Del: 24 Ottobre 2021 Di: Riccardo Garosi Commenti: 0

Oggi nel mondo, rispetto a 150 anni fa, lavoriamo molto meno, ma il gap tra i diversi Stati a livello globale è ancora significativo e molti di essi stanno pensando di rivedere il proprio sistema in termini di orario di lavoro. Germania, Lussemburgo, Austria, Francia, Finlandia e Belgio sono i Paesi europei in cui si lavora meno ore alla settimana. Anche l’Islanda nel 2019 è riuscita a ridurre l’orario di lavoro per decine di migliaia di persone. Proprio in quest’ultimo Paese, basandosi su due studi che hanno dimostrato la diretta correlazione tra diminuzione delle ore di lavoro e aumento della produttività e benessere, c’è stata la riduzione da 40 a 36 ore lavorative settimanali.

E l’Italia? L’Italia risulta essere tra i primi Stati in termini di ore lavorate, ma tra gli ultimi se consideriamo la produttività. Esattamente all’opposto della Germania dove vi è la produttività più alta a livello europeo nonostante il minor numero di ore lavorate. Se parliamo di ore di lavoro, pensiamo sicuramente agli aspetti economici e sociali che queste andranno ad influenzare; tuttavia, c’è un altro aspetto da tenere in considerazione, ossia quello della sostenibilità ambientale.

Oltre ad aumentare l’occupazione e ridurre le disuguaglianze, la riduzione dell’orario di lavoro infatti porta a diminuire le emissioni climalteranti. In che modo?

Negli ultimi anni sono stati svolti alcuni che studi che hanno analizzato la possibile correlazione tra giornate di lavoro più corte e diminuzione di emissioni inquinanti. I due effetti vengono definiti effetto di scala e di composizione. Il primo sostanzialmente porterebbe ad una riduzione di produzione di beni e servizi a causa della diminuzione del reddito individuale. Il secondo prevede la possibilità di aumentare la “sostenibilità” dei comportamenti individuali grazie all’aumento del tempo libero; ad esempio, nelle scelte alimentari più attente e consapevoli in termini ambientali, oppure un maggior sfruttamento dei mezzi pubblici e della micromobilità. 

Nel dettaglio, è stato calcolato che una riduzione del tempo di lavoro legata ad una paga oraria inalterata (quindi ridotta se tradotta mensilmente) porterebbe ad una crescita dell’occupazione e una diminuzione dell’inquinamento; mentre tenere inalterata la paga mensile porterebbe ad un forte aumento del tasso di occupazione al cospetto di un moderato calo delle emissioni inquinanti. In caso di riduzione delle ore di lavoro, un altro aspetto legato alla rivoluzione green da tenere in considerazione è quello del miglior adattamento (grazie al maggior tempo a disposizione) alle nuove abitudini che inevitabilmente la transizione ecologica sta portando e porterà.

Illustrazione di Michele Bettollini

Riccardo Garosi
Politico in erba, mi piace parlare di sostenibilità in maniera trasversale. Scrupolosamente attento all'ambiente da far invidia a Greta Thunberg. Grande amante del cibo.

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