Del: 14 Aprile 2021 Di: Giulia Ariti Commenti: 1

Questa intervista al collettivo asessuale Carrodibuoi è il seguito di un’indagine in due articoli riguardanti il ddl Zan. Il primo può essere consultato al seguente link.

Negli ultimi tempi si parla spesso del disegno di legge Zan, la proposta del parlamentare del Partito Democratico Alessandro Zan. Si tratta della tanto discussa legge contro l’omolesbobitransfobia, che va ad ampliare l’ombrello di potenziali vittime di reati d’odio (tra cui anche persone disabili e donne), per i quali il ddl prevede un’aggravante sulla pena oltre a un programma di educazione alla diversità. 

Per un problema di arretratezza terminologica, però, il ddl Zan rischia di escludere alcune parti della comunità LGBT+, tra cui gli asessuali.  

Abbiamo chiesto al collettivo asessuale Carrodibuoi di spiegarci le criticità della legge. L’attivista, che per ragioni di privacy ha chiesto di mantenere l’anonimato, ci ha spiegato cosa significhi essere asessuali oggi.


Chi rappresenta il Collettivo Carrodibuoi?

Carrodibuoi è un’associazione di volontariato che si occupa di fare informazione sullo spettro asessuale. È un collettivo aperto anche a tutti gli alleati che si vogliono battere per i diritti della comunità. Sebbene il nostro focus sia sull’asessualità e l’aromanticisimo, adottiamo un’ottica intersezionale e non escludente.  Cerchiamo, quindi, di fornire supporto per i problemi di tutti gli appartenenti alla comunità LGBTQIA+; l’associazione non pensa solo a se stessa: alcune lotte sono comuni ed è importante capire com’è la situazione per tutti.

Cosa intendi per “intersezionale”?

Il concetto di intersezionalità è concetto molto vario. È nato durante le lotte femministe del secolo scorso, quando ci si è resi conto che la lotta femminista non può non guardare alle intersezioni: etnia, stato economico e condizione sociale sono motivi di diverse discriminazioni che una donna può ricevere. Ad esempio, una donna bianca povera subisce discriminazioni diverse e simili da quelle di una donna nera facoltosa. L’intersezionalismo prende in esame tutti i fattori di discriminazione e ne studia la sovrapposizione. Ci sono componenti della comunità LGBT+ intersezionali, magari stranieri. All’interno dello spettro asessuale è qualcosa di molto vario: ci sono asessuali omoromantici che subiscono le discriminazioni della comunità gay e lesbica, magari asessuali transgender che subiscono transfobia. Si lotta per i problemi di tutti. 

Partiamo con le definizioni – cos’è l’asessualità? 

L’asessualità è un orientamento sessuale caratterizzato dalla mancanza di attrazione verso tutti i generi e sessi. C’è chi dice non sia un orientamento, ma sarebbe come dire che lo zero non sia un numero: è un numero con il suo significato e il suo valore. Inoltre, si possono dare definizioni degli altri orientamenti dicendo i generi da cui non sono attratti: gli omosessuali non sono attratti dal genere opposto. Lo stesso discorso vale per gli asessuali. Si parla di spettro, in questo caso: così come per lo spettro sessuale ci sono diversità di attrazione sessuale, nello spettro asessuale valgono medesime differenze. Ad esempio, lo spettro asessuale coinvolge i graysessuali, che fanno parte di una “zona grigia”, sperimentando attrazione sessuale raramente, o debolmente; esistono i demisessuali, che provano attrazione sessuale solo quando sperimentano un forte legame. Sono concetti che per alcuni sono difficili da capire: chi ha sempre vissuto immerso nell’attrazione sessuale fatica a comprendere la possibilità di questa cosa. Allo stesso modo, per gli asessuali è difficile capire in che modo si provi attrazione sessuale. 

Gli asessuali subiscono discriminazioni?

Si registrano sotto il nome di “afobia” tutti quegli atteggiamenti di discrimine, invalidazione e odio nei confronti della comunità asessuale. Sicuramente, essendo l’asessualità stessa poco conosciuta, è un fenomeno poco manifesto. L’afobia può verificarsi anche all’interno di una coppia: spesso in una relazione si pretende il sesso e, magari, gli asessuali sono meno spinti ad iniziare; ciò può essere visto come un rifiuto da chi non sa dell’asessualità.

Informarsi potrebbe aiutare a raggiungere compromessi, capire.

È da specificare: non è detto che un’asessuale non voglia avere rapporti sessuali. “Azione” e “attrazione” sono due cose diverse: ci sono uomini omosessuali con figli, non provano attrazione per la moglie, ma sono comunque riusciti ad avere un figlio. Esistono molti motivi per cui un asessuale può decidere di praticare il sesso con qualcuno: perché lo trova piacevole, per procreare, per far star bene il proprio partner. Essere asessuale non significa non provare attrazione romantica, solo un 30% circa degli asessuali dichiarati si definisce anche aromantica. Si accetta il sesso senza amore, perché è così difficile comprendere l’amore senza sesso? Inoltre, attrazione sessuale e romantica non sono gli unici motivi che possono legare due persone, troppo spesso vengono trascurati altri tipi di legami, come quelli amicali. 

