
Shakespeare è storia, è tragedia, è passione. Ma c’è molto di Shakespeare anche nella storia del cinema. The Tragedy of Macbeth, distribuito il 25 dicembre al cinema negli Stati Uniti e ora disponibile anche su Apple TV+, è uno degli esempi migliori di trasposizione cinematografica del teatro shakespeariano. Il velo di malinconia che travolge l’opera è presente sin dai crediti del film, realizzato da Joel Coen, metà del duo che ha stravolto e segnato il cinema contemporaneo. E questo perché Ethan Coen, l’altra metà, ha deciso di ritirarsi dal cinema, segnando una rottura definitiva tra i due.
Per la sua prima opera da solista, Joel sceglie di gettarsi in una delle opere più significative del teatro nonché uno dei testi più noti di Shakespeare, La tragedia di Macbeth.
La storia narrata è fedele al testo del drammaturgo inglese, con il regista che ha però deciso di estromettere ogni dettaglio addizionale per concentrarsi totalmente sulla storia e sui personaggi principali. Il nobile scozzese Macbeth, dopo aver ricevuto un titolo nobiliare come ricompensa per il suo valore, riceve la profezia di tre donne (una e trina nella versione di Coen), le streghe, che un giorno sarà re di Scozia. Incitato dalla brutale consorte, il pensiero del potere dà alla testa all’uomo, che entrerà lentamente in un circolo vizioso di sangue e sofferenza, fisica e mentale, fino al sopraggiungere di una situazione ormai ingestibile.

The Tragedy of Macbeth di Joel Coen non è la versione che lo spettatore medio potrebbe aspettarsi da una trasposizione cinematografica, ma esprime in ogni singola sequenza la volontà del regista di esprimere in maniera personale e geniale la storia. Il film, infatti, è totalmente realizzato e confinato in teatro di posa, sistema scelto appositamente per mettere in scena un’irrealtà che segna lo spettatore, lontana dall’idea che si ha dell’opera shakespeariana, fatta di grandi saloni e campi di guerra. Un ulteriore dettaglio per trasmettere l’alienazione dei protagonisti è la scelta di Coen di girare con un cupo bianco e nero, da neo-noir. Le inquadrature, spesso fisse con i personaggi che si muovono all’interno di esse e significativi primi piani, restano incollate nella mente, in un film diverso ma allo stesso tempo potente.
Gli attori scelti, Denzel Washington (Macbeth) e Frances McDormand (Lady Macbeth) su tutti, rappresentano il fulcro della scelta del regista. Ogni attore interpreta il proprio personaggio con uno stile totalmente personale e lontano dalle altre versioni della tragedia (come quella di Welles o ancora il Macbeth di Kurzel del 2015). Il Macbeth coeniano non è un mostro, non esaspera la propria condizione, ma bensì è molto più poetico e statico, come influenzato dagli ambienti che lo circondano. Gli ambienti, infatti, hanno tutti una costruzione geometrica e sono realizzati con una attenzione surreale, proprio a mettere a confronto in scena la pace dell’ordine e la pazzia del protagonista, lenta ma inesorabile. Forse il carattere principale della scelta registica e di scrittura di Coen sono però i dialoghi. Noti per i loro testi caratteristici, qui è evidente, soprattutto in lingua originale, lo studio effettuato nella realizzazione dei dialoghi, fedeli al testo shakespeariano ma resi dalle interpretazioni naturali e non eccessivamente teatrali, accompagnati dai diversi accenti e toni dei protagonisti.
Ricchi di un lessico e di espressioni poco consone al cinema moderno, qui i dialoghi riescono ad esprimere perfettamente ogni intenzione, e devono essere sicuramente ascoltati con attenzione per essere compresi fino in fondo.
L’opera di Joel Coen non è reinventata e non stravolge il testo originale, ma crea una versione personale, intima e allo stesso tempo emozionante della tragedia. Coen, per la prima volta senza il fratello, dirige un film che potrebbe essere considerato da un occhio poco esperto come un semplice esercizio di stile, ma che è molto più di questo. È la volontà di dimostrare al mondo e a sé stesso che, nonostante l’assenza della sua metà artistica, è ancora in grado di fare del grande cinema.