Del: 14 Luglio 2021 Di: Luca D'Andrea Commenti: 2
Radici. Mani Pulite, una rivoluzione fallita

Radici racconta fatti, personaggi e umori della storia della Prima Repubblica italiana, dal 1946 al 1994. Oggi ripercorriamo le vicende legate a Mani Pulite, dall’arresto di Mario Chiesa alla capitolazione del governo Amato. A questo link, invece, trovate gli articoli precedenti della rubrica.


I partiti della Prima Repubblica erano macchine complesse e stratificate gerarchicamente. Alla base le sezioni territoriali, i consigli di zona, poi le segreterie cittadine, provinciali e regionali e a livello nazionale la segreteria generale del segretario del partito, una o più segreterie per i vicesegretari, un organo esecutivo rappresentato dalla direzione e, infine, un comitato centrale o un’assemblea nazionale. Questa struttura garantiva un percorso che serviva da “gavetta” per chi voleva entrare in politica, ma naturalmente era molto dispendioso. Mantenere le sezioni territoriali costava moltissimo e anche per questo si spiegano i finanziamenti illeciti percepiti dai partiti.

All’inizio del 1992 dodici Paesi, tra cui l’Italia, firmarono il trattato di Maastricht formando l’Unione Europea, ma questa notizia venne presto messa in secondo piano da un caso giudiziario che i giornali definirono “Tangentopoli”.

Il 17 febbraio il sostituto procuratore Antonio Di Pietro arrestò a Milano il dirigente socialista e Presidente del Pio Albergo Trivulzio Mario Chiesa, mentre si apprestava a incassare una tangente per affidare un appalto a una società di pulizie. La notizia fece scalpore ed ebbe molta eco sui quotidiani e nelle televisioni, ma la portata del suo arresto venne sminuita dal segretario del partito socialista Bettino Craxi, che definì Chiesa “un mariuolo isolato”.

Nel frattempo la situazione politica in Italia era instabile, i cittadini erano stati chiamati alle urne il 6 aprile e il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga si era dimesso poco dopo. Il nostro paese aveva un governo provvisorio ed era senza un Presidente della Repubblica, tutto questo mentre Mario Chiesa, dopo cinque settimane di silenzio in cella, iniziava a parlare descrivendo quello che era un vero e proprio sistema di tangenti a beneficio dei partiti politici, una storia ben diversa da quanto diceva Craxi. A complicare la situazione nel Paese si aggiunse il tritolo di Cosa Nostra, che il 23 maggio uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della scorta. Due giorni dopo il Parlamento si affrettò a eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, che il mese dopo affidò al socialista Giuliano Amato il compito di formare un governo.

Le difficoltà che dovette affrontare l’esecutivo furono molteplici: dalla lotta alla mafia, alla lotta contro la speculazione finanziaria che colpiva la nostra moneta, fino ad arrivare a confrontarsi con le inchieste giudiziarie, che travolgevano tanto il governo quanto il Parlamento a suon di avvisi di garanzia, spiattellati sulle prime pagine dei giornali, suscitando l’indignazione dell’opinione pubblica nei confronti della classe politica, giudicata totalmente inadeguata e profondamente corrotta.

I partiti politici tradizionali iniziarono a perdere consensi facendone guadagnare a nuove formazioni che cavalcavano il sentimento dell’antipolitica come la Lega Nord.

Parallelamente al grande polverone, all’interno della classe politica tradizionale si pensava a un modo per tutelarsi dagli attacchi della magistratura e venne così varato il “decreto Conso”, dal nome del Ministro della Giustizia del governo Amato, che prevedeva la depenalizzazione del reato di finanziamento illecito ai partiti. D’altra parte, come affermato da Bettino Craxi in un intervento in Parlamento:

E tuttavia, d’altra parte, ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale […]. Non credo che ci sia nessuno in quest’Aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro.

Perciò colpire la politica, secondo quella lettura, significava attaccare la democrazia. Gran parte dell’opinione pubblica e dei media ovviamente non concordavano con questa considerazione e si scagliarono contro il decreto Conso, rigettato infine dal Presidente della Repubblica Scalfaro, che dimostrò di supportare il pool di Milano, che peraltro era sceso in piazza per dare supporto ai manifestanti contro il decreto. Il vento tirava decisamente dalla parte di Mani Pulite, che si rivolse anche al mondo economico venendo a conoscenza della “madre di tutte le tangenti”, la maxitangente Enimont, pagata a tutti i partiti politici per avere un notevole sgravio fiscale nella fusione della Eni con la Montedison.

Diversi imprenditori finirono in carcere e in poco tempo, tra gli altri, si suicidarono Raul Gardini, Gabriele Cagliari e Sergio Moroni, quest’ultimo poi ritenuto estraneo ai fatti imputatigli. Anche per questo, negli anni seguenti, il pool verrà molto criticato per l’utilizzo spregiudicato dello strumento della carcerazione preventiva e per aver trasformato uno strumento a tutela dell’indagato, l’avviso di garanzia, in un atto di colpevolezza agli occhi dell’opinione pubblica, che non indietreggiò neanche davanti ai suicidi, giudicandoli come una confessione di colpevolezza.

Il governo Amato crollò sotto il fuoco degli avvisi di garanzia e un terzo del Parlamento era composto da inquisiti.

In totale furono 2.565 gli imputati di Mani Pulite, tra cui più di 1.400 condannati. I partiti politici che avevano profondamente segnato il secondo dopoguerra, come la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista Italiano, sparirono. Simbolo assoluto di questo tracollo fu la fuga per sfuggire agli arresti di Bettino Craxi in Tunisia, ad Hammamet, luogo in cui morì il 19 gennaio del 2000 da latitante. Secondo uno sguardo critico della vicenda, Mani Pulite fu una rivoluzione fallita, perché non eliminò nel nostro paese il fenomeno della corruzione e, condannando una classe politica, assolse un popolo intero che era stato correo di quel sistema, proprio com’era successo cinquant’anni prima per le colpe del ventennio fascista.

Bibliografia:

  • S. Colarizi, M. Gervasoni, La tela di Penelope: storia della Seconda Pepubblica.
Luca D'Andrea
Classe 1995, studio Storia, mi piacciono le cose semplici e le storie complesse.

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