Del: 2 Novembre 2021 Di: Arianna Locatelli Commenti: 0
Terre selvagge. Everest, la montagna più alta del mondo

Viaggi, esplorazioni, vagabondaggi. In questa rubrica, un’indagine intorno al movimento e al desiderio di spostarsi e cercare altri luoghi.


L’uomo è sempre stato attratto dal limite, dai record. La vetta più alta, il mare più profondo, il viaggio più rischioso, la traversata più lunga, la circumnavigazione più veloce. Sono tanti i viaggiatori che negli anni si sono messi in gioco per scovare parti di mondo inesplorate, per raggiungere le bellezze nascoste del nostro pianeta, mossi dalla curiosità e dall’ambizione di spingersi un po’ più in là.

Uno dei più grandi personaggi della mitologia classica incarna alla perfezione questo spirito di avventura, questa ebrezza che nasce nelle sfide: Ulisse.

L’“eroe multiforme” parte dopo la vittoria achea sulla città di Troia per tornare nella sua patria, Itaca. Per una serie di vicissitudini e il volere avverso di parte degli dei dell’Olimpo, peregrina per dieci lunghi anni per le coste del Mediterraneo. Le sue avventure ci sono tramandate dal romanzo omerico Odissea, ma non è chiaro cosa ne sia stato dell’eroe greco dopo il ritorno a casa e la cacciata dei Proci dal suo palazzo.

Il personaggio di Ulisse si incontra nuovamente nel XXVI canto dell’Inferno, condannato tra i consiglieri fraudolenti. Le sue colpe sono numerose, ma una spicca sulle altre: Dante lo colloca all’Inferno per aver spinto i compagni, dopo il ritorno ad Itaca, a ripartire per varcare le colonne d’Ercole, all’epoca il confine del mondo posto dagli dei (i latini credevano che sulle colonne ci fosse scritto “non plus ultra”). Con questa azione audace Ulisse si macchia di empietà e la sua sete di conoscenza viene punita con la condanna eterna.

Questa spinta alla scoperta, al raggiungimento di traguardi sempre più alti caratteristica della natura umana, è ben descritta in alcune delle più famose terzine della Commedia dantesca, in un discorso tenuto proprio da Ulisse:

"O frati", dissi "che per cento milia 
perigli siete giunti a l’occidente, 
a questa tanto picciola vigilia

d’i nostri sensi ch’è del rimanente, 
non vogliate negar l’esperienza, 
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza: 
fatti non foste a viver come bruti, 
ma per seguir virtute e canoscenza".

Li miei compagni fec’io sì aguti, 
con questa orazion picciola, al cammino, 
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa nel mattino, 
de’ remi facemmo ali al folle volo, 
sempre acquistando dal lato mancino.  

Ovviamente, tra le grandi sfide dell’uomo, non potrebbe mancare la conquista della vetta più alta.

Ci troviamo tra Nepal e Cina, sulla catena dell’Hymalaia, dove si erge in tutta la sua imponenza il monte Everest, che con i suoi 8844 metri circa è la montagna emersa più alta al mondo. Questo colosso dei cieli ha sempre affascinato la mente di scalatori e avventurieri e sono numerosi quelli che hanno tentato di raggiungere la vetta negli anni: il primo tentativo di scalata avvenne nel 1923 a opera di George Mallory e Andrew Irvine, che morirono però nel tentativo.  Bisognerà aspettare ancora trant’anni per assistere alla prima storica spedizione che riuscirà nell’impresa.

Siamo nel 1953 e la Joint Himalayan Committee finanzia una spedizione per la conquista della cima dell’Everest, spedizione di cui facevano parte due esperti alpinisti, il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa nepalese Tenzing Norgay. In totale vi prendono parte quindici alpinisti guidati dal colonnello britannico John Hunt, un alpinista che a quel tempo lavorava nel quartier generale della NATO in Europa. Il gruppo di Hunt si riunisce in febbraio a Katmandu, la capitale del Nepal, e viene in seguito raggiunto da un contingente di sherpa tra i quali era presente proprio Tenzing Norgay, scalatore che aveva tentato di raggiungere la vetta già sei volte ed era considerato il miglior sherpa al mondo.

In maggio inizia la risalita, caratterizzata da numerose difficoltà. Partendo da uno dei numerosi cambi base allestiti durante la scalata, il 26 una prima coppia di alpinisti formata da Tom Bourdillon e Charles Evans, viene scelta per raggiungere la vetta: i due riescono ad arrivare a soli 100 metri dalla cima, ma sono costretti a tornare indietro per mancanza di ossigeno. Il giorno successivo Hillary e Norgay intraprendono il percorso del Colle Sud raggiungendo la cima alle 11.58 del 28 maggio: si fermano solo per quindici minuti, assaporando il successo di aver scalato la montagna più alta al mondo per la prima volta nella storia. Sono costretti a scendere poco dopo aver scattato qualche foto a causa della bassissima quantità di ossigeno a quote così elevate.

Dopo questa spedizione sono stati numerosi gli scalatori ad aver raggiunto la vetta dell’Everest, in totale circa 3500.

Nonostante le tecnologie e la conoscenza della montagna siano nettamente migliorate dal 1953, l’Everest rimane una delle montagne più pericolose sulla Terra. Dai 5300 metri di altezza iniziano le nevi perenni, dove il ghiaccio non si scioglie mai; in vetta le temperature nei periodi più rigidi dell’anno si assestano tra i -40 e i -60 gradi centigradi. Ma la parte più complessa da affrontare è quella che inizia ai 7600 metri, la cosiddetta “zona della morte”: a queste quote l’ossigeno è insufficiente per la vita umana, ma alla cima mancano ancora 1200 metri di dislivello.

Il Monte Everest è considerato sacro dalla popolazione tibetana e nepalese, ed è rispettato e venerato al pari di una divinità. I nomi in tibetano e in nepalese, rispettivamente Chomolungma “Dea Madre della neve” e Sagarmatha “Dio del Cielo”, rappresentano alla perfezione il fascino che questa montagna ha suscita e continuerà a suscitare sull’immaginario collettivo, portando numerosi scalatori a tentare questa incredibile sfida.

In copertina: Edmund Hillary e Tenzing Norgay.

Arianna Locatelli
Da piccola cercavo l’origine del mio nome perché mi affascinava la storia che c’era dietro. Ancora oggi mi piace conoscere e scoprire storie di cui poi racconto e scrivo. Intanto corro, bevo caffè e pianifico viaggi.

Commenta