Il 15 di ogni mese, 5 album per tutti i gusti: Giradischi è la rubrica dove vi consigliamo i dischi usciti nell’ultimo mese che ci sono piaciuti.
Bromance, Mecna & CoCo (Universal) – recensione di Chiara del Corno
Chi trova un amico trova un tesoro o, in questo caso, anche un ottimo collaboratore artistico.
Uscito il 22 ottobre, Bromance è il titolo del nuovo album di Mecna e CoCo che rispecchia alla perfezione la sintonia e complementarità dei due cantanti in questo freschissimo sodalizio artistico, oltre che amicale.
Il genere è tutto loro: potremmo parlare di rap, ma le venature nostalgico-sentimentali contendono le tracce anche al pop, il tutto condito con rimandi all’R&B, al nu soul e all’urban. Il risultato è un’atmosfera quasi eterea con tutta la concretezza del rap che, a sua volta, non toglie spazio a una costellazione di dinamiche sentimentali ed esperienziali genuine e sincere.
Bromance è una felice “autobiografia a due”, tramite cui si dà al rap tutta una nuova vena intimistica, ampliando il suo raggio d’azione narrativo al racconto di una sincera amicizia tra due ragazzi, contro ogni stereotipo che associa il genere a una mascolinità tipicamente tossica e machista.
Contro la paura di dimostrarsi romantici e a favore di una delicata riflessione su di sé, è la voglia di sperimentare e di (ri)scoprirsi che lega Mecna e CoCo in una bromance speciale perché messa a nudo e valorizzata artisticamente.
Mystic Motel, Laila Al Habash (Undamento) – recensione di Costanza Mazzucchelli
La giovanissima Laila Al Habash ha pubblicato il 5 novembre il suo album d’esordio, Mystic Motel, anticipato dai singoli Ponza, Oracolo e Gelosa, che si confermano i pezzi più coinvolgenti, che si ricordano subito dopo il primo ascolto. Il disco è prodotto da Niccolò Contessa e Stabber, che già avevano collaborato con Laila per la produzione dell’Ep Moquette (2021). L’evoluzione da Moquette a Mystic Motel si comprende guardando ai due titoli: da una piccola stanza, a un susseguirsi rapido di ambienti intimi tutti diversi, come sono i dodici brani che compongono l’album. In questo articolato percorso tra stanze, con la sua voce dolce e avvolgente Laila tocca generi diversi, pop, hip hop ed R&B, e accompagna tra isole, carte astrali e amori di uomini più grandi, chiudendo il disco con Gelosa, una dichiarazione d’amore a se stessa.
Laila Al Habash mantiene un ruolo da protagonista in quasi tutte le tracce, eccezion fatta per la sesta, Sbronza, in cui è accompagnata da Coez: quella di inserire un unico featuring è una scelta in controtendenza rispetto alla maggioranza delle pubblicazioni di questi anni ed è sicuramente degna di nota per un’artista al suo primo disco strutturato. Ora sarà curioso vedere come l’atmosfera creata nei brani sarà realizzata dal vivo, durante il tour che partirà il 3 dicembre da Modena e farà tappa a Milano il 13 gennaio.
