Essere donne e al contempo ebree, nella Russia zarista di fine Ottocento, significava avere buone probabilità di trascorrere una vita costellata da discriminazioni ed emarginazione. Se a questa condizione, dettata della società, si aggiunge una grave infezione alla gamba che ti lascia claudicante dall’età di due anni, il quadro complessivo diventa ancora più complicato. Ci mancherebbe solo che decidessi di abbracciare idee antisistema come quelle comuniste.
Basterebbero solo queste considerazioni per descrivere la grandezza di Rosa Luxemburg, donna indomita alle avversità, indiscussa protagonista della sua epoca e punto di riferimento per milioni di emarginati e sfruttati nel mondo.
La sua attività politica inizia fin da giovanissima negli ambienti operai di Varsavia, dove si distingue per le sue spiccate capacità oratorie e la fervente adesione alla dottrina marxista. Il suo carattere ribelle alle autorità la porta ben presto a essere ricercata dalla polizia zarista, tanto da costringerla a riparare a Zurigo.
Dalla città elvetica, Rosa continua a produrre scritti importantissimi per il dibattito socialista polacco: se da un lato vi era infatti un comune accordo nel voler rovesciare il regime zarista in senso democratico, dall’altro vi era la questione dell’indipendenza della Polonia che divideva la sinistra. Luxemburg in tal senso auspicava una maggiore autonomia territoriale per la Polonia ma non una totale indipendenza dalla Russia.
Questo perché secondo lei i sentimenti nazionalisti rappresentavano una pericolosa illusione che distoglieva le masse operaie e contadine dalla lotta di classe contro i padroni e poneva divisioni all’interno del proletariato, il quale avrebbe dovuto unire le forze per intraprendere una rivoluzione dal carattere internazionale che avrebbe portato alla “futura umanità”. Posizioni molto radicali, nette e per certi versi difficili da digerire, che le causarono non pochi dissidi con i compagni polacchi.
Nel 1898 Rosa Luxemburg decide di proseguire la lotta politica dalla Germania, entrando nel più grande e meglio organizzato partito socialista d’Europa – l’SPD – che vantava al suo interno intellettuali di fama internazionale come Kautsky, Bebel e Liebknecht, ritenuti “eredi naturali” di Marx ed Engels. È proprio nella patria dei teorici del comunismo che la “Rosa Rossa” trascorrerà i momenti più caratterizzanti della sua attività rivoluzionaria, abbracciando le lotte operaie e producendo i suoi più importanti scritti.
Il suo libro più celebre è senza dubbio L’accumulazione del Capitale (1912), incentrato sul rapporto economico tra capitalismo e imperialismo. In sintesi Rosa Luxemburg sosteneva che il capitalismo fosse destinato a implodere per via naturale a causa, appunto, dell’imperialismo: la sovrapproduzione delle merci tipica del capitalismo, induce gli stati capitalistici a ricercare costantemente nuove terre e nuovi mercati altrove, attraverso le conquiste coloniali. Secondo Luxemburg, è destinato ad arrivare un momento in cui questa espansione diventerà impossibile e quella sarà la fase in cui emergeranno gli antagonismi tra le classi sociali, creando un disordine economico che porterà il mondo di fronte al grande bivio: «O socialismo o barbarie», espressione poi diventata iconica.
Naturalmente la rivoluzione proletaria, per spazzare via il Vecchio Mondo, avrebbe dovuto ricorrere alla violenza, senza possibilità di moderazione. Proprio su quest’ultimo punto ci sarà il grande strappo con i socialisti tedeschi, accusati da Rosa Luxemburg di portare avanti uno sterile riformismo parlamentario destinato a non cambiare lo status quo. Altro argomento di scontro sarà l’avvento della Prima Guerra Mondiale, che porterà il mondo socialista a un profondo dibattito interno riguardo la necessità di aderire o meno a un conflitto che avrebbe cambiato il mondo.
Questo spaventoso massacro reciproco di milioni di proletari al quale assistiamo attualmente con orrore, queste orge dell’imperialismo assassino che accadono sotto le insegne ipocrite di ‘patria’, ‘civiltà’, ‘libertà’, ‘diritto dei popoli’, e che devastano città e campagne, calpestano la civiltà, minano alle basi la libertà e il diritto dei popoli, rappresentano un tradimento clamoroso del socialismo.
Lettere contro la guerra: Berlino, 1914-1918
Ancora una volta Rosa Luxemburg andò controcorrente, mostrando grande lungimiranza di analisi e prevedendo come la Grande Guerra avrebbe posto le basi per l’avvento di fascismi – come di fatti avverrà in Italia (1922), Germania (1933) e Spagna (1939) – a causa delle profonde lacerazioni interne che avrebbe prodotto. Una “guerra dei padroni” per fini imperialisti a cui i socialisti non avrebbero dovuto aderire. Inutile dire che il suo monito non venne ascoltato dalla maggioranza del partito socialista tedesco, che appoggiò invece la guerra.
Fu in questo frangente che avvenne la scissione dell’ala pacifista, capeggiata dalla Luxemburg e da Karl Liebknecht, che fondarono nel 1914 la Lega di Spartaco, precursore del futuro Partito Comunista di Germania (1918).
Nel corso della guerra, la Lega di Spartaco cavalcò le proteste della popolazione affamata e provata dagli orrori del conflitto, organizzando diversi scioperi che portarono all’arresto dei due leader. Nel 1917 intanto si verificava uno degli eventi nevralgici del Novecento: il regime ultrasecolare degli zar veniva rovesciato dai bolscevichi, per la prima volta nella storia si compiva la rivoluzione proletaria. Agli occhi di milioni di comunisti in tutto il mondo, l’evento segnò la scintilla della rivoluzione tanto attesa. Gli anni seguenti la fine della guerra, furono caratterizzati in tutta Europa da scioperi dei lavoratori e da occupazioni di fabbriche.
Anche la Germania – uscita pesantemente ridimensionata dal conflitto e divenuta Repubblica di Weimar, sostenuta dai socialisti – fu travolta dalle violente agitazioni armate, guidate naturalmente dalla Lega di Spartaco. La risposta dello stato borghese fu però altrettanto cruenta: il neo-Cancelliere Friedrich Ebert, oltre all’intervento dell’esercito, si avvalse dei cosiddetti Freikorps: corpi paramilitari di estrema destra, sguinzagliati come belve feroci a caccia di tutti i comunisti. La rivoluzione fu violentemente sedata, Rosa Luxemburg e tutti i leader spartachisti vennero barbaramente assassinati.
Si concluse così in un cupo giorno di gennaio il sogno di rivoluzione della Rosa Rossa, che fino all’ultimo istante rimase coerente con i suoi ideali, rinunciando a quei compromessi che probabilmente le avrebbero potuto dare ruoli di potere nella Repubblica di Weimar. Scelse di restare dietro la barricata, a lottare a fianco degli emarginati, con l’obiettivo di dare loro una società migliore, senza più guerre e forme di sfruttamento.
Molti dei Freikorps divennero qualche anno più tardi figure di punta del partito nazista di Adolf Hitler che avrebbe soppresso ogni libertà in Germania. Dopo decenni in cui il suo corpo venne dato per disperso a causa della profanazione della sua bara durante il regime nazista, i resti di Rosa Luxemburg vennero ritrovati nel 2008 a Berlino e riposti sotto il celebre epitaffio dedicatole dal poeta Bertolt Brecht:
Ora è sparita anche la Rosa rossa.
Dov’è sepolta non si sa.
Siccome disse ai poveri la verità
I ricchi l’hanno spedita nell’aldilà.