Per gli amanti dei dati, Carrodibuoi lancia ogni anno un sondaggio rivolto alla comunità asessuale italiana.

Chiediamo delle reazioni ai coming out da parte di diversi componenti della sfera di conoscenze, ma anche delle reazioni dei medici. Ad esempio, il 25% dei Millennials asessuali che hanno fatto coming out con gli amici, si sono sentiti invalidati. Il 17% degli stessi ha visto professionisti non a conoscenza dell’esistenza dell’orientamento asessuale; come è successo per omosessuali e transgender, questo può portare al confondere l’orientamento per una patologia.

Spesso si pensa che l’attrazione sessuale sia naturale e la sua assenza rappresenti una sorta di errore a livello biologico o il frutto di un trauma psicologico. E’ vero? 

Dicevano lo stesso dell’omosessualità. Si stima che l’1% della popolazione sia asessuale; per questo, molti dicono sia un orientamento giovane e nato su internet, ma non è così. In molte ricerche di sessuologia svolte tra gli anni ’50 e ’70, è emerso un campione dell’1% che non provava attrazione sessuale – ma era considerato alla stregua di un errore statistico. Poi, all’inizio degli anni ’70, in America, gli asessuali si sono battuti per le battaglie per la parità dei diritti accanto agli omosessuali. Internet è stata sicuramente una svolta: fino ad allora era difficile creare una comunità, una rete, tra poche persone e lontane. Nel 2001 è nata Aven come una comunità online di persone asessuali, creata per fare rete e creare una cultura asessuale.  

La comunità asessuale italiana è nata qui: l’attivismo si è diffuso con la divisione asessuale di Arcygay Milano, poi con Rete lettera A. Nel 2016 è nato Carrodibuoi, con l’intento di essere un altro punto di riferimento e di informazione sul tema dell’asessualità. La comunità asessuale è accettata e riconosciuta dalle associazioni LGBT+marciamo insieme al Pride in cui diversi gruppi asessuali sono coinvolti, come quelli di Arcygay Milano e di Toscana Pride. È un evento che richiede mesi di organizzazione e collaborazione, si tratta di un impegno importante. Anche Liguria Pride ha fatto da poco eventi asessualità per la giornata internazionale dell’asessualità, caduta il 6 aprile. È una lotta collettiva per i diritti di tutti. 

Perché, a vostro avviso, si parla così poco di asessualità? 

Per parlare di asessualità bisogna parlare di sessualità: quasi non accade in Italia. Non si parla di educazione sessuale, o educazione alle differenze. È necessario partire dalle scuole, come, tra l’altro, il ddl Zan propone: bisogna educare alla sessualità, alle differenze, così che i giovani capiscano di non essere sbagliati, che esistono molteplici identità. 

A proposito della legge Zan, è davvero inclusiva? 

C’è scontento in molte comunità. La nomenclatura della legge è molto arretrata, sembra una legge vecchia di vent’anni in senso terminologico. Per fare un esempio, all’interno della legge si parla di “sesso” e non di “genere”, si identificano solo due sessi, cancellando le persone intersessuali; per questo, anche la comunità transgender non è molto felice. Si è esclusa del tutto l’asessualità, non se ne parla affatto: si decide per legge che non è un orientamento sessuale. Paradossalmente, può essere usata contro di noi. Non significa che sia inutile: introduce la formazione nelle scuole, finanzia le case rifugio, prevede inasprimento della pena per crimini d’odio. Ma, già che siamo qui per farla, è il caso di farla bene, mettendosi al passo con la realtà – cosa che hanno fatto diversi Paesi europei.Nessuno discute dell’utilità della legge: serve, è necessaria. Nel nostro Paese si sente una forte carica d’odio, d’intolleranza.

E’ importante far passare questo messaggio: non è vero che gli asessuali non vogliono la legge Zan. 

È importante: da troppi anni si cerca di fare una legge che tuteli la comunità LGBT+. Ci sono Paesi in cui una legge simile è passata grazie a governi di destra, anche negli anni 2000: si tratta di diritti umani, non è una legge per privilegiare qualcuno. E’ preoccupante che in un Paese si pensi di usare violenza su qualcuno per chi è, per chi ama: è una violenza fatta per punire un comportamento che si ritiene sbagliato. In un certo senso, è la dimostrazione che si pensa alla comunità LGBT+ in modo inferiore: si giudica terribile picchiare un qualunque innocente, ma sembra che la violenza sia giustificata nel momento in cui l’aggredito fa parte di una minoranza.  

Se cercassimo di dialogare, di capire, non ci sarebbe tutto questo odio. Discutere nelle scuole non è per indottrinare i giovani, ma per portare un dialogo. Non si sta facendo male a nessunoMagari per fare una legge del genere dovrebbero essere incluse le persone che subiscono le discriminazioni; è come se gli uomini facessero leggi per la tutela delle donne senza consultarle, ma andassero su presupposizione.

Giulia Ariti
Studentessa di Filosofia che insegue il sogno del giornalismo. Sempre con gli occhi sulla realtà di oggi e la mente verso il domani.

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