
«Il dovere di un soldato è proteggere il proprio paese», questa è la convinzione che ha portato il colonello Mamady Doumbouya ad essere portavoce e leader del colpo di stato militare che ha deposto il primo presidente democraticamente eletto in Guinea, Alpha Condé.
Il colonello, appena quarantunenne, il secondo più giovane tra i leader del West Africa, ha parlato alla stampa domenica 5 settembre, giorno in cui diverse persone hanno testimoniato di aver udito colpi da arma da fuoco all’interno del palazzo presidenziale a Conakry, capitale del Paese. Avvolto nella bandiera della Guinea, Doumbouya ha annunciato alla nazione la dissoluzione del governo del presidente Condé e l’annullamento della costituzione. «La personalizzazione della politica è giunta al termine – ha affermato –. Non affideremo nuovamente la politica ad un uomo, ma la affideremo al popolo».
Le dichiarazioni del militare sono state accolte con calore e festeggiamenti dalla folla, scesa in strada a urlare il nome di Doumbouya, seguito dall’invocazione alla libertà.
Se Alpha Condé aveva preso il potere nel 2010 professando i valori democratici, non si può dire che dieci anni più tardi abbia dimostrato le stesse inclinazioni. Nel marzo 2020, infatti, Condé si rese promotore di una modifica costituzionale per togliere il limite dei due mandati per il presidente, così da poter restare in carica per altri sei anni. Il referendum dell’ottobre 2020 confermò la modifica, ma le rivolte si intensificarono: fu arrestata un’ottantina di manifestanti e di questi ne morirono a dozzine. Inoltre, su Condé gravano pesanti accuse di corruzione e di mancato rispetto dei diritti umani, soprattutto nei confronti dei propri oppositori politici.
«Se si guarda allo stato delle nostre strade, dei nostri ospedali, è facile realizzare che dopo 72 anni è tempo di svegliarsi – ha dichiarato il leader dell’esercito, facendo riferimento ai continui disordini politici e istituzionali nella storia della Guinea – Ora dobbiamo svegliarci».
L’ex capo di Stato guineano ha inizialmente portato il Paese verso un significativo sviluppo dell’economia: il suo governo si è reso artefice di importanti innovazioni nell’esportazione della bauxite, componente fondamentale dell’alluminio, assegnando al Paese un ruolo chiave all’interno della rete commerciale mondiale. Proprio le operazioni per l’estrazione della bauxite hanno acceso la miccia, già nel 2018, di violente proteste delle popolazioni rurali, il cui benessere quotidiano è stato messo a dura prova, come documentato da Human Rights Watch.
Con il colpo di stato, i mercati internazionali hanno espresso preoccupazione nei confronti delle miniere di bauxite, per l’aumento dei prezzi e la carenza di scorte. Tuttavia, nella stessa conferenza stampa del 5 settembre, Doumbouya ha chiarito che i lavoratori delle miniere sono esentati da qualunque tipo di coprifuoco e che le operazioni di estrazione dovranno continuare regolarmente. Anche il principale produttore di alluminio cinese, che da qualche anno finanzia un progetto di estrazione della bauxite in Guinea, ha assicurato che non si è verificato alcun danno alle miniere e che le operazioni stanno procedendo regolarmente. Il Cremlino si augura che gli affari russi, concentrati in due miniere di bauxite e una raffineria, non soffrano le conseguenze del cambiamento politico.
A due settimane dal golpe, il presidente Condé si trova ancora sotto la custodia dell’esercito. Vane le richieste della Ecowas, l’Economic Community of West African States, e dell’Unione Africana: entrambe le organizzazioni hanno sospeso gli accordi con la Guinea a seguito dell’arresto del presidente, le cui ultime notizie risalgono alle ultime ore di domenica 5 settembre, quando è diventata virale una foto di Condé circondato da militari armati. Non sono state sufficienti le rassicurazioni di Doumbouya, che ha garantito la tutela della dignità personale e della salute dell’ex presidente.
«Le autorità hanno espresso profonda preoccupazione riguardo il colpo di stato del 5 settembre 2021 e le sue conseguenze per la stabilità e la pace nella regione», così si sarebbero espressi i leader del West Africa, mentre Ecowas ha riconfermato la propria opposizione «a ogni cambiamento politico avvenuto per mezzi anticostituzionali e la condanna, nei termini più duri, del golpe militare».
Anche le Nazioni Unite si sono espresse con durezza, attraverso le parole dell’alto ufficiale e segretario generale António Guterres: «Sto seguendo personalmente e molto da vicino la situazione in Guinea. Condanno fortemente l’acquisizione del governo con la forza delle armi e chiedo l’immediato rilascio del presidente Alpha Condé».
Ora il futuro del paese è incerto. Doumbouya ha dichiarato l’intenzione del corpo militare di affermare un governo di unità nazionale, ma le tempistiche rimangono ignote.
I partiti di opposizione hanno accolto con molta cautela quanto successo. Mamoudou Nagnalen Barry, membro fondatore del partito d’opposizione del Fronte Nazionale per la Difesa della Costituzione, ha dichiarato ai giornalisti della BBC di essere “tristemente felice di quanto accaduto”: «Non vogliamo essere felici – chiarisce Barry – grazie a un colpo di stato, ma in alcune circostanze come quelle che si sono verificate in Guinea, diremo che siamo molto contenti di ciò che sta accadendo: senza questo, il paese sarebbe rimasto incastrato nell’infinito potere di un uomo che avrebbe voluto stare al potere all’infinito».
Le forze di opposizione stanno correntemente dialogando con i militari per affrettare la transizione del potere nei confronti del popolo, così da poter indire nuove elezioni per la presidenza. Lo scorso martedì 14 settembre i militari si sono confrontati con i leader dei maggiori partiti politici, con i rappresentanti regionali e, infine, con le principali organizzazioni religiose.
«Abbiamo intenzione di tornare alle nostre rispettive alleanze per provare a formulare i nostri piani e le nostre proposte che sottoporremo alle nuove autorità», così si è espresso il leader del principale partito di opposizione Unione delle Forze Democratiche della Guinea, Cellou Dalein Diallo, per tre volte candidato alle elezioni presidenziali contro Condé, ma senza successo.
I principali leader della Ecowas continuano a dialogare con le autorità militari, nella speranza di riportare al più presto la pace nel Paese e abrogare il blocco posto dall’organizzazione nei confronti della Guinea. I ministri di Burkina Faso, Ghana, Nigeria e Togo sono giunti sul suolo guineano nella giornata di giovedì 17 settembre come rappresentanti della Ecowas. I ministri sembrano intenzionati ad insistere sul rilascio di Condé, mentre il colonello Doumbouya sembra voler usare la sua custodia come merce di scambio durante le negoziazioni.
«Ormai è diventato un gioco: aspettare e vedere – dichiara Ahmed Idris, giornalista di Al Jazeera –. Tutti pensavano che la transizione del potere sarebbe stata molto più rapida, ma in questi dieci giorni non è successo ancora nulla».