Dal 18 settembre 2021 fino al 30 gennaio 2022, la città di Milano ospita a Palazzo Reale una mostra dedicata al maggior esponente dell’Impressionismo, Claude Monet (Parigi, 14 novembre 1840 – Giverny, 5 dicembre 1926). Composta da cinquantatré opere provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi e suddivisa in sette sezioni, l’esposizione si rivela essere un vero e proprio viaggio attraverso ogni singola tappa del percorso artistico di Monet, cercando di porre maggiormente l’attenzione sull’adozione della tecnica di pittura en plein air e sull’importanza del tema della riflessione della luce.
I pittori della corrente impressionista, di cui Monet fu il capostipite, rompono i canoni della tradizione scegliendo di uscire dai propri atelier per poter rappresentare paesaggi dal vivo, dipingendo sulla tela la sensazione momentanea data dalla visione di qualcosa. Non a caso, osservando le opere esposte, si può notare come Monet utilizzi pennellate rapide, come per paura di perdere la precisa percezione di quell’attimo. La natura è infatti sempre soggetta a cambiamenti per il pittore impressionista: lavorando en plein air, l’artista è costretto ad essere celere per evitare che, cambiando la luce durante le ore del giorno, cambi anche l’impressione avuta di quel paesaggio.
Da subito ci si immerge, letteralmente, in alcuni dei quadri più famosi di Monet, proiettati in movimento sulle pareti e sul pavimento della stanza: un’esperienza suggestiva e avvolgente, che stimola la curiosità del visitatore, mantenuta viva in ogni sala con la presenza di diversi pannelli interattivi. Il percorso inizia tra alcune delle opere più famose del pittore (come Passeggiata vicino ad Argenteuil, 1875) che rappresentano i paesaggi della costa normanna e la regione della Creuse, per poi passare alla sezione più particolare nella quale vengono raccolte le opere del suo soggiorno londinese.
Avvolta nel fumo delle fabbriche e nella foschia del Tamigi, Londra e i suoi edifici vengono rappresentati da Monet in modo mistico, coperti dalla nebbia che muta la percezione della luce e dei colori dell’orizzonte. Procedendo torniamo in Francia, per immergerci nei paesaggi quotidiani della vita di Monet, con la rappresentazione di piccoli dettagli, in tele sempre più grandi, del giardino della sua casa a Giverny, nella quale era tornato dopo il periodo trascorso a Londra.
Questa nuova fase della sua arte si apre con la creazione di innumerevoli dipinti di Ninfee rappresentate secondo prospettive, colori e giochi di luce differenti. Monet, in questo periodo, si convince che anche nel singolo dettaglio di un paesaggio, come questi fiori, potesse essere trasmessa la profondità della natura. Si narra che un giardiniere fosse incaricato di recarsi al laghetto, prima dell’arrivo dell’artista, per spolverare le ninfee e sistemarle.
Quando Monet si ammala di cataratta diventa incapace di distinguere i contorni, i colori e le figure di ciò che osserva e cambia il suo modo di dipingere: la pennellata diventa veloce, quasi violenta. Lo possiamo osservare nei cicli di dipinti esposti realizzati in questo periodo, come Il ponte giapponese o Il viale delle rose, dove i colori predominanti sono il rosso, il giallo e il marrone e le forme sono difficili da decifrare. È possibile vedere anche il paio di occhiali gialli prescritti a Monet quando si operò per curare la cataratta.
L’esposizione si conclude con l’opera Le rose (1926), ultimo dipinto incompiuto dell’artista.
Per tutti gli appassionati, questa mostra è un’occasione imperdibile per conoscere appieno il percorso artistico di Claude Monet, tra opere all’apparenza semplici per i soggetti rappresentati, ma che in realtà nascondono intime e profonde sensazioni del maestro dell’Impressionismo.
FONTI: Cartella stampa fornita dall’ufficio stampa della mostra.
Per le immagini si ringrazia Palazzo Reale e l’ufficio stampa Arthemisia per aver gentilmente concesso la cartella stampa della mostra.
In copertina: Claude Monet (1840-1926) Ninfee, 1916-1919 circa Olio su tela, 130×152 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5098 © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris