Fin dalle prime ore successive alla strage avvenuta il 14 febbraio 2018 alla Marjory Stoneman Douglas High School a Parkland, in Florida, un gruppo di studenti sopravvissuti a quello che è stato classificato come uno dei massacri più raccapriccianti degli Stati Uniti d’America, reclama l’urgenza della situazione attraverso l’avviamento di campagne di attivismo, affinché l’orrore vissuto non si ripeta più. A cinque giorni dalla sparatoria nasce #NeverAgain per ricordare all’America che quanto avvenuto avrebbe potuto essere evitato. L’obiettivo da raggiungere è chiaro: accertamenti più severi per gli acquirenti di armi attraverso l’approvazione di leggi restrittive.
I risultati delle attività intraprese si fanno immediatamente visibili: dopo poco più di una settimana dal disastro una serie di multinazionali interrompe i rapporti con la National Rifle Association (NRA), la potente lobby delle armi negli USA. A distanza di venti giorni, l’Oregon adotta una legge sul controllo delle armi, proibendo l’acquisto e la detenzione di armi da fuoco e munizioni a chi ha precedenti di violenza domestica o è sottoposto a ingiunzioni limitative. Secondo un rapporto pubblicato alla fine del 2018 dal Giffords Law Center to Prevent Gun Violence, 67 nuove leggi sul controllo delle armi sono state emanate da legislatori sia repubblicani che democratici in 26 stati e a Washington D.C. (dove gli elettori hanno preso in mano la situazione approvando con un referendum la proposta 1639 che prevede restrizioni sull’acquisto e il possesso delle armi).
Per aumentare la pressione, guadagnare consenso e confermare il loro obiettivo, gli stessi ragazzi di Parkland hanno organizzato a Washington DC, il 24 marzo 2018, un evento di carico nazionale, la “March for Our Lives”, una manifestazione che ha visto la partecipazione totale di 800.000 persone in 763 località diverse. Tra i fondatori del movimento emerge David Miles Hogg (12 aprile, 2000), ora ventunenne ma che sale sulla ribalta quando ancora non ha ottenuto il diploma del liceo, lo stesso liceo nel quale si è consumato l’incubo che lo ha costretto ad avere un così ravvicinato e prematuro contatto con la morte, come anche un dilaniante dolore causato da un trauma che probabilmente mai avrà modo di estinguersi del tutto.
Ma ciò che sorprende di Hogg è senz’altro la sua lucidità, gelida e tangibile, sperimentata negli attimi durante lo svolgimento della sparatoria stessa, quando riuscì a esercitare il senno necessario per decidere di registrare con il proprio telefono cellulare dei video di testimonianza dell’accaduto. Le sue intenzioni inziali, spiega poi in varie interviste susseguenti, erano principalmente quelle di immortalare il drammatico risvolto risultante dall’imprudenza inquietante di un’intera nazione e, indipendentemente dalla sua eventuale sopravvivenza o meno, lasciare un concreto avvertimento del pericolo a cui lui come molti altri studenti erano stati sottoposti. In convalida del suo istintivo spirito da giovane giornalista in erba, i video di Hogg sono stati subito pubblicati come da lui stesso richiesto; raffigurano panico strozzato dal silenzio e il buio di un disperato nascondiglio dall’assassino a piede libero nei corridoi di quella struttura che dovrebbe costituire il più eccelso rifugio di qualsiasi giovane adulto: la scuola.
Oggi, a distanza di quattro anni dall’accaduto, David Hogg è diventato una personalità di spicco, un motivo di lecito orgoglio per le nuove generazioni, e nel 2018 Times lo ha inserito fra i “100 personaggi più influenti del mondo”.
Nel diretto contributo all’amministrazione e guida di proteste e boicottaggi di alto profilo (incluso il boicottaggio di The Ingraham Angle), bersaglio e capro espiatorio di diverse teorie del complotto e accuse di destra, Hogg è un attuale e florido esempio di resilienza e intrepidezza, la cui sfrontatezza in alcune circostanze è perfettamente calibrata e meditata, insolente e temeraria al livello giusto per poter articolarsi in discorsi che mirano all’effetto e al coinvolgimento, quasi come se la forza di alcune parole potesse ribadire la premura del messaggio che trasmettono, senza mezzi termini, perché dinanzi al negligente reiterarsi di episodi definiti da delitti arginabili non c’è né tempo né spazio per alcun genere di discrezione o delicatezza. Hogg non abbraccia melodrammatiche deviazioni di trame, bisogna agire e ottenere esiti per una trasformazione netta e qualificata.
La sua determinazione non è però sintomo di un fervore che miri a utopie esasperate, Hogg sa benissimo cosa sia possibile o meno a livello di riforme conseguibili in materia, e mantiene i propri piedi al suolo con moderata ma pregevole convinzione di poter raggiungere migliorie legislative sostanziose per gli USA. In un’intervista con Fox News, Hogg sostiene di essere favorevole a un giudizioso controllo delle armi, smantellando ogni presunzione di estremismo attribuitagli. Alla domanda su quale nuova legislazione voglia scorgere, Hogg risponde:
Innalzare l’età federale per il possesso di armi a 21 anni; assicurare ispezioni assidue e universali di eventuali precedenti; garantire che le persone che hanno commesso atti di violenza domestica non siano più in grado di procurarsi un’arma, cosa che in Florida è più ardua, ma non del tutto impossibile, e fare in modo che le persone con precedenti penali e patologie psichiche non siano in grado di accaparrarsi queste armi di distruzione di massa.
Hogg ha lavorato nello sviluppo di un gruppo di advocacy anti-NRA al fine di incentivare i giovani, di solito restii a presentarsi alle urne, a registrarsi e votare alle elezioni. Con sua sorella minore Lauren Hogg, ha scritto #NeverAgain: A New Generation Draws the Line, un libro che ha fatto ingresso nella famosa lista dei bestseller del New York Times. I due si sono poi impegnati a donare in beneficenza tutti i proventi del libro. Una conduttrice televisiva lo aveva deriso per i “no” alle sue prime candidature in alcuni prestigiosi atenei statunitensi, ora studia scienze politiche all’università di Harvard e il suo decollo è solamente incominciato.
Li avevano descritti indifferenti e succubi dei social media, i giovani “millennials”. Una generazione soccombente, disgiunta dal profluvio maestoso della Storia. Hanno stupito chiunque quando hanno urlato la loro collera rivelandosi, a loro malgrado, i ragazzi che azzardano di redimere l’America da sé stessa. I media li onorano. Time li ha messi in copertina, Teen Vogue, Harper’s Bazar e Huffington Post accolgono i loro editoriali. Il New Yorker ha destinato loro pagine intere. Sono i figli migliori dell’America democratica, inclusiva ed emancipata. Identificarsi in loro risulta più agevole che in Black Lives Matter o nei Dreamers: le stragi non scrutano l’età, i documenti né tantomeno il colore della pelle, ognuno di noi può essere la prossima vittima. Una carovana mista di appartenenze, nella quale David Hogg è un catalizzatore e una voce di rara energia, che ha demolito i riti di circostanza tipici degli scempi, rifiutando di adagiarsi nel sofferente ozio di testimone e puntando il dito contro i politici di professione. Con un talento persuadente notevole, Hogg si è trasferito dal lutto all’azione, preparato sui fenomeni mediatici, appassionato alla contemporaneità, vigile e carismatico, sicuramente predisposto e impaziente di rivestire cariche istituzionalmente influenti in futuro.