Del: 14 Gennaio 2021 Di: Cristina delli Carri Commenti: 0
Capitol Hill: golpe o rivolta?

Sono ormai note ai più le vicende che hanno animato Capitol Hill lo scorso 5 gennaio: la sede del Congresso americano è stata assediata e vandalizzata da un folto gruppo di sostenitori del presidente uscente Donald Trump, avvolgendo nello sgomento il mondo intero.

Non è semplice per un giornalista riportare la notizia di un evento così peculiare, destinato a diventare storico e pressocché unico nel suo genere (si ricorda un solo altro assalto al Campidoglio americano, durante la guerra del 1812 contro gli inglesi). La responsabilità di chi documenta in tempo reale una vicenda di tali dimensione non è rivolta solo al lettore contemporaneo, ma anche allo studioso futuro che vorrà ricostruire l’accaduto. Tuttavia in questo caso più che mai l’uso scorretto dei termini giuridici per descrivere la vicenda può portare ad una falsa rappresentazione della realtà, montando o sminuendo l’evento di fronte a cui ci si trova.

Insurrezione, golpe, rivolta, sommossa: tante le parole che sono state usate per descrivere quanto accaduto a Capitol Hill, eppure ognuno di questi termini contiene un proprio significato giuridico. Come fa notare il Washington Post, «bisogna essere chiari: definire con precisione fenomeni di violenza politica non è mera semantica o pignoleria accademica. Le dinamiche di indebolimento delle istituzioni democratiche variano rispetto a diverse forme di violenza politica e dunque le relative strategie per prevenire le minacce antidemocratiche dipendono dalla capacità di identificare correttamente cause e attori di tali violenze»

Ma entriamo nel dettaglio.

Le prime informazioni su quanto stava accadendo a Capitol Hill sono arrivate in Italia verso le 22.30 del 5 gennaio: su Rai 3 come su tante altre testate si parlava di ”insurrezione”, in alcuni casi di ”golpe”. Nessuno di questi termini tuttavia appare adeguato a descrivere la situazione: le insurrezioni sono movimenti popolari organizzati con lo scopo di rovesciare l’autorità governativa di uno Stato; l’organizzazione degli insorti deve prevedere almeno una forma embrionale di governo (il c.d. ”comando responsabile”) e per ottenere un minimo di soggettività giuridica deve avere il controllo di una porzione di territorio e di una parte del popolo. Gli assaltatori di Capitol Hill, per quanto organizzati, non erano certo dotati di un comando responsabile, né controllavano un popolo e un territorio, pertanto la definizione di ”insurrezione” è da escludersi.

Golpe è invece il termine spagnolo per indicare il colpo di Stato, un evento che si verifica quando il rovesciamento dell’autorità governativa è tentato con l’ausilio di un organismo istituzionale (come per esempio la forza militare costituita). Perché le vicende di Capitol Hill siano definibili come colpo di Stato sarebbe necessario provare il coinvolgimento del presidente Trump nella loro causazione. Come ben chiarisce su «Il Mulino» il professor Andrea Ruggeri, causazione e correlazione non sono però sinonimi: Trump può aver incoraggiato le proteste, sicuramente con i suoi equivoci messaggi non ha aiutato a spegnerle, ma non può essere provato il suo diretto coinvolgimento nell’azione.

Il mattino seguente, sulla scia di quanto riportato dai giornali americani, le testate nostrane hanno iniziato a parlare di rivolta e sommossa. La rivolta è un atto di sollevamento popolare contro l’ordine costituito, mentre la sommossa (riot in inglese) è una forma di rivolta posta in essere da un gruppo non omogeneo di individui, in un’azione non organizzata, estemporanea e meno estesa.

Sommossa appare attualmente il miglior modo di descrivere quanto accaduto a Washington la scorsa settimana.

Un gruppo disomogeneo di sostenitori del presidente uscente si è presentato a Capitol Hill non per rovesciare l’ordine costituito, ma per impedire il passaggio pacifico del potere in mano al president-elect Joe Biden. Utilizzare il termine sommossa al posto di colpo di Stato o di insurrezione (termine per altro usato anche da Biden in una dichiarazione riportata da LA7 non priva di importanza e rilievo l’accaduto, ma impedisce il sorgere di determinati effetti giuridici che non gli appartengono.

Nel frattempo sono iniziati gli arresti: oltre Jake Angeli, diventato famoso con l’appellativo di ”Sciamano”, è stato fermato anche Adam Johnson, celebre per lo scatto in cui trasporta il podio usato per i discorsi presso la Camera. Secondo quanto riportato da Repubblica, Johnson sarebbe stato fermato dall’FBI con le accuse di insurrezione, furto e violazione.

Non resta che attendere gli sviluppi e le conseguenze di questi fatti drammatici: con il ban di Trump da Facebook e Twitter, seguito dall’esilio da parte di Amazon, Apple e Google di Parler – il network più in voga negli ambienti di estrema destra, sarebbe poco saggio non aspettarsi ulteriori reazioni, anche violente.

Cristina delli Carri
Vegetariana, giramondo, studio giurisprudenza ma niente di serio. Se fossi un oggetto sarei una penna stilografica.

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