Del: 8 Dicembre 2021 Di: Marco Fradegrada Commenti: 0
I negoziati sul nucleare iraniano riaccendono le tensioni

C’è tensione; una tensione che coinvolge Iran, Israele, Stati Uniti, la comunità internazionale in generale. Pochi giorni fa, il 29 novembre, a Vienna sono ripresi i negoziati sul nucleare iraniano, il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), dopo una pausa di sei mesi. Gli iraniani erano spariti dallo scorso 18 giugno, quando il cambio del governo aveva portato a capo dell’esecutivo Ebrahim Raisi, conservatore, con qualche macchia non di poco conto nel suo curriculum politico. Gli Stati Uniti lo sanzionarono infatti nel 2019 per violazione dei diritti umani, con riferimento al “massacro delle prigioni” del 1988, dove migliaia di dissidenti politici sparirono o morirono tra esecuzioni e torture.

Comunque, il Jcpoa è dunque ritornato sulla tavola della diplomazia internazionale. Teheran è arrivata sicura di sé, in pompa magna, con alle spalle un programma nucleare che nonostante lo stallo delle trattative, è stato portato avanti, anche con un certo successo vista la produzione di uranio arricchito al 60%, soglia molto vicina all’uso militare. È abbastanza chiaro quindi. Volendo, l’Iran in un mese o poco di più potrebbe ottenere una bomba atomica, se le intenzioni politiche della nazione degli ayatollah lo prevedesse nella propria agenda politica.

E l’Occidente che fa? Si è atteso per questi sei mesi che Teheran tornasse appunto al tavolo delle trattative, senza intervenire nel programma iraniano che di fatto continuava ad andare avanti.

In un certo senso, Raisi poteva aver lasciato briciole di pane per mostrare le proprie intenzioni. Come capo delegazione a Vienna, infatti, il Presidente della Repubblica islamica aveva chiamato Ali Bagheri Kani, già Ministro degli Esteri, fortemente contrario al Jcpoa. Portare avanti il programma nucleare nonostante l’esito delle trattative avrebbe comunque lasciato un buon margine di vantaggio all’Iran che ora dice agli Stati Uniti (che nel 2018 su decisione di Trump uscivano dai negoziati lasciando forti imposizioni alla Repubblica degli ayatollah) che se la nazione statunitense si presenterà a Vienna con la volontà di far fronte ai punti d’attrito tra i due Paesi allora l’Iran sarà disposto ad aprire un dialogo; il che può far pensare semmai alle non intenzioni di Teheran, dal momento in cui Biden e la sua delegazione attendono da mesi le trattative e fanno passi indietro sull’uso delle milizie filo-iraniane e dei missili balistici, punti che buona parte dei democratici americani invece vorrebbe vedere sanzionati.

Nel frattempo la Repubblica degli ayatollah è in forte tensione anche con Israele, che già da inizio novembre ha aumentato le minacce di raid aerei contro Teheran per fermare il progetto nucleare iraniano, dubbiosa dei possibili esiti dei negoziati di Vienna. Il Primo ministro israeliano ha chiesto in un comunicato personale alle potenze mondiali di «non cedere al ricatto dell’Iran». Per Israele, continuare ad aspettare al tavolo dei negoziati la potenza islamica non può funzionare da freno per le sue operazioni in campo nucleare e politico-militare.

Israele non riconoscerà i patti di Vienna se questi non saranno un effettivo passo verso il blocco dei progetti iraniani. È un modo per ribadire le intenzioni militari di Israele se Raisi continuerà nei suoi intenti indisturbato. Ne sono un segno i bombardamenti israeliani in Siria, che potrebbe essere trasformata in una piattaforma militare iraniana. La risposta di Teheran però non è meno radicale. Ne ha dato prova il generale Amir Ali Hajizadeh che ha lasciato sapere che così facendo Israele non sta facendo altro che accelerare la propria fine. Personaggio molto importante nelle forze militari iraniane, è stato accostato a Qassem Suleimani, storico comandante delle Guardie Iraniane della Rivoluzione, di nota fama come difensore della Repubblica degli ayatollah, ucciso in un attacco americano il 3 gennaio 2020.

Questo ci porta ad un altro punto importante della situazione in Iran. Se, fuori dalla propria terra, Teheran ha mostrato forte sicurezza di sé, nelle questioni interne al Paese non mostra la stessa compostezza e solidità. Gli attacchi iraniani agli americani in Iraq, in riposta all’omicidio del generale Suleimani, hanno portato all’abbattimento di un aereo civile nel gennaio 2020, con la conseguente morte di 176 iraniani, stando alle indagini sacrificati dalla stessa Teheran come capro espiatorio per un eventuale ulteriore attacco vendicativo, in caso fosse stato abbattuto dai colpi americani. Ma ad abbatterlo sono stati i missili di Teheran che ora fronteggia le proteste del popolo iraniano.

La trama si intreccia: Israele minaccia di attaccare e mentre bombarda la Siria tine nel mirino la Repubblica degli ayatollah; il popolo iraniano protesta anche per la forte inflazione del rial rispetto al dollaro; Teheran potrebbe ottenere in poco tempo la bomba atomica; la comunità internazionale si trova messa alla prova ancora una volta. C’è tensione; una tensione che non possiamo non considerare.

Marco Fradegrada
Studio filosofia, mi affascina la psicologia, impazzisco per gli aneddoti nelle biografie. Mi interessano le vicende dell'Est europeo, Oriente e Medio Oriente. Ascolto tanta musica, suono e vado matto per i cani.

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