Del: 30 Ottobre 2021 Di: Laura Cecchetto Commenti: 1

Nonostante l’innegabile progresso che ha interessato il mondo lavorativo femminile nel Novecento, globalmente siamo ancora ben lontani dal raggiungere la parità di genere in questo ambito. Secondo il rapporto centenario sulle donne e sul lavoro, redatto nel 2019 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), nel 2018 circa 1,3 miliardi di donne erano occupate in un impiego, rispetto a 2,0 miliardi di uomini.

Tassi di occupazione a livello globale
Fonte: stime OIL novembre 2018

Qual è la causa di questa discrepanza? Esistono delle «differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi», come ha affermato il Professor Alessandro Barbero qualche giorno fa? Certamente sì. Oltre alle innegabili caratteristiche fisiche e biologiche che distinguono i due generi principalmente per la procreazione, sono insiti nella società atteggiamenti, pregiudizi e regole che arrecano svantaggi non indifferenti al genere femminile.

Sin dall’alba dei tempi, il genere femminile è stato trattato come minoranza. Nel tempo si sono sviluppati preconcetti storico-culturali dettati da una società creata a misura di maschio, dominata dal patriarcato, con marginali parentesi nelle quali alcune donne sono riuscite ad emergere (fra i pochi esempi, Cleopatra, Caterina di Russia, Margaret Thatcher), gettando le basi per un millenario processo di emancipazione femminile. La stragrande maggioranza delle donne è costretta a continue discriminazioni, non soltanto sul luogo di lavoro, dove da sempre manca l’uguaglianza di genere nella rappresentanza e nelle condizioni lavorative.

Statisticamente, le donne hanno meno probabilità di essere occupate rispetto agli uomini.

Qualora abbiano un impiego, spesso è poco qualificato o legato alla sfera casalinga e familiare, quindi sottostimato, sottopagato e con condizioni peggiori rispetto a quelle degli uomini. Nel mondo, 647 milioni di donne in età lavorativa svolgono un lavoro non retribuito e a tempo pieno nell’assistenza e nella cura; di contro, gli uomini occupati in tale ambito sono solo 41 milioni. Il lavoro di cura non retribuito è una delle ragioni per cui le donne non riescono ad entrare nel mercato del lavoro. Sono poche le donne impiegate in settori manageriali e dirigenziali: solo il 27,1% dei dirigenti sono donne, sebbene le donne manager posseggano un più alto livello di istruzione rispetto ai manager uomini.

Un altro elemento di svantaggio occupazionale per le donne è legato all’accudimento dei figli: solo il 45,8% delle madri con figli al di sotto dei 6 anni riesce a trovare lavoro, rispetto al 79,5% dei padri. A ciò si aggiunge lo svantaggio retributivo dovuto alla maternità, mentre i padri beneficiano di un premio salariale.

Tassi di occupazione per donne e uomini con o senza figli
Fonte: calcolo OIL a partire dalle indagini sulla forza lavoro e sulle famiglie.

Questo divario è dovuto al fatto che gli uomini sono considerati capofamiglia e, in quanto tali, responsabili nel portare a casa uno stipendio, mentre le donne vengono delegate alla cura della casa e del nucleo familiare. Infatti, oltre a svolgere le proprie mansioni lavorative, se ne hanno, le donne dedicano in media 4 ore e 25 minuti ogni giorno al lavoro di cura non retribuito, rispetto a 1 ora e 23 minuti per gli uomini. Per questo motivo, il divario salariale di genere si attesta intorno al 20%. A parità di lavoro, sebbene i loro livelli di istruzione siano uguali o superiori, le donne risultano meno pagate rispetto agli uomini.

In aggiunta, influiscono sulla partecipazione e sulla qualità del lavoro femminile le violenze e le molestie subite sul luogo di lavoro, nonché la sottorappresentazione delle donne nelle organizzazioni dei datori di lavoro e nei sindacati che dovrebbero occuparsi della loro tutela.

Esiste, inoltre, un ampio rischio di rallentamento del cammino verso la parità tra generi dovuto all’impiego sempre più consistente di tecnologie in campo lavorativo, per la mancanza di una gestione efficace delle transizioni lavorative in seguito all’automazione di lavori manuali realizzati principalmente dalle donne.

Un miglior futuro lavorativo femminile è realizzabile solamente con l’eliminazione delle discriminazioni, delle disuguaglianze e degli stereotipi che nel corso del tempo si sono stratificati e radicati nella società.

È dunque necessario, in primo luogo, riconoscere il valore del lavoro femminile impegnandosi nel tracciare un percorso che miri concretamente a un’uguaglianza di genere, affinché donne e uomini abbiano pari opportunità, senza violenze e molestie; un percorso che porti le donne ad occupare più posizioni apicali, che garantisca loro un salario adeguato e pari a quello degli uomini, che non le discrimini in quanto donne e madri, che garantisca un futuro lavorativo giustamente retribuito nei servizi di assistenza e di cura, con finanziamenti per le infrastrutture, la protezione sociale e i pubblici servizi nel settore dell’assistenza e della cura, che le supporti nelle transizioni lavorative con l’apprendimento permanente e che dia loro voce e rappresentanza. 

Laura Cecchetto
Scopro il mondo e me stessa con il naso dentro a un libro, rifletto su ciò che mi circonda e prendo appunti. Narro ciò che leggo, e di conseguenza ciò che provo, per relazionarmi con ciò che mi sta attorno, possibilmente con una tazza di tè sulla scrivania.

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