Del: 17 Giugno 2021 Di: Jessica Rodenghi Commenti: 0

In questi giorni una nuova polemica ha infiammato i social: mancano i lavoratori stagionali nei settori della ristorazione e del turismo. I commenti da parte di figure note sono stati immediati, come Vincenzo De Luca, il governatore della Campania, che ha così dichiarato: «Non si trovano più camerieri, ristoranti e bar in difficoltà, così come le attività stagionali. È uno dei risultati paradossali dell’introduzione del reddito di cittadinanza».

Il reddito di cittadinanza è una misura di sostegno entrata in vigore il 30 marzo 2019, approvato dal governo Conte I.

La misura prevede un sussidio economico per chi si trova in condizioni di disagio dovute alla non occupazione. Le persone che soddisfano i requisiti richiesti per ottenere il reddito possono presentare una domanda, in seguito alla quale verranno inseriti in un percorso che mira al re-inserimento nel mondo del lavoro. A questo punto il richiedente verrà sostenuto per un 18 mesi con possibilità di proroga e nel mentre gli verranno sottoposte proposte d’impiego. Le offerte di lavoro proposte potranno essere rifiutate dal candidato a patto di non superar i tre rifiuti contigui per non andare incontro a sanzioni per percezione indebita del reddito. 

Secondo il governatore della regione Campania, chi percepisce il reddito di cittadinanza non è spinto a tornare nel mondo del lavoro, anzi:«Se mi dai 700 euro al mese e vado a fare qualche doppio lavoro non ho interesse ad alzami alle sei e ad andare a lavorare in una industria di trasformazione agricola». La morale, insomma, sarebbe che i giovani italiani non hanno più voglia di lavorare. 

La risposta non si è fatta attendere. Due settimane fa, infatti, attraverso un servizio di Repubblica, un lavoratore stagionale ha denunciato le condizioni di lavoro simili allo sfruttamento che si hanno in questi settori; questo tipo di lavoratori, ad esempio, è impossibilitato alla richiesta di permesso per malattia a causa delle continue pressioni subite al fine di procedere con il lavoro a velocità insostenibili, avanzando la scusa del trovarsi nella stagione con il picco di clienti.

La condizione di lavoro dovrebbe essere il primo motivo che spinge le persone a continuare una prestazione lavorativa, invece di portare all’accettazione di stipendi bassi e condizioni terribili.

Dopo le affermazioni di De Luca molti si sono fatti sentire per affermare come il rifiuto di determinati impieghi non c’entri nulla il reddito di cittadinanza, ma basterebbe la garanzia di un salario congruo, che conteggi le ore di lavoro effettive, della possibilità di richiedere un permesso per malattia senza cadere in ricatti, oppure della concessione delle ferie pagate, che nel mondo della ristorazione e del turismo non esistono. 

Ad ogni modo, quando sono state introdotte le restrizioni per arginare la circolazione del virus da Covid-19, le prime chiusure hanno riguardato sempre bar e ristoranti, luoghi in cui la diffusione del virus era agevolata dalla necessaria assenza della mascherina per poter consumare. Molti imprenditori del settore hanno dovuto dichiarare il fallimento, oltre 22mila pubblici esercizi si sono visti costretti a chiudere a causa delle continue limitazioni allo svolgimento del loro lavoro.

Chi era impiegato nel settore ha probabilmente preso una strada diversa, solamente poi è arrivata la presa di coscienza sulle condizioni di lavoro e su cosa si era accettato fino al giorno prima pur di lavorare. Già un anno fa Vulcano ha pubblicato un focus sui lavori che scompaiono nel periodo di pandemia e su come non tutti hanno la possibilità di riaprire dopo le restrizioni.

Non solo i lavoratori stagionali, ma anche i braccianti agricoli hanno pagato le spese della pandemia nel nostro Paese.

In seguito ai vari lockdown, che hanno impedito gli spostamenti, si è ridotto di molto il numero di braccianti. Questo perché spesso le persone che trovano impiego nel settore agricolo sono immigrati senza contratto, i quali quindi non potevano dimostrare uno spostamento necessario per motivi lavorativi come previsto dalle autocertificazioni. Hilal Elver, delle Nazioni Unite, in una visita nei campi agricoli in Italia aveva affermato che «In agricoltura lavora la più elevata quota di lavoratori irregolari in relazione al numero totale di impiegati nel settore».

Le condizioni di lavoro precarie di chi lavora come bracciante permettono a tutti l’acquisto di frutta e verdura nei supermercati e questo sistema di sfruttamento non si limita al nostro Paese, ma è diffuso in tutto il mondo. Questo metodo si basa, ad ogni modo, sul fatto che per poter sostenere un livello di benessere elevato per i Paesi più ricchi moltissime persone rimangano schiacciate dalle condizioni di schiavismo in cui verte il mondo del lavoro.

Secondo l’opinionista del New York Times Ezra Klein, il motivo per cui continuiamo a supportare un sistema che svantaggia molti a favore di pochi risiede nella possibilità di ottenerne dei benefici. A tutti piace poter avere a disposizione la consegna in 24 ore, ordinare tramite JustEat il proprio cibo preferito (portato da un fattorino che dovrà portare a termine la consegna in qualsiasi condizione atmosferica), compriare frutta e verdura proveniente da luoghi in cui il salario minimo non esiste e le condizioni di lavoro sono paragonabili a una vera e propria condizione di schiavitù.

Ezra Klein rimarca nel suo articolo come questa sia «la verità che non vogliamo sentirci dire», perché siamo nati fortunati, ci troviamo dalla parte di chi beneficia di tutto questo e non dal lato di chi viene sfruttato e in condizioni sempre precarie; se si guarda ai dati, una persona su cinque nelle regioni in via di sviluppo vive con meno di 1,25 dollari al giorno.L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha elaborato i 17 obiettivi dell’Agenda 2030, quindi, che pongono come primo scopo quello di eliminare ogni forma di povertà nel mondo, ma ci sono voci critiche che mostrano come le nostre soluzioni siano equiparabili al voler riparare una maglia irrecuperabile.

Jessica Rodenghi
Jessica, attiva nel mondo e nelle società, per fare buona informazione dedicata a tutti e tutte.

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