Del: 27 Giugno 2021 Di: Angela Perego Commenti: 0

La fine di un generalizzato “blocco dei licenziamenti” è ormai alle porte. Secondo quanto stabilito dal Decreto Sostegni-bis (art. 40 del D.L. n. 73/2021), infatti, dal prossimo 30 giugno non sarà più possibile, per le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della CIGO, avvalersi della integrazione salariale con causale Covid-19. Per ridurre o sospendere l’attività produttiva, sarà allora ammesso il ricorso alla CIG (Cassa Integrazione Guadagni), ordinaria oppure straordinaria, cioè comprendente l’esonero dal pagamento del contributo addizionale sino al 31 dicembre 2021. 

Nel primo caso, i datori di lavoro non saranno più soggetti, a partire dal 1° luglio, al divieto di avviare procedure di licenziamento collettive oppure individuali per giustificato motivo oggettivo; invece, coloro che usufruiranno della Cassa integrazione scontata dovranno impegnarsi a non licenziare sino al 31 dicembre 2021. Per quanto riguarda il settore terziario, sarà possibile continuare a ricorrere a strumenti in deroga ed il blocco terminerà il prossimo 31 ottobre. 

Ma in che cosa consiste il blocco dei licenziamenti, di cui tanto si sta parlando in queste ore?

Si tratta di una misura entrata in vigore il 17 marzo 2020, quando è stata introdotta dal Decreto Cura Italia (D.L. n. 18/2020), e sempre prorogata nei mesi successivi, di pari passo con gli ammortizzatori sociali Covid. Il divieto riguarda l’avviamento di procedure di licenziamento collettivo e la possibilità di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo, cioè per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al suo regolare funzionamento.

I licenziamenti intimati in violazione di questi divieti sono nulli: sarà quindi possibile la reintegrazione in azienda del lavoratore interessato e la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito per il periodo successivo al licenziamento, fino alla reintegrazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il periodo intercorrente tra licenziamento e reintegrazione. 

Al centro del dibattito in quest’ultimo mese vi è stata la misura inizialmente annunciata dal ministro del lavoro, Andrea Orlando, e poi ritirata dalla versione definitiva del Decreto Sostegni-bis, riguardante la proroga del blocco generalizzato sino al 28 agosto. A seguito di questa dichiarazione, rilasciata durante la conferenza stampa di annuncio del decreto legge, su Orlando si era abbattuta una pioggia di violente critiche: accusato dalla sottosegretaria al Lavoro della Lega, Tiziana Nisini, di aver inserito la proroga “a sorpresa” e di aver in questo modo “rotto un patto con le aziende”, contro questo annuncio si era scagliato con decisione anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, il quale aveva descritto il metodo utilizzato da Orlando come “inaspettato e inaccettabile”.

Una nota di Palazzo Chigi era poi intervenuta per mettere a tacere le polemiche, smentendo la tesi dell’”inganno” e affermando che la soluzione circa il blocco dei licenziamenti, contenuta nel testo definitivo del Decreto Sostegni-bis, fosse stata individuata “sulla base delle proposte del ministro Orlando in Consiglio dei Ministri”. 

Dinanzi alla mancata proroga fino al 28 agosto, i sindacati hanno da subito definito “inaccettabile e socialmente pericolosa la posizione di Confindustria”, mostrando la loro preoccupazione per una possibile emorragia di posti di lavoro. Come messo in evidenza da alcune stime proposte dalla Banca d’Italia a novembre 2020, infatti, questa misura ha impedito lo scorso anno circa 600 mila licenziamenti, facendo sì che lavoratori licenziati non si trovassero nella condizione di dover cercare un nuovo impiego in un periodo di estrema difficoltà, magari in pieno lockdown. Viene però sottolineato, in questo stesso rapporto, un possibile impatto negativo del blocco per quanto riguarda la dinamica delle assunzioni, dovuto alla riduzione del turnover: questo potrebbe mettere in difficoltà chi dovesse tornare sul mercato del lavoro (innanzitutto, lavoratori temporanei il cui contratto di lavoro è scaduto), nonché coloro che ad esso dovessero affacciarsi per la prima volta. 

Il Presidente del Consiglio ha risposto alle critiche mosse dai segretari di Cgil, Cisl e Uil difendendo la fine del blocco generalizzato dei licenziamenti e definendo l’intervento previsto come in linea con tutti gli altri Paesi europei, tra i quali infatti soltanto Grecia, Spagna e, per un breve periodo, Lussemburgo, hanno introdotto divieti simili a quello italiano, seppur meno estesi.

La Commissione europea ha peraltro recentemente evidenziato come non vi siano state pesanti perdite occupazionali nei Paesi in cui il blocco dei licenziamenti non è stato previsto, quali Germania, Francia, Regno Unito:

l’elasticità media totale dell’occupazione nell’UE, la quale misura la reattività dell’occupazione ai cambiamenti dell’attività economica, è stata infatti pari a 0,25, con un valore pari a 0,24 per l’Italia e valori però ancor più bassi per Germania e Francia. “Politiche come il divieto generale di licenziamento tendono a influenzare la composizione ma non la portata dell’aggiustamento del mercato del lavoro”, ha affermato Bruxelles ad inizio giugno, suggerendo che una tale misura possa avvantaggiare i lavoratori a tempo indeterminato a scapito di quelli a tempo determinato. 

Tuttavia, in considerazione del fatto che molte delle ragioni che determinarono l’entrata in vigore del blocco dei licenziamenti appaiono tutt’ora irrisolte, il Segretario Generale della Cisl, Luigi Sbarraha recentemente chiesto di rinviare la fine del blocco ad ottobre, per poter nel frattempo realizzare due obiettivi: consolidare e rafforzare la ripresa economica, da un lato, e dall’altro realizzare le riforme necessarie ad attutire i contraccolpi che l’uscita dal blocco rischia di provocare. “Il Governo è ancora nelle condizioni di scongiurare la fine del blocco”, ha affermato Sbarra, ed infatti le discussioni circa il destino di lavoratori e aziende dopo il 1° luglio non sono ancora terminate: potrebbe farsi strada l’idea di un blocco selettivo, così come suggerito dal sottosegretario all’Economia Claudio Durigon (Lega) e dal PD, che aveva proposto il mantenimento di questa misura fino a settembre per le aziende dei settori maggiormente in crisi, individuati con decreto dai ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico e previa sottoscrizione di un accordo con le organizzazioni sindacali. 

Angela Perego
Matricola presso la facoltà di Giurisprudenza, “da grande” non voglio fare l’avvocato. Nel tempo libero amo leggere e provare a fissare i miei pensieri sulla carta.

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