È la Lesbo del VII secolo a.C., isola greca dell’Egeo nordorientale, a dare i natali alla più antica poetessa europea. Saffo, della cui arte – secondo le parole del filologo e grecista Gennaro Perrotta – prima si sente la leggerezza e poi l’ardore, consegna alla storia versi eleganti e raffinati, animati da alcune immagini ricorrenti: fiori, boschi, danze, scene di vita comune, oggetti lussuosi, sguardi seducenti e gesti sensuali.
Fulcro della vita della poetessa, nonché della sua attività poetica, era infatti l’ambiente del tiaso: struttura tipica della grecità arcaica, riservata alle ragazze aristocratiche e collegata al culto di Afrodite. Qui le fanciulle venivano educate a divenire ciò che la società da loro esigeva: mogli e madri. Le giornate trascorrevano nella continua ricerca di raffinatezza, grazia, capacità di sedurre ed eleganza di espressione, tutti elementi ai quali non poteva certo mancare una buona abilità poetica: quest’arte sublime era l’unico mezzo per ottenere memoria eterna e non cadere nell’oblio.
Ecco che Saffo pronuncia nei confronti della donna incolta un duro biasimo, concluso con la sanzione della sua esclusione dalla Pieria, regione sede delle muse, e quindi dalla poesia:
Quando sarai morta giacerai, né più
Saffo, Fr. 55 Voigt, Trad. G. Guidorizzi
Si ricorderanno di te, mai più per sempre:
non conosci le rose della Pieria
La poesia ha poi per il tiaso di Lesbo un fondamentale valore paideutico: un’Ode ad Afrodite cantata da tutte le fanciulle, riunite attorno alla statua della dea, mostra loro quali sono i poteri divini a cui dover sottostare e le ammonisce a non rifiutarla. È Afrodite a stabilire la “giustizia d’amore”, una giustizia ben lontana da quella civile: qualcuno dona sempre, mentre l’altro rifiuta e fugge.
L’amore che ci presenta Saffo è un’esperienza totale e sconvolgente, dolorosa e inevitabile, è un Eros che «Squassa l’animo […] come il vento sui monti che investe le querce» e viene definito con la straordinaria invenzione ossimorica di “dolceamara invincibile belva” (Fr. 47, 130 Voigt, Trad. F. Sisti, G. Guidorizzi).
Nel mondo in cui ci immergono i Canti della poetessa di Lesbo, estetismo e sensualità sembrano dominare l’intera condizione esistenziale, sempre segnata dal buon gusto e dalla bellezza.
È una bellezza arcana e inesauribile che non rifiuta di presenziare anche nelle atmosfere cupe e malinconiche. Così, in un frammento che riporta il dialogo tra la poetessa e il dio Ermes, guida delle anime nell’Ade, il desiderio di morte è accompagnato dall’elegante notazione dei fiori che rivestono le sponde del fiume:
[…]
Fr. 95 Voigt, Trad. G. Guidorizzi
non più amo stare sopra la terra,
mi prende desiderio di morte
voglio vedere le roride sponde dell’Acheronte
fiorite di Loto
La tradizione ha tanto discusso sul rapporto tra Saffo e la bellezza, trascinando la poetessa talora in un corpo giovane e bello, talora in uno vecchio e brutto. Così, se la Saffo di Raffaello nelle Stanze Vaticane è una sensuale figura neoclassica, la donna de L’Ultimo canto di Saffo di Leopardi è, all’opposto, un esempio di capriccio della natura, la quale in un corpo sgradevole imprigiona una così forte sensibilità.
Il componimento leopardiano del 1822 è un addio alla vita della poetessa che si avvia al suicidio e addita il mistero imperscrutabile che la vuole infelice, anzi che vuole l’infelicità di tutti gli uomini:
Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso
Ultimo Canto di Saffo vv. 37-39
Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo
Il ciel mi fosse e di fortuna il volto?
Lo stesso Leopardi, nella Premessa all’“Ultimo canto di Saffo”, dichiara di aver preso a fondamento della Canzone i versi che Ovidio scrive in persona di Saffo (Lettere di eroine, Epist. XV, Trad. G. Rosati): «Se a me la natura ostile negò la bellezza, compensa la mancanza di bellezza col mio ingegno. Sono piccola, ma ho un nome che riempie ogni terra: la mia vera altezza è quella del mio nome».
Bella o brutta, giovane o vecchia, Saffo, attraversando la letteratura latina, i pregiudizi medievali, la riscoperta umanistica e la valorizzazione romantica, ha certamente trovato la via per riempire ogni terra e ogni secolo del suo nome.
Immagine di copertina: Saffo e Alceo a Mitilene (1881), dipinto di Lawrence Alma-Tadema