Lo scorso 15 luglio, la Camera dei deputati ha approvato la risoluzione che autorizza le missioni militari disposte dal Governo all’estero. Per l’approvazione definitiva sarà necessario un ultimo passaggio in Senato, che si svolgerà presumibilmente all’interno delle Commissioni Esteri e Difesa.
Ogni anno il Parlamento deve rinnovare la sua autorizzazione alla conduzione delle missioni militari all’estero: nel 2021, l’Italia si trova impegnata in 40 missioni militari, con un contingente di circa 9.500 unità.
Di queste missioni, fa sempre più scalpore quella che prevede la collaborazione tra le istituzioni italiane e la Guardia Costiera libica.
Una collaborazione fatta di finanziamenti, addestramento, appoggi strategici, utili sia all’Italia e all’Europa per frenare il traffico migratorio della tratta mediterranea, sia alla Libia, e in particolare al giovane governo libico, per rafforzare il suo controllo sul territorio.
Infatti, dopo il rovesciamento di Muammar Gheddafi (2011) la Libia era entrata in una situazione di profonda crisi politica, che ha condotto a una vera e propria guerra civile. Da sette anni il territorio era diviso in due, spaccato tra il Government of National Accord, con sede a Tripoli, e l’Esercito Nazionale Libico, controllato dal generale Haftar.
Soltanto a marzo 2021 è nato il primo governo di unità nazionale, guidato fino alle prossime elezioni da Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, uno degli uomini più ricchi del Paese. E proprio la nascita del nuovo governo libico ha portato il premier Mario Draghi, longa manus dell’Unione Europea, ad intensificare il sostegno italiano alle operazioni condotte nel Mediterraneo dalla Guardia Costiera Libica.
Il sostegno alla Libia e alla sua Guardia Costiera non è cosa recente.
Da tempo l’Unione Europea si avvale dei Paesi strategici per le migrazioni, come Libia o Turchia, per bloccare i migranti irregolari ed evitare che si disperdano nello Spazio Schengen. Questo tipo strategia, alla base delle relazioni tra governo italiano e Guardia Costiera Libica, non si è indebolito neanche a seguito della pubblicazione di un dossier ONU del 2019, che rende noti gli abusi di potere della Guardia Costiera, la collusione dei suoi vertici con i trafficanti di esseri umani operanti lungo le tratte migratorie e le condizioni disumane in cui i migranti vengono arrestati, detenuti ed abusati nei centri di detenzione libici.
Uno scandalo che non sembra comunque mettere in dubbio la genuinità della missione italiana contenuta nella Scheda 48: nonostante tra il 2019 e il 2021 siano cambiati tre governi, caratterizzati da differenti colori politici, la Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (MIASIT) è stata sempre autorizzata, con il benestare tanto della destra italiana, da qualche anno incardinata sulla lotta all’immigrazione, quanto della maggioranza della sinistra. Infatti, soltanto 40 deputati hanno votato la mozione per lo stop alla missione della Guardia Costiera Libica: 10 deputati di LeU, 13 del gruppo misto, 8 del M5S e 9 del PD.
Il PD dal canto suo non sta ignorando completamente il problema, ma resta profondamente diviso a livello interno. Sia il ministro Guerini sia Enrico Letta hanno ribadito la volontà di rinunciare alla conduzione della Missione come Italia, proponendo di rimettere nelle mani dell’Unione Europea la gestione delle relazioni con la Guardia Costiera.
Tale soluzione non assicura l’impegno sul fronte della tutela dei migranti, ma permetterebbe alla sinistra nazionale di ricompattarsi sul tema delle migrazioni e di porre la Libia di fronte a un interlocutore certamente più potente.