Zona rosa è un podcast, disponibile su Spotify e Spreaker ogni mercoledì, che parla di «storie di donne e non solo» ed è nato da un’idea di Silvia Protino, studentessa della Statale, dove studia Politics, Phylosophy and Public Affairs e ricopre il ruolo di segretaria nell’associazione studentesca SIR, che si occupa di promuovere il dibattito sulla geopolitica. L’abbiamo contattata per parlare della sua nuova iniziativa.
Com’è nato questo progetto?
Il podcast nasce dopo essermi imbattuta in letture filosofiche sul femminismo per un esame in cui una parte era legata al femminismo storico e filosofico. Facendo queste letture mi sono accorta di come sia importante studiare le questioni femministe per avere una consapevolezza riguardo alle lotte che ancora oggi si portano avanti. Con il primo episodio volevo appunto comunicare quanto sia fondamentale il femminismo parlando delle sue origini.
Perché ritieni importante lo studio della storia del femminismo?
Studiare la storia del femminismo è importante perché ci rende consapevoli di quello per cui stiamo lottando e ci fa capire quale siano le radici del problema e da dove tutto è nato: dalla concezione della donna vista solo in relazione all’uomo, passando per la consapevolezza successiva, l’attività politica, filosofica e sociale e tutti gli altri step che ci hanno portato fino ad oggi. Se oggi ci battiamo per la parità salariale e per altre rivendicazioni c’è un motivo ed è importante conoscerlo.
Quali sono gli obiettivi che vuoi raggiungere con questo podcast?
L’obiettivo è quello di far emergere delle tematiche e degli argomenti storici che per me sono importanti e che magari sui social non emergono. Il nome “zona rosa” deriva dall’idea di creare uno spazio in cui racconto le cose che per me sono importanti da conoscere, sempre mantenendo un filo rosso che è quello del racconto femminile, un punto di vista diverso rispetto a quello dominante. Inoltre spero di ottenere lo stesso riscontro positivo avuto dopo l’uscita della prima puntata, perché se le persone apprezzano quello che fai vuol dire che lo stai facendo nel modo giusto.
Nella prima puntata dici che oggi le donne finalmente sono passate dall’essere oggetto a essere, anche se non pienamente, soggetto della Storia. La strada che stiamo seguendo per te è quella giusta?
Io non ti nego di avere a volte dei momenti di sconforto, ma in generale mi sento ottimista riguardo alla nostra generazione e ancora di più in quella dopo la nostra. Ho una sorella di sedici anni e lei e le sue amiche hanno una consapevolezza e un pensiero molto più progressista rispetto a quello che avevamo noi alla loro età. Tuttavia non bisogna mai dimenticare che la parità di genere non è stata ancora raggiunta ed essere consapevoli che c’è ancora lavoro da fare da un punto di vista sociale, economico, politico. Le donne sono ancora sotto-rappresentate sul piano politico e manageriale per esempio. Si parla ancora oggi del soffitto di cristallo, di disparità salariale e del fatto che molto donne sono ancora costrette a scegliere tra carriera e famiglia. Sono questioni molto attuali che devono ancora essere risolte e per cui è necessario lottare.
Recentemente si è parlato di catcalling e in generale il mondo maschile è sembrato sordo alle denunce di quello femminile. Secondo te più progetti di divulgazione come il tuo potrebbero contribuire ad abbattere il muro tra questi due mondi?
Io mi sono espressa sulla questione su Instagram e ho avuto riscontri positivi anche da parte di alcuni ragazzi: sono delle risorse rare e ce li dobbiamo tenere stretti. Tuttavia secondo me non ci sono due mondi distinti, bisogna sempre cercare di non tracciare un confine così marcato perché si rischia di creare degli schieramenti che si fanno solo la guerra. È importante invece avere una visione d’insieme che includa sia uomini che donne e credo che un progetto di divulgazione sia molto importante per sensibilizzare e allargare il cerchio. Sensibilizzare per poi far crescere una consapevolezza, portare un punto di vista diverso che la gente può accogliere. Più persone ci sono che parlano di queste tematiche in modo consapevole meglio è.
Cosa ti sentiresti di dire agli uomini che sminuiscono l’importanza delle rivendicazioni femministe?
Premetto che non voglio pormi nella posizione di spiegare qualcosa a qualcun altro perché è un concetto molto patriarcale. Quello che mi sento di dire è di provare a fare uno sforzo e a porsi in ascolto delle persone che vogliono farsi sentire rivendicando i propri diritti. Bisogna iniziare a comprendere e soprattutto a porsi in discussione, poi schierarsi con consapevolezza è un passo successivo.
Ci dai una piccola anticipazione della prossima puntata?
Mercoledì parlerò delle comfort women, una forma di schiavismo sessuale atroce, messa in atto dalle forze militari giapponesi durante la Seconda guerra mondiale nelle sue aree di occupazione.