Il recente accordo tra Marocco e Israele, caldeggiato dagli Usa di Trump, vede riallacciarsi le relazioni tra i due paesi, interrotte nel 2000. Per lo Stato ebraico si tratta certo di un successo simbolico (anche se Netanyahu ha parlato di un’intesa storica). Per il Marocco, invece, c’è la prospettiva di avere più turisti, ora che per gli israeliani sarà più facile volare nel paese del Nord Africa, che tra l’altro vanta una profonda storia ebraica: è presente infatti una piccola comunità di ebrei e si stima che ogni anno circa 50mila israeliani si rechino in Marocco solo per conoscerla.
Controverso l’impatto che l’accordo, il quarto quest’anno tra un governo arabo e lo Stato ebraico, potrà avere sulle possibilità di pace in Medio-oriente e sulla tutela dei diritti del popolo palestinese. I rappresentanti di quest’ultimo lo hanno criticato duramente anche se il Marocco ha tenuto a ribadire il proprio impegno a tutela dei palestinesi.
Ma se analizziamo più nel dettaglio i termini dell’accordo emerge che Washington, “in cambio” di una scelta comunque difficile per il Marocco, riconoscerà la legittimità delle rivendicazioni di quest’ultimo sulla contesa regione del Sahara occidentale.
Ma di cosa parliamo? Facciamo un passo indietro.
1975. La Spagna ritira l’esercito da quella che era, e secondo alcuni è rimasta, l’ultima colonia in Africa, un’area semi-desertica ma ricca di fosfati e dal mare pescoso. Il popolo arabo-berbero degli Sahrawi, ivi insediato, sviluppa nel declino del colonialismo spagnolo sogni di libertà e indipendenza. Spera infatti di creare uno Stato, come avvenuto in generale nei processi di decolonizzazione, ma il progetto naufraga quando il re del Marocco, Hassan II, decide di organizzare, il 6 novembre di quell’anno, la cosiddetta Marcia verde per prendere il controllo di quelle che definisce “province del sud”.
Da molti media è celebrata come un movimento pacifico, 350mila uomini armati solo di Corano e bandiera rossa inviati ad occupare la regione tra la monarchia Nordafricana e la Mauritania, ritenuta legata al Marocco per una storia in qualche modo comune.
In concreto, iniziò una storia di violenze, scambi di accuse e conflitto. Da un lato l’esercito marocchino, dall’altro il Fronte Polisario, una formazione nata nel 1973 per combattere gli spagnoli e ora di riferimento per gli Sahrawi intenzionati a combattere. Gli altri sono per lo più confinati in una serie di campi profughi nel deserto algerino.
Agli inizi degli anni Ottanta, i marocchini realizzarono una serie di muri per proteggere meglio la parte del territorio che controllano, circa i quattro quinti, e impedire le rapide incursioni tipiche dei guerriglieri.
Nel 1991 intervenne una mediazione ONU, che propose, secondo il principio di autodeterminazione dei popoli sancito dal diritto internazionale, una consultazione per consentire alla popolazione interessata di pronunciarsi sulla sovranità della regione. La mediazione portò a un cessate il fuoco, ma il referendum non si è finora tenuto e il Sahara Occidentale è rimasto nella lista ONU dei territori ex coloniali senza auto-governo.
E ora l’accordo tra Israele e la monarchia Nordafricana, con quel connesso riconoscimento da parte degli Stati Uniti della pretesa del Marocco di mantenere comunque il Sahara Occidentale come parte del proprio territorio.
Cosa che minaccia in primis di rompere il fragile equilibrio che aveva preservato un cessate il fuoco, sebbene precario.
Precario perché nel conflitto tra Marocco e Polisario, quest’ultimo, inferiore sul piano militare, aveva potuto contare fino ad oggi, oltre che sull’appoggio algerino, su un punto di forza: il mancato riconoscimento da parte della comunità internazionale della sovranità della monarchia Nordafricana sulla regione.
Ora però la scelta degli USA mette in discussione tutto questo e di conseguenza anche il sogno di un referendum sull’autodeterminazione. Più in generale, l’accordo riduce la speranza di un popolo che per decenni ha coltivato l’aspirazione all’indipendenza.
Gli osservatori parlano della più grave sconfitta per il Fronte Polisario dall’inizio della tregua nel 1991. Il culmine di un processo che ha visto in questi anni rafforzarsi i legami del Marocco sul piano internazionale, anzitutto con Francia e Spagna, ponendosi come uno dei migliori alleati dell’Occidente nel mondo arabo. Solo la Russia ha criticato la scelta degli USA. E persino l’Algeria, che ha sempre appoggiato gli Sahrawi, non ha alzato la voce.
Gli esponenti del popolo arabo-berbero minacciano un ritorno alla violenza, e già nello scorso mese di novembre ci sono stati scontri.
Una mossa che però appare, nel contesto dei rapporti di forza, quasi disperata. Sulla carta un negoziato potrebbe essere ancora possibile, magari saggiando anche la possibilità di un’autonomia vicina all’indipendenza e internazionalmente garantita. Un compromesso tra la mera autonomia di cui parla genericamente il Marocco e la vera e propria sovranità, obbiettivo del Polisario. Ma al momento lo scenario rimane fosco.