
Lars Von Trier è uno dei registi più importanti del cinema contemporaneo; artista estremamente controverso, quando venne espulso dal festival di Cannes nel 2011 in seguito alla conferenza stampa in cui fece assurde dichiarazioni a proposito di ebrei e nazisti, il film con cui partecipava alla gara era Melancholia.
La grande domanda che ci si pone davanti a personaggi problematici come Von Trier è sempre la stessa: l’arte va separata dall’artista? E ancora, nell’opera d’arte conta più il suo creatore o chi la osserva e la interpreta? Le risposte sono complesse e infinite.
Comunque sia, di Melancholia non possiamo fare altro che affermare che è un capolavoro.
La lunga sequenza in slow-motion che ci introduce al film è una delle aperture più celebri del cinema odierno. Vediamo i futuri protagonisti del film immersi in uno scenario incredibilmente suggestivo e minaccioso ricco di riferimenti artistici (il più lampante dei quali è il richiamo al dipinto Ophelia di John Everett Millais); non si capisce cosa avverrà durante il film, ma il tono è già stabilito: angoscia, lentezza, sopraffazione, il tutto rappresentato in maniera così magnetica da non poter distogliere lo sguardo dallo schermo, grazie anche alla scelta musicale: il preludio al Tristano e Isotta di Wagner. Lo stesso Wagner descriveva Tristano e Isotta come “un’opera di passione, struggimento, estasi e angoscia senza limiti… con un’unica possibile redenzione: l’annullamento in un sonno senza risveglio”. Con le stesse parole si può descrivere Melancholia.

La pellicola si articola in due parti; la prima è dedicata alla protagonista Justine, con il ricevimento del suo matrimonio, caratterizzato da due narrazioni parallele: da un lato le immagini della festa, dinamiche e vivaci, che contrastano fortemente con le emozioni della protagonista, soffocandole. Dall’altro lato ci sono le scene che ritraggono Justine nei momenti di fuga dal ricevimento, in cui si allontana in cerca di solitudine e respiro. La seconda parte si focalizza invece sulla sorella Claire ed è ambientata nei giorni successivi al matrimonio, segnati da una forte crisi depressiva della protagonista.
Al centro della narrazione c’è il tema della “Melancholia”, intesa sia come la depressione di Justine, sia come la presenza dell’omonimo pianeta che incombe sulla terra minacciando una apocalittica collisione tra corpi celesti.
La componente fantascientifica è trattata in modo originale, portando parte della critica a vederla solo come una metafora della malattia della protagonista: durante l’intera durata del film infatti compaiono immagini del pianeta, ma gli effetti speciali sono sempre misurati e non alterano l’eleganza dell’opera.
Melancholia è un film che colpisce lo spettatore servendosi di riferimenti autobiografici e di numerosissimi rimandi artistici senza risultare pretenzioso; l’obiettivo è quello di suscitare con segni subliminali tutta una serie di associazioni mentali volte ad amplificare la partecipazione emotiva di chi guarda. Il senso di minaccia incombente, di solitudine, di immobilità rende la pellicola più attuale che mai nell’instabile periodo che stiamo vivendo, facendo dello stesso un ottimo film “da rivedere per la prima volta”.
