Samantha Cristoforetti, astronauta nota per essere la prima donna europea al comando della Stazione spaziale, è la terza al mondo dopo due americane. Dopo i suoi numerosi appelli circa l’assunzione di donne presso l’Agenzia Spaziale Europa, sembra che qualcosa stia effettivamente cambiando e, con il contributo di numerose colleghe internazionali, si è aperto uno scenario che vede una maggiore inclusione per le donne anche nello spazio. Cristoforetti aveva infatti esortato più volte le donne a tentare questa strada, che per lei era iniziata come un sogno irraggiungibile.
Il sogno di divenire un’astronauta sembrava lontano per le donne in quanto, fin dalla Guerra fredda, nelle sale di controllo e a bordo vi erano unicamente uomini. Tuttavia, oggi sembra che le domande inviate da possibili astronauti prevedano un aumento di candidature da parte delle donne, e per ora quelle che sono state accettate risultano 831 per gli uomini e 530 per le donne, con quest’ultime al 39%, di cui 27 provenienti dall’Italia. Attualmente non conosciamo ancora i loro nomi.
Nonostante tale inversione di rotta, i numeri rimangono ancora esigui e persiste l’idea per cui alcuni lavori siano maggiormente adatti gli uomini. La famosa rivista La ricerca ha cercato di fornire un interessante punto di vista, cercando di mostrare non solo esempi di donne che sono entrate nei campi più disparati, ma anche quali potrebbero essere le misure più adeguate per giungere a una maggior parità numerica lavorativa, in particolare nei settori e negli studi STEM.
Fino a pochi anni fa, si tendeva a distinguere i lavori per le donne da quelli per gli uomini. La lotta verso la parità di genere ha fatto numerosi progressi ma, nonostante ciò, vi è ancora un divario salariale e antichi pregiudizi che faticano ad appassire. Alla base sembra esserci un problema inerente all’educazione che continua a proporre modelli ormai inadeguati ancora oggi.
A sorprendere sono infatti le statistiche mondiali, in base alle quali sembra che siano propri i Paesi maggiormente sviluppati e con migliori livelli d’istruzione a mostrare una grande dose di misoginia e discriminazione. La motivazione si potrebbe addurre al fatto che in questi Paesi esistono la libertà e la possibilità di scegliere un percorso di studio meno proficuo a livello lavorativo (opzione spesso preclusa nelle società in via di sviluppo) verso cui le donne sono maggiormente incoraggiate, a scapito degli ambiti scientifici che sarebbero invece più vantaggiosi a livello economico.
Molti studi si trovano infatti d’accordo nel notare un atteggiamento che disincentiva le bambine e le ragazze a intraprendere studi STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).
Secondo i dati del report Le Carriere, una maggior inclusione delle donne in tali ambiti sarebbe estremamente importante, in quanto i percorsi STEM saranno quelli che forniranno molteplici possibilità lavorative e di guadagno. Si nota quindi un maggior afflusso di iscritti uomini, rispetto alle donne, a tali indirizzi e la soluzione nell’evitare tale discrimine dovrebbe orientarsi ad agire sugli stereotipi, partendo in primo luogo dall’immaginario fortemente stereotipato dei libri scolastici.
Importante sarebbe quindi agire in campo editoriale per dare una veste totalmente nuova ai libri di testo. Ad esempio, già alla fine del 2020, Zanichelli aveva dato inizio all’Obiettivo 10 in parità, «un percorso di studio e formazione per diventare più consapevoli della presenza degli stereotipi e imparare a disinnescarli». A tale scopo la casa editrice aveva steso un decalogo, ponendo l’accento sulla necessità di trasmette il contributo di tutti i generi al sapere e di utilizzare, sia in fase di scrittura che di editing, un linguaggio inclusivo.
In secondo luogo, bisognerebbe spingere e sostenere le giovani donne verso percorsi tecnico-scientifici, realizzando programmi che scaturiscano un maggior interesse ed evitando di avvicinarsi a un immaginario stereotipato. Ulteriori soluzioni potrebbero riguardare il campo divulgativo, permettendo alle studentesse di assistere a proiezioni di film o cortometraggi che mostrino il lavoro delle donne nei campi STEM nel corso della storia, in modo da fornire finalmente degli esempi femminili che purtroppo nella maggior parte dei casi scarseggiano. Interessanti potrebbero essere incontri con persone che hanno intrapreso tali percorsi di studio e successivamente lavorativi. E infine dare rilevanza alle giornate dedicate alle donne, tutto ciò mostrerebbe altre possibili vie percorribili.
Si può giungere alla conclusione per cui l’elemento cruciale è che non esiste alcuna motivazione fondata per il disinteresse, e tanto meno l’avversione, di bambine e ragazze nei confronti delle materie STEM: appena docenti e famiglie trasmettono loro questa solida convinzione, infatti, il coinvolgimento e addirittura la passione nei confronti di queste discipline superano ogni aspettativa.
Articolo di Gaia Iamundo.