Strade invase da folle di persone, auto in fiamme, cariche della polizia: Barcellona negli ultimi giorni sembra rivivere gli echi di quelle manifestazioni aggressive che tempo fa inneggiavano alla separazione della Catalogna. Ma questa volta l’obiettivo è diverso. Da oltre una settimana ormai la Spagna è sottosopra, dopo l’arresto di Pablo Hasél, un rapper condannato a 9 mesi di carcere per vilipendio della Corona e incitamento al terrorismo tramite i suoi testi. Il suo arresto si era concluso dopo ore di assedio all’edificio dell’Università di lleida, in Catalogna, dove si era rinchiuso. Dall’indomani già in molte città spagnole – Barcellona, ma anche Madrid, Girona, Terragona e Lleida, sono scesi in strada per chiedere la liberazione del cantante: ci sono stati arresti e scontri con la polizia, che ha usato gas lacrimogeni e proiettili di gomma: uno di questi ha fatto perdere un occhio a una manifestante, il che ha acceso ulteriori proteste sulle violenze perpetuate dalla polizia.
Pablo Hasél – pseudonimo per Pablo Rivadulla Duró, è noto per essere un forte sostenitore dell’indipendenza catalana, oltre che per alcuni tweet offensivi nei confronti della polizia e della monarchia.
in passato ha apertamente appoggiato l’ETA, gruppo terrorista separatista dei Paesi Baschi, e il gruppo terroristico marxista GRAPO, in particolare Victoria Gomez, una dei suoi membri responsabile di più di 80 omicidi. L’Audencia Nacional, l’alto tribunale spagnolo, l’ha condannato a nove mesi di carcere, più sei anni di “inabilitazione” – una sospensione di alcuni diritti – e una multa di 30 mila euro.
La sua condanna e poi l’arresto hanno aperto una grande discussione, ma sono state soprattutto le violente manifestazioni a ridar voce al dibattito sulla libertà di espressione in Spagna. Il governo nel 2018 aveva promesso di ridurre le pene per i reati d’opinione, cosa fino ad ora non rispettata; in seguito alla lettera aperta firmata a inizio febbraio da più di duecento artisti in favore di comportamenti meno liberticidi, il governo aveva risposta annunciando un’imminente revisione dei casi da condannare, in modo da portare effettivamente in carcere solo quelli ritenuti un rischio per l’ordine pubblico.
La Spagna, secondo un report di Freemuse, sarebbe prima nella lista dei Paesi che hanno incarcerato più artisti nel 2019: insieme a Turchia, Myanmar e Iran. La questione è delicata perché è sottile la linea tra terrorismo e libertà di parola, soprattutto quando la parola espressa è un oltraggio alle istituzioni o un’istigazione alla violenza.
Le proteste hanno causato una spaccatura d’opinione nella coalizione di governo guidata dal socialista Pedro Sanchez: Podemos si è schierato a favore dei manifestanti, mentre il Partito socialista ha ribadito che tutti i diritti devono avere dei limiti per essere praticabili, e ha escluso una qualsiasi connessione tra i fatti accaduti e una minaccia alla libertà d’espressione. La vicenda ha anche modificato la trattativa in corso per la formazione di un nuovo governo in Catalogna: l’accordo tra Esquerra Repubblicana, Junts x Cat e Candidatura d’Unitat Popular (Cup) dipende da una riforma dei Mossos d’Esquadra, il corpo di polizia regionale della Catalogna. Tra gli elementi centrali nella trattativa, la proibizione dell’uso di proiettili in gomma e la sospensione dell’agente responsabile del ferimento della manifestante.