E dire che c’era stato un precedente. I primi due “aracnauti” della Storia, le femmine di ragno Anita e Arabella, erano infatti già stati lanciati in orbita nel lontano 1973 con lo Skylab III, al fine di scoprire come la mancanza di gravità influenzasse la tessitura della tipica tela.
Certo, anche in quel caso di incidenti di percorso ce n’erano stati, soprattutto durante l’entrata dei ragni nella teca dell’esperimento (Arabella dovette essere inserita a forza mentre Anita cercò di scappare sul braccio del capitano Garriott Owen), ma l’esperimento tutto sommato diede i suoi frutti.
Dopo un poco fortunato primo tentativo da parte di Arabella, i ragni infatti costruirono a turno ragnatele perfettamente funzionali, benché più fini delle omologhe prodotte dal gruppo di controllo sulla Terra, essendosi Anita e Arabella adattate all’ambiente privo di peso.
Insomma, un vero successo (eccetto che per i due ragni, che morirono per disidratazione).
Forse è proprio perché si pensava di andare sul sicuro che la NASA nel 2008 ripropose lo stesso esperimento per ispirare gli studenti americani. Due nuovi ragni astronauti (un Metepeira Labirinthea e un Larinioides patagiatus) vennero quindi spediti sulla Stazione Spaziale Internazionale per tessere a gravità zero.
Peccato che qualcosa andò storto. Anzi, più di qualcosa. In primis, il ragno di riserva che doveva servire nel caso di morte del compagno riuscì a evadere dalla sua gabbia, direttamente nel compartimento dell’altro aracnide, che era vivo e vegeto e intento a filare.
I due animali interferirono l’uno con l’altro creando delle ragnatele quantomeno confuse. Inoltre, le mosche alloggiate sotto la camera dei ragni iniziarono a riprodursi a una velocità maggiore del previsto, e le loro larve strabordarono nella teca dell’esperimento.
Dopo un mese, le pareti trasparenti della gabbia erano rivestite a tal punto di larve di mosca che non si riusciva più a vedere cosa stesse accadendo all’interno.
Il tutto sotto lo sguardo impotente (e presumibilmente disperato) degli sperimentatori, che non potevano aprire la teca per ragioni di sicurezza. Nonostante la débâcle didattica, la NASA non si perse d’animo e quando nel 2011 si aprì nuovamente la possibilità di spedire altri ragni astronauti sull’ISS, il dottor Samuel Zschokke dell’Univeristà di Basilea venne chiamato a supervisionare il rinnovato tentativo.
Tentativo che fu anch’esso funestato dalla strana e persistente maledizione che sembra avere colpito i viaggi spaziali dei ragni cosmici: organizzatisi per testare quattro femmine di Trichonephila clavipes (due sulla ISS e due a terra come controllo), i ricercatori si accorsero di aver selezionato (e spedito nello spazio) in realtà due maschi e due femmine: i ragni erano stati infatti presi in stadio giovanile, quando è difficile distinguere i due sessi. Crescendo durante la sperimentazione, le differenze erano poi diventate evidenti.
Fortunatamente, come l’ISS intorno alla Terra, la sorte ha girato: i due sessi erano equamente distribuiti tra campione controllo e “aracnauti”, quindi l’esperimento si è potuto svolgere ugualmente. E c’è di più: osservando il comportamento dei ragni in orbita, i ricercatori hanno scoperto che la loro tessitura era direzionata dalla fonte luminosa (lampade poste sopra di loro), con produzione di tele asimmetriche verso l’alto a luci accese (similmente a quanto avviene sulla Terra) ma perfettamente simmetriche a luci spente.
Inoltre, la locazione del punto luce influenzava anche la posizione di riposo dei ragni, che si ponevano all’opposto rispetto a esso.
A luci spente il posizionamento per il riposo era casuale. Le oltre 14500 fotografie scattate da tre macchine durante l’esperimento ci hanno portato a capire come i ragni usino la luce come sistema alternativo di riferimento in assenza di gravità, un fatto prima totalmente trascurato visto che sulla Terra i ragni tessono in luoghi oscuri.
Un risultato sorprendente pubblicato su The Science of Nature a inizio dicembre che, come affermato da Zschokke, non sarebbe stato possibile ottenere se le lampade fossero state sparse nel laboratorio, e non fortunosamente concentrate al di sopra della gabbia.
Per una volta, il fato è stato dalla parte dei ragni astronauti.