Del: 3 Gennaio 2021 Di: Costanza Mazzucchelli Commenti: 1

Il 2020 si era preannunciato come un grande anno per il designer Enzo Mari, con due importanti eventi in programma: Falce e Martello alla Galleria Milano, con una ricostruzione precisa della mostra inaugurata più di cinquant’anni fa nella stessa galleria; Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli alla Triennale di Milano, per ripercorrere gli oltre sessant’anni di carriera di Mari.

Il 19 ottobre, a 88 anni, Enzo Mari è morto, rendendo queste mostre un’occasione per celebrare una delle migliori menti del panorama artistico italiano del Novecento.

Purtroppo, però, nel rispetto delle disposizioni governative che, a causa della emergenza sanitaria da Covid-19, hanno imposto ai musei lunghi periodi di chiusura, con sospensione delle attività, le stanze delle due esposizioni, una aperta dal 29 settembre 2020 al 31 gennaio 2021, l’altra dal 17 ottobre 2020 al 18 aprile 2021, sono vuote ormai dall’inizio di novembre.

Nell’attesa di poter ritornare, si spera quanto prima, a frequentare i luoghi dell’arte e della cultura, ripercorrere la storia e la poetica di Enzo Mari può aiutare a prepararsi alla visita delle mostre. L’esordio artistico di Mari si colloca negli anni Cinquanta del Novecento, quando si impegna in esposizioni personali e collettive. Nelle produzioni dei manufatti artistici, si concentra più sull’oggetto che sulla libera ricerca artistica, percorrendo il solco di una tradizione iniziata nei primi del Novecento con artisti ai tempi giudicati non convenzionali, come Duchamp o Man Ray.  

I primi esperimenti di Mari sono oggetti a basso coefficiente funzionale, come giochi (16 animali, 1956) o fermacarte, nei quali, tra l’altro, si percepisce l’influenza di Bruno Munari, conosciuto nel gruppo dell’Arte Cinetica. Nel 1958 realizza il suo primo oggetto-oggetto, la ciotola 3047B, a cui seguiranno contenitori per la tavola (Java 3088B, 1968), librerie (Glifo, 1966), vasi e così via; dalla fine degli anni Cinquanta, Mari focalizza la propria attenzione e orienta la propria produzione sull’aspetto sociale del design e gli oggetti ideati sono curati non solo nella forma, ma anche nella funzione. Nell’ideare i pezzi di design, Mari si interroga e riflette a fondo sulle ragioni che portano alla realizzazione di una forma: ogni progetto può essere considerato come una seduta di autoanalisi, in cui l’artista è posto di fronte alle proprie idee e dialoga con queste.

Creando i propri oggetti-opere d’arte Mari realizza una vera e propria rivoluzione del materiale: nobilita la plastica, facendola apparire, anche agli occhi della società borghese, un materiale pregiato e ricercato. In questo senso la rivoluzione, oltre che materiale, è anche politica: piega a segno culturale la plastica, allontanandola dalla mera dimensione consumistica della merce. La poetica di Mari ruota costantemente attorno al tema della produzione industriale e a come questa abbia modificato i risultati espressivi e artistici, rendendoli ripetitivi.

Il design media tra l’industria, che consente di realizzare oggetti identici in serie, e l’artigianato, che invece conserva l’identità dell’oggetto e dell’artista.

Da questo tipo di riflessioni si evince l’attenzione riposta da Enzo Mari a tematiche di grande attualità, argomento di dibattito in Italia tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. E proprio il 9 aprile 1973 viene inaugurata da Carla Pellegrini la sede della Galleria Milano, con la mostra di Enzo Mari Falce e Martello. Tre dei modi con cui un artista può contribuire alla lotta di classe. L’esposizione suscita grande clamore, attira l’interesse del pubblico e viene considerata un unicum all’interno del panorama artistico del tempo: per tale ragione, dopo quarantasette anni, la Galleria ha scelto di offrire la possibilità, a chi c’era nel 1973, di rivivere una riproduzione fedele della mostra, a chi invece non c’era, di poterne godere per la prima volta. Tale iniziativa risulta essere estremamente formativa, in quanto consente di leggere, analizzare e comprendere, attraverso opere realizzate quasi mezzo secolo fa, il cambiamento epocale riguardante la società, il tessuto culturale e lo spirito profondo di Milano e dell’Italia.

Nel 1973, l’idea della mostra nacque da un esercizio proposto da Mari a Giuliana Einaudi, sua studentessa e assistente, alla quale aveva richiesto di studiare un simbolo iconico, noto a tutti e facilmente riconoscibile, cioè la falce e martello. Il progetto era iniziato con una raccolta dati e un confronto tra fonti ufficiose, come emblemi riprodotti sui muri, e fonti ufficiali, come comunicazioni e volantini di partito: l’obiettivo era attingere da più luoghi e forme di rappresentazione possibili. Successivamente era stato progettato un simbolo di qualità esteticamente elevata e questo passaggio aveva permesso di giungere alla conclusione che il valore formale del simbolo non incide sul significato veicolato a chi osserva.

In questo studio emerge tutta la potenza evocativa del simbolo in questione.

Inaugurazione di Falce e Martello alla Galleria Milano, 1973.

Nella mostra datata 1973 ed in quella odierna, le opere esposte raffigurano la falce e martello su supporti differenti: i due utensili, la falce e il martello, accostati; il simbolo progettato in studio; una scultura in legno rosso; bandiere in lana serigrafate su sfondo bianco, verde o nero; una litografia su cui è riprodotto per 168 volte il simbolo; una serigrafia in due colori. 

Il 9 aprile 1973, nel giorno dell’inaugurazione, a seguito di un animato dibattito sulla esposizione, era stato proiettato il film Comitati politici – Testimonianze sulle lotte operaie in Italia nella primavera del ’71, realizzato da Mari con il Gruppo di Lavoro e composto da alcuni studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. L’interesse e impegno di Mari si estendeva, dunque, ben oltre il campo dell’arte ed entrava in serrato dialogo con le diverse componenti della politica e della società, per rendere aderente al reale la propria rivoluzione culturale. Il documentario, ritrovato dopo una laboriosa ricerca, è stato digitalizzato dall’Archivio Home Movies di Bologna ed è ora visibile in mostra.

Secondo Enzo Mari il miglior progettista è come un contadino: «un vecchio contadino decide di piantare un bosco di castagni. Sa che lui stesso non potrà mangiarne i frutti e nemmeno utilizzare il legno. Non lo fa per sé, ma per i suoi nipoti». La riproduzione della mostra alla Galleria Milano conferma che, dopo oltre quarant’anni, il bosco piantato da Mari continua a nutrire con i suoi frutti le generazioni successive. 

Falce e Martello alla Galleria Milano, 2020.  © Roberto Marossi
Costanza Mazzucchelli
Classe 2000, studentessa di Lettere. Guardo il mondo attraverso i miei occhiali spessi, ascolto e leggo, poi scrivo di ciò che ho imparato.

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