non svegliarlo. È venuta da sola e in mezz’ora era finita.

Come mai l’idea dell’ambientazione universitaria?

Perché sono universitario (o meglio lo ero fino a qualche mese fa) e, nel mio immaginario, il periodo universitario rappresenta uno dei momenti più belli della vita, in cui si è ancora giovani, ma non troppo. 

Rispetto al brano d’esordio MaratonetiLa facoltà ha un sound decisamente più malinconico…

Sì, è decisamente più malinconica… in fin dei conti parla di una storia d’amore e l’ho scritta alle 2 di notte, se l’avessi fatta più movimentata avrei svegliato il mio coinquilino!

Nell’intro ho scritto che sei indie… il rocker che c’è in te se l’è presa?

Il rocker che c’è in me mi ha detto: “Va’, segui la tua strada… ma non dimenticarti di me!”. In fin dei conti tutti gli artisti che ascoltavo da adolescente hanno influito non poco sul mio modo di scrivere, quindi spero che alla fine non se la sia presa!

Quanto c’è di autobiografico in quello che scrivi? Anche tu sei uno studente universitario…

C’è tanto di me stesso nelle mie canzoni, le uso quasi come un modo per cercare di mettermi in discussione. Maratoneti è uno sfogo che mi ricorda sempre di spremere questi anni il più possibile, La facoltà del tempo perso racconta delle immagini che avevo in testa quella sera. Quindi sì, c’è tanto di autobiografico. 

A proposito di università, quanto e come il tuo percorso di studi ha influito sul tuo progetto musicale? 

Il mio percorso di studi mi ha aiutato nelle scelte. Sono dell’idea che studiare possa permettermi anche di “essere ignorante”, ovvero di non utilizzare le nozioni che ho appreso, mentre se non avessi studiato non avrei questo tipo di scelta. 

È il momento di darci qualche esclusiva… c’è in cantiere un progetto più ampio, ad esempio un album?

C’è qualcosa di più ampio. Ho in programma ancora qualche singolo prima di pubblicare il mio primo EP. Naturalmente è tutto in corso d’opera quindi i piani potrebbero anche variare. Così ho spoilerato, però lascio col dubbio!

Intanto, incoraggia i nostri lettori ad ascoltare La facoltà del tempo perso!

Ascoltatela perché parla un po’ di me, ma sono sicuro che parla anche un po’ di voi!


Laura Colombi
Mi pongo domande e diffondo le mie idee attraverso la scrittura e la musica, che sono le mie passioni.

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