Del: 26 Novembre 2021 Di: Arianna Locatelli Commenti: 0
Lo storico sì del comitato etico per il suicidio assistito

Finalmente uno storico sì da parte del Comitato Etico: come ha annunciato qualche giorno fa l’associazione Luca Coscioni, “Mario”, camionista di Pesaro di 43 anni, tetraplegico da 11 in seguito a un incidente stradale, potrà accedere al suicidio assistito dopo il via libera da parte dell’Azienda sanitaria unica della regione Marche.

L’Asur ha stabilito che il suo caso possiede i requisiti necessari posti dalla Corte Costituzionale per accedere al farmaco letale: Mario è infatti tenuto in vita da un “trattamento di sostegno vitale” perché affetto da una “patologia irreversibile” fonte di “sofferenze intollerabili”; oltre a ciò, il paziente è pienamente in grado di prendere “decisioni libere e consapevoli”: sarà Mario stesso ad auto-assumere il farmaco, sulle cui dosi e modalità di assimilazione il Comitato sta ancora dibattendo. Una lotta durata anni ma conclusa con una vittoria: «Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni», afferma Mario, da tempo accudito dalla madre e da un infermiere che provvede a tutti i suoi bisogni. Nel 2015 aveva dichiarato che si sarebbe recato in Svizzera per accedere al suicidio assistito, qui legale, ma aveva poi scelto di rimanere in Italia per portare avanti la sua battaglia per cambiare la legislazione del nostro Paese.

La lotta per l’approvazione dell’eutanasia ha una storia lunga e tortuosa in Italia ed è recentemente tornata sulle prime pagine dei giornali grazie al referendum Eutanasia Legale, una raccolta firme, anche digitali, avvenuta tra l’1 luglio e il 30 settembre di quest’anno, che ha portato alla deposizione di 1,2 milioni di firme in Cassazione lo scorso 8 ottobre.

Il referendum permetterebbe l’abrogazione di parte dell’art. 579 del Codice penale che così recita: “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni”, consentendo questa pratica previa valutazione del giudice in sede processuale, sulla base della legge, del consenso informato e del testamento biologico. L’eutanasia nel nostro ordinamento è infatti punita sia se effettuata in maniera indiretta che diretta. Qui emerge la differenza con il suicidio assistito: mentre nel primo caso è necessario l’intervento di un medico che tendenzialmente somministra per via endovenosa il farmaco al paziente che ne fa richiesta, nel secondo caso è il paziente stesso che pone fine alla sua vita assumendo in modo autonomo il farmaco, proprio come farà Mario.

Sono numerose le figure che hanno rivestito un ruolo fondamentale nel lungo iter che grazie a questa passo avanti si spera si avvii sempre più rapidamente verso una legalizzazione dell’eutanasia. Di fondamentale importanza è sicuramente Marco Cappato, politico e attivista italiano esponente dei Radicali e oggi tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, intervistato da Vulcano in un articolo del 4 settembre, nel pieno della raccolta firme per il referendum.

L’attivista era diventato famoso soprattutto per le vicende che lo avevano legato al caso di Dj Fabo: Fabiano Antoniani, rimasto tetraplegico e cieco in seguito a un incidente stradale, dopo il terzo rinvio della legge sul testamento biologico, si recò presso una clinica svizzera per accedere al suicidio assistito, accompagnato proprio da Marco Cappato, morendo qui il 17 febbraio 2017. «Sono finalmente arrivato in Svizzera, e ci sono arrivato purtroppo con le mie forze e non con l’aiuto dello Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e la ringrazierò fino alla morte», aveva dichiarato il dj dopo essere stato sottoposto a una visita medica e psicologica che aveva confermato la sua volontà di morire. Tornato in Italia Marco Cappato si autodenunciò e venne accusato di aiuto al suicidio, come previsto dall’articolo 580 del Codice penale. Dopo una serie di lunghe vicissitudini venne però assolto “perché il fatto non sussisteva”.

Sulla vicenda di Mario si è espressa anche la fidanzata di dj Fabo, Valeria Imbrogno: «Sono contenta che le cose si stiano smuovendo anche in Italia, grazie anche alla battaglia che ha voluto portare avanti Fabiano. Il sì del comitato etico è un gol per noi, anche dopo quel milione e trecentomila firme di cittadini che sono favorevoli al referendum sull’eutanasia. La gente è d’accordo. Il problema è che manca ancora l’approvazione della legge sull’eutanasia, e quella sarà la partita vinta».

La lotta per la legalizzazione dell’eutanasia è quindi tutt’altro che vinta. Negli anni sono state numerose le persone che hanno rivendicato il proprio diritto di morire per porre fine a un’esistenza fatta di sofferenza, reclamando il diritto di interrompere il proprio dolore.

Nel nostro paese infatti possono porre fine alla propria vita esclusivamente i pazienti per cui risulti sufficiente l’interruzione delle terapie: tutte le altre persone affette da patologie irreversibili o malattie terminali non possiedono il diritto di accedere all’aiuto medico per la morte volontaria. Uno dei primi casi che portò alla luce questa problematica fu quello di Piergiorgio Webly, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni affetto da distrofia muscolare in forma progressiva: nel 2006 il tribunale di Roma respinse la richiesta dei legali di Welby di porre fine all’accanimento terapeutico, inammissibile dal loro punto di vista anche a causa del vuoto legislativo sulla questione. Welby però non si arrese e pose fine al suo calvario anche grazie all’aiuto del medico Mario Riccio che staccò il respiratore dell’uomo sotto sedazione (il medico venne poi assolto dall’accusa di omicidio). Ancora più famosa è forse la vicissitudine di Eluana Englaro, la giovane di Lecco caduta in coma vegetativo dopo un incidente stradale. Il caso della giovane arrivò anche in Parlamento e solo dopo diciassette anni il padre Beppino riuscì ad ottenere la sospensione della nutrizione e dell’idratazione artificiale per la figlia secondo le volontà di Eluana prima dell’incidente.

La storia italiana è costellata da tanti altri nomi, da tante drammatiche vicissitudini in questa lotta verso l’ottenimento del diritto di decidere della propria vita: Giovanni Nuvoli, Walter Piludu, Patrizia Cocco e lo stesso Luca Coscioni, fondatore dell’omonima associazione di cui è tesoriere proprio Marco Cappato.

La strada è di sicuro costellata di ostacoli ma il traguardo non è irraggiungibile: in Europa l’eutanasia è legale in Belgio, nei Paesi Bassi, in Lussemburgo ed è stata recentemente legalizzata in Spagna, il suicidio assistito è una pratica diffusa in Svizzera, in Francia e Germania è praticata l’eutanasia passiva, mentre in molti altri stati come Danimarca, Norvegia, Ungheria e Repubblica Ceca il malato può rifiutare le cure o l’accanimento terapeutico.

La storia di Mario segna sicuramente un punto a favore nella lotta per la legalizzazione dell’eutanasia ma il delineamento di una legge sembra ancora lontano, sbiadito tra i cavilli della burocrazia, nei meandri della politica che troppo spesso si allontana da ciò che dovrebbe tutelare, i diritti che sono alla base dell’esistenza di ogni individuo, per garantire una libertà che non può venire meno neanche nel momento in cui qualcuno decide di porre fine alla propria vita.

Arianna Locatelli
Da piccola cercavo l’origine del mio nome perché mi affascinava la storia che c’era dietro. Ancora oggi mi piace conoscere e scoprire storie di cui poi racconto e scrivo. Intanto corro, bevo caffè e pianifico viaggi.

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