Del: 27 Gennaio 2022 Di: Erica Turturro Commenti: 0
Artisti, musei e pandemie. La risposta dell'arte alla crisi sanitaria

Il Covid-19 (tra le tantissime altre cose) ha modificato l’approccio del pubblico all’arte. Da tour virtuali e conferenze a live streaming, musei e altre istituzioni culturali hanno trovato modi unici per coinvolgere gli aspiranti visitatori comodamente da casa. Ma il cambiamento vissuto durante la pandemia non si è limitato solamente a come viviamo l’arte. Anche la maniera in cui gli artisti creano e raccontano storie è stata influenzata dai recenti avvenimenti. Benché possa sembrare troppo presto per creare arte sulla pandemia – sul senso di perdita, di ansia, ma anche di tenace speranza – ciò che emergerà dagli ambienti artistici negli anni a venire mirerà sicuramente a catturare il mondo pre e post-Covid. Finora siamo già stati testimoni di svariate opere che ritraggono periodi di grave crisi sanitaria più o meno lontani nel tempo. 

A metà del XIV secolo la peste nera fece decine di milioni di vittime, mettendo in ginocchio la popolazione dell’epoca. In risposta, Boccaccio scrisse il Decameron, una commedia umana su un gruppo di giovani fiorentini che fuggono dalla città, ormai invasa dalla pestilenza, e tengono alto il morale raccontandosi delle novelle. Forse ad alcuni è sempre sembrato uno strano modo di esorcizzare la grave crisi di quel tempo, ma in fondo non è poi così diverso dai contenuti online con cui ci distraiamo oggi, dai post su Instagram e Twitter ai video su TikTok e YouTube. Forse lo svago in faccia alla disperazione nel Decameron aveva già catturato perfettamente lo spirito. 

Nel 1919, sulla scia della pandemia influenzale nota come «la spagnola», l’artista Edvard Munch dipinse Autoritratto dopo l’influenza spagnola.

Il quadro del noto pittore norvegese restituisce il senso di disperazione e nichilismo che pervadeva la popolazione nel primo dopoguerra, trovatasi a dover fare i conti con un doppio trauma: le ferite ancora aperte della Grande Guerra da un lato e la crisi sanitaria dall’altro. Non c’è da meravigliarsi se, anche in questo caso, il mondo dell’arte mutò drasticamente. Non diversamente dall’inizio del XX secolo, stiamo vivendo un periodo di sconvolgenti cambiamenti.

E se all’epoca era l’autoritratto di Munch dopo la spagnola, ora sono i selfie scattati da operatori sanitari distrutti dal carico di lavoro e da pazienti sopravvissuti al virus a lasciare una testimonianza visiva forte e necessaria per continuare a sensibilizzare alla prevenzione. Negli anni 80 e 90 la crisi dovuta alla diffusione massiva dell’HIV/AIDS segnò una generazione. Una miriade di artisti prestò il proprio lavoro per dare visibilità a ciò che il governo stava ignorando. L’intento dietro le loro opere variava: alcune avevano lo scopo di documentare l’epidemia – che si accingeva a raggiungere uno stadio di diffusione globale – mentre altre quello di amplificare la voce delle persone che stavano lottando contro la malattia. Quel che è certo, nella maggior parte dei casi, è che l’obiettivo finale non era realizzare opere approvate dai musei. Tra gli artisti che si fecero avanti ci fu anche Félix González-Torres. 

Nella sua simbologia sono fondamentali le caramelle: l’artista cubano era solito utilizzarle per trasmettere un messaggio, come quando ammucchiò una montagnetta di questi dolciumi dicendo che chiunque, passando e vedendola, avrebbe potuto prenderne una e portarla via con sé. Nell’interpretazione dell’opera ogni caramella presa simboleggia la vita di una persona sieropositiva portata via dalla malattia. Le persone avrebbero potuto prendere quante caramelle volessero finché la pigna non si fosse inevitabilmente esaurita. 

Torniamo ai giorni nostri, ormai ai primi atti del 2022. Qual è lo stato attuale dell’arte e dei musei? 

Murales sui lati degli edifici, installazioni negli spazi pubblici, mostre gratuite: sempre più spesso le opere d’arte nascono per essere accessibili a tutti, senza alcuna barriera monetaria all’ingresso. Paulo Lucas Von Vacano, fondatore della casa editrice di arte e fotografia contemporanea DRAGO, afferma: «Il Covid-19 è una metafora di cambiamento, un grosso pericolo ma anche una grande opportunità. Il sistema dell’arte è imploso su se stesso, le gallerie e i musei sono rimasti deserti e la risposta arriva dall’outdoor, in particolare dalla strada, vero mainstream».

In effetti, una delle forme più apprezzate di free art è proprio l’arte di strada, o street art, che ha assunto un ruolo visivo importante nel perorare le cause sociali più calde di questi ultimi anni, dal movimento Black Lives Matter ai diritti della comunità LGBTQ+, dalla causa ambientale al coronavirus. Questo si deve certamente anche al fatto che il gradimento e l’importanza attribuiti ai cosiddetti artisti di strada, o street artist, da parte del pubblico e degli esperti siano aumentati notevolmente, soprattutto a partire dagli anni 2000. Nomi come Keith Haring, Banksy, Shepard Fairey e Tvboy sono ormai noti e consacrati a livello internazionale. Dal canto loro anche i musei hanno riaperto le porte al grande pubblico, naturalmente a patto di mantenere le misure di sicurezza anti-Covid previste.

La volontà di mettere a disposizione di tutti le opere custodite nei musei è stata ulteriormente incentivata da diverse iniziative gratuite, tra le più recenti: la street art su tela di Tvboy al Mudec e la mostra di fotografie dello statunitense Irving Penn alla Cardi Gallery.

Ma non parliamo solo di Milano, anche a Firenze gli Uffizi muovono rapidi verso la digitalizzazione e la comunicazione social: «Rendere la cultura più popolare e vicina alle persone normali costituisce un fine prioritario per i musei […] Questo è uno dei motivi per cui anche la cultura può vivere su TikTok» sostiene Ilde Forgione, responsabile del profilo del museo proprio su TikTok. Gli Uffizi sono stati i primi, insieme al Museo del Prado di Madrid e al Metropolitan Museum of Art di New York, a sbarcare sulla piattaforma per cercare di avvicinare e incuriosire il pubblico dei più giovani.

Ciò è avvenuto nell’aprile del 2020, ancora una volta a testimonianza del fatto che la pandemia ha portato sulla strada del social marketing anche enti culturali per tradizione un po’ restii a sbarcare sul digitale. Non solo TikTok, anche Twitter, Instagram, Twitch e Google. Il risultato? Un mondo dell’arte sempre più ibrido che negli ultimi due anni ha (ri)scoperto il potenziale di internet. Difficile prevedere cosa succederà nel prossimo futuro, quel che è certo però è che sono stati introdotti dei trend che indubbiamente incideranno in maniera profonda sulla visione dell’arte e sul nostro modo di usufruirne.

Erica Turturro
Classe 98, alle prese con la magistrale di lingue. Abitudinaria ma curiosa, un po’ nerd, sognatrice di notte e razionale di giorno, colleziono ricordi.

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