Radici racconta fatti, personaggi e umori della storia della Prima Repubblica italiana, dal 1946 al 1994. Oggi ripercorreremo la storia dei NAR, l’organizzazione terroristica responsabile della strage di Bologna nel 1980. A questo link trovate gli articoli precedenti della rubrica.
I Nuclei armati rivoluzionari, conosciuti come NAR, furono un’organizzazione terroristica di estrema destra attiva in Italia tra il 1977 e il 1981, ritenuta responsabile di decide di omicidi a sfondo politico e della strage di Bologna che, nel 1980, portò alla morte di ottantacinque persone. L’organizzazione nacque a Roma negli ambienti neofascisti, quando dei giovani militanti iniziarono a mettere in discussione la posizione del partito di riferimento, il Movimento Sociale Italiano, giudicata sterile e immobilista e iniziarono a pensare di intraprendere la lotta armata contro lo Stato.
La struttura dei NAR, a differenza delle altre reti terroriste diffuse all’epoca, non era rigidamente gerarchica, ma liquida. Attorno alla figura del giovane dissidente missino Valerio Fioravanti e ad altre figure di spicco come suo fratello Cristiano, Francesca Mambro, Dario Pedretti, Alessandro Alibrandi e altri vi era poi una serie di militanti provenienti dalla più ampia galassia dell’estrema destra. Quello che i NAR volevano favorire era lo spontaneismo armato.
I primi attacchi promossi dal gruppo terroristico furono indirizzati contro le sedi dei quotidiani Il Messaggero il 30 dicembre del ’77 e del Corriere della Sera il 4 gennaio 1978, dove per la prima volta utilizzarono la loro sigla per rivendicare l’azione. Valerio Fioravanti precisò che «La sigla nacque perché la sinistra si era inventata questa storia delle sigle e delle rivendicazioni. Così qualcuno cominciò a tirare fuori anche a destra e venne fuori NAR, che somigliava ai NAP, Nuclei Armati Proletari, che a quei tempi erano una delle principali organizzazioni armate della sinistra».
Un punto di svolta nella storia dei NAR fu la strage di Acca Larenzia quando, il 7 gennaio del ’78, alcune persone tuttora non individuate, probabilmente appartenenti a movimenti della sinistra extraparlamentare, spararono contro una sezione del Movimento Sociale Italiano uccidendo due giovani militanti, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta. Negli scontri che scoppiarono nelle ore successive un poliziotto esplose un colpo d’arma da fuoco ad altezza d’uomo che colpì Stefano Recchioni, un missino di diciannove anni, il quale morì pochi giorni dopo. I quadri dirigenziali dell’MSI si rifiutarono di raccogliere le firme per denunciare l’ufficiale che i giovani militanti accusavano dell’omicidio di Recchioni, per non compromettere l’immagine del partito vicino alle forze dell’ordine e in questo modo lo strappo con i giovani militanti movimentisti fu definitivo.
Da quel momento in poi la violenza dei NAR aumentò a dismisura e anche il loro seguito.
Molte persone vicine all’estrema destra decisero di impugnare le armi. La dimostrazione di questo cambio di rotta giunse poco più di un mese dopo, il 28 febbraio, quando otto militanti dei NAR giunsero nei pressi di una casa occupata in cui, secondo una voce che circolava negli ambienti estremisti, abitavano i presunti responsabili dei fatti di Acca Larentia. Tuttavia, al loro arrivo non trovarono nessuno perché la casa era stata precedentemente sgomberata e anziché ritirarsi se la presero con alcuni ragazzi riuniti in un parchetto della zona, noto come ritrovo di militanti di sinistra. Individuato il gruppo scesero dalle auto e iniziarono a sparare causando un fuggifuggi generale e lasciando a terra un ragazzo ferito, Roberto Scialabba, che fu poi freddato da Valerio Fioravanti con due colpi alla testa.
Oltre agli attentati e le intimidazioni contro obiettivi di sinistra, comprese radio, circoli femministi e sezioni di partito, i NAR iniziarono a compiere rapine e a intrattenere rapporti con criminali comuni per rafforzarsi militarmente ed economicamente. Queste azioni portarono il gruppo a macchiarsi del sangue di agenti delle forze dell’ordine e altri comuni cittadini a cui si aggiunsero i primi omicidi contro i magistrati, che iniziavano a indagare sull’organizzazione terroristica. Uno su tutti Mario Amato, il sostituto procuratore ucciso il 23 giugno 1980 per aver osato indagare sui movimenti eversivi di destra. Tuttavia la macchia più grande nella storia dei NAR fu la strage di Bologna, in cui ottantacinque persone persero la vita dopo lo scoppio di un ordigno posto nella sala d’aspetto della stazione centrale. Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini furono condannati all’ergastolo come esecutori materiali della strage, insieme a Gilberto Cavallini al momento condannato in primo grado.
Il movente della strage andrebbe individuato nella cosiddetta “strategia della tensione”, una stagione caratterizzata da attentati contro la popolazione civile al fine di terrorizzare il paese e giustificare una svolta autoritaria. Successivamente alla strage sia la banda della Magliana, che aveva sempre avuto rapporti coi NAR, sia la P2 furono riconosciuti colpevoli di aver depistato le indagini. Inoltre la P2 insieme ad alcuni componenti dei servizi deviati, secondo le ultime indagini della Procura generale di Bologna, sarebbero i mandanti della strage. Nello specifico il faccendiere Licio Gelli avrebbe pagato cinque milioni di dollari ai NAR per compiere il terribile attentato.