DOOM, Nayt (Sony Music Italy) – recensione di Francesco Pio Calabretta
Si chiama DOOM il nuovo progetto musicale del rapper Nayt (William Mezzanotte, classe ‘94). Fin dalla copertina dell’album si comprende dove le tracce contenute vogliano arrivare. L’opera citata è infatti La sepoltura della sardina in cui in un ambiente festivo come il Carnevale sono rappresentate figure legate alla morte e al dolore. Il dipinto è di Goya, artista che, come il rapper, ha trovato una nuova via produttiva dopo una sofferenza atroce. L’album, che al suo interno conta 12 tracce, cerca di lasciare alle spalle i liricismi e gli incastri che Nayt certo sa creare, per concentrarsi più sugli aspetti tematici e morali della vita. Le produzioni di 3D, spalla destra di Nayt da anni ma anche del duo Fr3netik&Orange, si muovono di pari passo insieme ai testi. Mostri interiori, incubi, ansie e un mondo che disorienta sono i temi cardine dell’opera, in un viaggio che era già iniziato con MOOD e che mette a nudo le difficoltà nei rapporti e la profondità dell’animo umano. È una continua evoluzione, in cui, nonostante l’emergenza di scrivere il proprio malessere, Nayt sceglie la via della canzone vera e propria, poiché «il rap non va più di moda» (Mortale). L’obiettivo primario è centrare l’emozione dello spettatore in una congiunzione di strumenti veri (chitarre acustiche in Tutto ok), vero rap (Oops) e urban, oltre che pezzi di dialogo (Partenza con monologo e Arrivo).
DOOM è il secondo step di un percorso di crescita artistica e personale in cui Nayt decide di allontanarsi dal suo rap, per trovare una strada precisa in un album che è certamente da ascoltare con attenzione.
The solution is restless, Joan as police woman (PIAS Recordings) – recensione di Laura Colombi
Ennesimo lavoro nato durante lo stop imposto dalla pandemia, The solution is restless della polistrumentista Joan Wasser aka Joan As Police Woman, fuori dallo scorso 5 novembre, nasce da alcune jam session parigine a cui hanno preso parte geni assoluti come l’immenso e compianto Tony Allen degli Africa ’70 (band di Fela Kuti) e il cantante e produttore austriaco Dave Okumu.
The solution is restless è un viaggio emozionale, uno di quei dischi da godersi nelle domeniche autunnali davanti a una tazza di tè, cullati dalle inconfondibili percussioni jazz di Tony Allen, oltre che dal timbro confortevole della Wasser. Con questo lavoro, Joan As Police Woman ci regala cinquantacinque minuti di tranquillità, a dimostrazione del fatto che a volte non è necessario gridare e “fare casino” per lanciare dei messaggi forti e toccare temi complessi. Un ottimo disco per chi non sa che per non fermarsi mai è necessario prendersi dei momenti per riflettere su chi siamo e dove abbiamo intenzione di andare.
Music of the Spheres, Coldplay (Parlophone) – recensione di Rebecca Pignatiello
Uscito lo scorso 15 ottobre, Music of the Spheres è il nono album della band britannica. Questo nuovo lavoro, prodotto interamente dallo svedese Max Martin, riprende da dove si era interrotto il precedente (Everyday Life, 2019). Music of the Spheres è un concept album e ci racconta di un sistema planetario immaginario di nome Spheres.
Kubic, Calypso e Coloratura sono alcuni dei pianeti inventati dalla band, che ha persino schematizzato il disco in modo che a ogni canzone corrispondesse uno dei loro mondi immaginari. Il disco rappresenta un’esplorazione del potenziale dell’universo, tentando di evocare i suoni e i misteri del cosmo intero. I singoli Higher Power, uscito a maggio, e Coloratura, uscito a luglio, preannunciavano un sound diverso da quello a cui i fan dei Coldplay erano abituati. Con quattro tracce strumentali, una produzione impressionante, synth soffusi e classici riff di chitarra è come se ogni brano fosse adornato da un luccichio futuristico. L’ultimo singolo My Universe, in collaborazione con i re del K-pop BTS, ha debuttato in cima alla Hot 100, regalando ai Coldplay il loro secondo primo posto in assoluto dopo Viva la Vida nel 2008. Il duetto con Selena Gomez nella ballad Let Somebody Go ci racconta della straziante decisione che deriva dal dover separarsi da qualcuno che si ama, ma non è paragonabile all’intoccabile The Scientist.
La critica si divide: Music of the Spheres non ha lasciato il segno e non ha convinto molti. Nonostante ciò, nel libretto dell’album appare il sottotitolo Vol. 1 From Earth with Love, preannunciando un possibile seguito.