
Il Diario notturno consiste in una raccolta di pensieri, racconti e aforismi annotati dallo scrittore giornalista e drammaturgo Ennio Flaiano nel corso di una decina di anni.
Ennio Flaiano (1910-1972) inizia la sua attività di scrittura all’inizio degli anni Trenta, collaborando per riviste tra cui L’Italia letteraria e Occidente, dove si occupa principalmente di scrivere recensioni di libri. In contemporanea svolge la professione di scenografo attraverso cui ha l’occasione di approfondire la sua passione per il cinema, tanto da riuscire a collaborare, alla fine del periodo di censura fascista e quindi a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, alla scrittura di sceneggiature per i più importanti registi italiani del tempo, tra cui Roberto Rossellini, Vittorio Sala e Federico Fellini.
La sensazione che si ha dopo la lettura di Diario Notturno di Flaiano è simile a quella che prova un bambino dopo aver fatto un solo giro nelle montagne russe e, impaziente, vorrebbe farne altri.
Ogni annotazione possiede una forte autonomia formale e tematica ed è portatrice di una carica espressiva notevole che sembra quasi incompiuta nella sua brevità. Dice, infatti, l’autore proprio all’interno dell’opera: «Quando un tale dice “Ho un’idea” e insiste per esporla, so di che si tratta: di un’idea che resterà nel suo bozzolo. Tutti hanno idee, ma il difficile sta proprio nel domarle, nel mettersi a tavolino e vincere lo sgomento della carta bianca». La potenza espressiva di cui si è parlato sopra consiste proprio nella capacità di Flaiano di vincere lo sgomento della carta bianca e regalarci frammenti di vivace riflessione.
L’inizio dei racconti coincide tendenzialmente con la fedele descrizione di fatti quotidiani che poi subiscono una deviazione inaspettata, per la maggioranza dei casi, attraverso cui il lettore è obbligato a seguire una strada non convenzionale con cui Ennio Flaiano distrugge completamente la percezione normale del mondo, rendendola nuova. Seguendo le sue parole in un racconto di questa raccolta il giornalista e drammaturgo scrive: «Ogni cosa ci appare sotto una nuova dimensione. Quale è il nostro futuro? Potremo allungare la nostra vita, combattere le malattie, evitare le guerre, dare pane a tutti?».
Leggere il Diario notturno di Flaiano significa poi entrare nell’officina creativa dello scrittore.
Infatti, oltre al loro valore già di per sé significativo e ludico, questi racconti rispondono pienamente alla domanda: “Che cosa viene prima di una sceneggiatura, di un romanzo compiuto?”. Le infinite immagini raccolte all’interno dell’opera risultano uno studio preliminare, materia indefinita e potenzialità inesplosa che possono essere lo spunto per qualcosa di più grande, più strutturato.
E così è stato per alcune di queste idee, tra cui, ad esempio, il racconto del marziano che atterra a Roma. Si tratta di un piccolo racconto, forse il più complesso inserito all’interno della raccolta del Diario notturno, in cui lo scrittore si immagina cosa avrebbe pensato un marziano, un alienato dalla cultura umana, dei comportamenti e delle usanze dell’uomo. Ma non solo questo, anche come avrebbe reagito l’umanità al suo arrivo, specialmente il popolo romano.
Da queste poche pagine inserite alla fine della raccolta, Flaiano prende l’ispirazione per una delle sue più importanti opere teatrali, Un marziano a Roma, pubblicata per la prima volta nel 1960 e che esordisce nei teatri italiani con Vittorio Gassman nei panni dell’attore protagonista. Osservando che il racconto compare già nel taccuino del 1956, ci si può rendere conto di quanto tempo queste immagini abbiano bisogno di lievitare per diventare strutture più complesse e organizzate.
Ma ancor più delle sue drammaturgie teatrali, non si può tralasciare l’importanza del Diario notturno per le sue drammaturgie cinematografiche, in particolare in relazione al lungo e fiorito periodo di collaborazione che lo scrittore ha portato avanti con il regista Federico Fellini.
Risulta quindi più che legittimo considerare riflessioni contenute nel Diario Notturno come «L’Italia è un paese dove la donna è per antonomasia, non Beatrice, ma la domestica» il substrato embrionale di dialoghi più sviluppati come quella tra Marcello e Anna nel film La dolce vita, dove il tema del ruolo della donna nella società del tempo non era di certo ai margini della scrittura. Oppure, intravedere in frasi come «L’assassino è stato crudele con la donna del lago, non tanto nel toglierle la vita, quanto nel toglierle le poche soddisfazioni già fissate dalle tradizioni» l’epilogo o il filo conduttore che lega le vicende de Le notti di Cabiria.
Articolo di Simone Muciaccia.