Del: 23 Marzo 2021 Di: Michela La Grotteria Commenti: 0
Sarah Everard, la sicurezza per le donne è un miraggio

Coprifuoco dopo le sei per tutti gli uomini. Lontani dalle strade, reclusi in casa, dove non costituiranno un pericolo per le donne che camminano da sole. È la proposta di Jenny Jones, parlamentare britannica del Green Party secondo la quale questa potrebbe essere l’ultima frontiera per arginare il rischio di assalti, stupri e omicidi. Un’idea folle ed estrema, che arriva in un momento di tensioni scatenate e panico generale sul tema della sicurezza per le donne, dopo l’omicidio di Sarah Everard lo scorso 3 marzo.

Sarah, 33 anni, stava rientrando a casa a piedi dopo essere stata a casa di amici nel quartiere di Clapham, zona della città particolarmente viva e rumorosa. Mentre cammina chiama il compagno, restano al telefono un quarto d’ora: una telecamera di sorveglianza filma il suo passaggio. Poi niente. Il giorno dopo il compagno ne denuncia la scomparsa, ma una risposta arriverà solo il 10 marzo, quando i suoi resti saranno ritrovati in un bosco del Kent.

Immediatamente, il giorno dopo, centinaia di persone si sono riunite nel parco di Clapham Common, su invito di Reclaim These Streets e altri movimenti femministi; ma la polizia ha caricato le manifestanti e interrotto a forza il corteo, fermando 4 donne e multandone molte altre per violazione delle norme di sicurezza anti-Covid. Dame Cressida Dick, commissaria della Met (Polizia Metropolitana di Londra) ha difeso gli agenti per come hanno risposto all’assembramento, ma di fronte alla dichiarata preoccupazione del primo ministro Johnson si è detta disposta ad affrontare una «sobria riforma» della polizia. L’episodio di Clapham Common non ha fatto che fomentare le tensioni, che si sono rivolte esplicitamente contro la polizia britannica, e non solo per il rifiuto di collaborare alla marcia per Everard.

Uno scatto delle proteste scoppiate.

Per il suo omicidio è infatti stato arrestato Wayne Couzens, agente di Scotland Yard, già accusato da un’altra donna di atti osceni in un fast food. Si è scatenata un’ondata di disgusto e rabbia: davanti alla sede della polizia e al parlamento ci sono da allora, quotidianamente, manifestanti che gridano a gran voce anche contro il Police Crime, Sentencing and Courts Bill, un disegno di legge attualmente in discussione che, se approvato, andrebbe ad aumentare il potere della polizia e porre forti limitazioni alla possibilità di manifestare.

L’elemento più disturbante della faccenda è l’orrenda colpevolizzazione della vittima che è stata messa in atto, soprattutto sui social. Cosa ci faceva ancora in giro alle 21.30, è stato chiesto. Perché non ha preso un taxi? Non se l’aspettava, che qualcosa le sarebbe accaduto? Cosa ci faceva in giro, perché non era già rintanata in casa. Questa è la linea di precauzione che la polizia londinese ha scelto di applicare: alla notizia che la polizia stava andando di porta in porta per dire alle donne del quartiere di Clapham di restare a casa per la loro sicurezza, indignazione e rabbia si sono fatte sentire. Si è richiamato alla memoria quanto successo con Peter Sutcliffe, killer seriale che negli anni Settanta uccise tredici ragazze. All’epoca la polizia aveva suggerito alle donne del quartiere più colpito di restare a casa, o di uscire accompagnate da un uomo conosciuto. Anche allora, dopo un periodo di reticenza, erano infiammate violente proteste: gridavano «Rivendichiamo la notte» e sollecitavano a individuare la causa degli assalti negli uomini, non nella strada più o meno illuminata scelta dalle donne per tornare a casa.

Oltre al disgusto, però, c’è anche la paura.

Sarah Everad aveva messo in pratica tutte le accortezze che le nostre madri ci impartiscono da quando siamo piccole. Stai al telefono con qualcuno. Scegli la strada più ampia, dove c’è più gente, anche se devi fare un percorso più lungo. Indossa scarpe adatte a correre. Tieni le chiavi in mano. Dimmi quando arrivi a casa. Niente è bastato a salvarla. E, paradosso dei paradossi, è stata aggredita da un agente di polizia, uno degli uomini che avrebbero dovuto garantirne la sicurezza.

La sicurezza delle donne è un problema serio, e non solo nel Regno Unito: Amanda Taub sul New York Times ha riportato uno studio di Girija Borker, ricercatrice alla Banca Mondiale, secondo il quale le donne in India accettano di cambiare facoltà o si iscriversi a università peggiori per cambiare il tragitto quotidiano nel quale subiscono violenze.

La proposta del coprifuoco agli uomini non è concreta, è provocatoria. L’ha detto anche la sua ideatrice, commentando «nessuno fa storie quando la polizia suggerisce alle donne di restare a casa. Ma se si propone la stessa cosa per gli uomini si alzano subito le barricate». Il punto non è, e non sarà mai, chiudere gli uomini in casa, consegnando la notte e le strade alle donne. Il punto è educare loro a comprendere qualcosa con cui probabilmente non si sono mai interfacciati: cosa vuol dire, mentre cammini per strada, sentirti chiamare da un uomo o da un gruppo di uomini che si avvicinano. Trovarti a scegliere rapidamente cosa fare, se rispondere, con tutti i rischi che comporta, o correre via o prendere qualcosa in mano.

Avere da qualche parte un’amica che aspetta il tuo messaggio per confermare l’arrivo a casa, e sperare di arrivarci, a casa, sana e salva.

Michela La Grotteria
Made in Genova. Leggo di tutto per capire come gli altri vedono il mondo, e scrivo per dire come lo vedo io. Amo le palline di Natale, la focaccia nel cappuccino e i tetti parigini.

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