Del: 10 Febbraio 2022 Di: Andrea Marcianò Commenti: 1
Oscar 2022. Non solo Hollywood in gara

Il periodo degli Oscar, quest’anno alla 94esima edizione, è giunto puntuale come sempre. Premi sacri del cinema mondiale, gli Oscar essenzialmente determinano i film che l’Academy, l’organo che vota le produzioni in gara, ritiene i più rappresentativi e più belli dell’anno appena passato. La famosa corsa agli Oscar, nel cinema statunitense, viene preparata mesi prima e tutto si gioca – più che nella serata delle premiazioni – proprio nella giornata in cui si annunciano le candidature, cosa che quest’anno è successa l’8 febbraio.

Come al solito ci sono i favoriti e i non, quei film con molte aspettative e quelli che si devono accontentare di gareggiare in una sola categoria. Ma come per gli atleti alle Olimpiadi, il prestigio degli Oscar è talmente elevato che la frase “l’importante è la nomination” è diventata un mantra per chiunque. I favoritissimi di quest’anno sono dunque: The power of the dog di Jane Campion, Il potere del cane in italiano, con 12 candidature; Dune di Denis Villeneuve, con 10; Belfast di Kenneth Branagh, che può essere considerato la sorpresa di quest’anno, ottiene 7 candidature; sette sono anche le candidature per l’immancabile Steven Spielberg che con il suo West Side Story colleziona anch’eegli buone chance di successo; segue poi il film con Will Smith, King Richard con 6 candidature e a seguire tutti gli altri film.

Benedict Cumberbatch ne "Il potere del cane"
Benedict Cumberbatch ne “Il potere del cane”

Quello che però si è spesso notato è che avere tante opportunità di vittoria non significa per forza avere anche tante statuette a fine della serata. L’Academy è ben nota per le sue sorprese anche abbastanza fuori dagli schemi: basta ricordare l’edizione del 2020, quando fece scalpore (e in alcuni casi anche scandalo) la scelta di far vincere due statuette a Parasite, sia nella categoria di miglior film che in quella di miglior film straniero, sancendo così un indiscusso successo per Bong Joon-ho che oscurò, di conseguenza, la maggior parte degli altri film in gara.

Non è detto dunque che Il potere del cane, attualmente il favorito in molte categorie, possa effettivamente portare a qualcosa di sostanzioso. Le sorprese potrebbero essere anzi altre: prima Parasite, poi Minari dell’anno scorso, ci hanno ricordato che i film interessanti per l’Academy possono essere molti e infatti gli occhi alla 94esima edizione degli Oscar sono puntati su Drive My Car, film del maestro giapponese Ryusuke Hamaguchi.

Considerato uno dei migliori film dell’anno in assoluto, uscito trionfante anche da Cannes 2021, la pellicola di Hamaguchi splende in quattro candidature, e che candidature! Miglior regista, miglior sceneggiatura non originale (il film è tratto da un racconto di Murakami) che Hamaguchi ha scritto insieme a Takamasa Oe, ovviamente miglior film straniero e anche miglior film, proprio come Parasite due anni fa. Avverrà un fenomeno Bong Joon-ho 2.0? La cosa non è totalmente da escludere, se si pensa a come la Corea del Sud (con Squid Game in testa) e il Giappone negli ultimi anni stanno man mano influenzando gran parte della cultura americana. D’altra parte, Drive My Car, a differenza di Parasite, è comunque un film sostanzioso e meno appetibile per un pubblico ampio: la sua durata di tre ore buone, la narrazione lenta ma ben congeniata, ricchissima di riferimenti non solo al cinema e alla letteratura, ma anche al teatro (il protagonista è un drammaturgo in crisi), unita a una regia complessa e meditativa, portano il film in una dimensione che si distacca decisamente dagli standard degli Oscar.

 Hidetoshi Nishijima e  Hidetoshi Nishijima in "Drive my car"
Hidetoshi Nishijima e Hidetoshi Nishijima in “Drive my car”

Altra sorpresa indiscussa di quest’anno è il film autobiografico Belfast, diretto da Kenneth Branagh, in cui il regista si racconta in un’opera dalle premesse altissime. In Italia uscirà il 24 febbraio al cinema, ma per ora dalla stampa internazionale sappiamo che il gradimento è molto elevato: così succede ogni qualvolta una grande personalità del cinema si apre al mondo raccontando la propria infanzia. Da Fellini con Amarcord a Branagh con Belfast c’è una lunga tradizione in cui il cinema prima di tutto diventa il deus ex machina per narrazioni nostalgiche, riflessive e purificatrici per i loro autori. E ciò vale anche per un nostro grande regista, che anch’esso quest’anno sfilerà a sorpresa, anche se ce lo si aspettava, sul tappeto rosso del Dolby Theatre di Los Angeles. Proprio così, Paolo Sorrentino trova la cinquina per È stata la mano di Dio, film autobiografico prodotto da Netflix, in cui il regista italiano racconta la sua Napoli, la tragedia che ha colpito la sua famiglia e l’amore per il cinema.

Con gli occhi puntati sul mondo al di fuori degli Stati Uniti, gli Oscar riconfermano la loro linea “etnica” aprendosi a produzioni straniere e soprattutto a opere dal grande impatto sociale. Jane Campion, con il suo favorito Il potere del cane, porta una storia universale, radicalmente critica sulla sessualità e su come l’oppressione della mascolinità tossica abbia esercitato, agli antipodi della società americana, un influsso negativo sistematico, che ci porta nell’attuale situazione culturale e sociale che conosciamo tutti. Con le sue 12 nomination è palese l’intento da parte dell’Academy di accendere i riflettori sul messaggio di questo film, ricordando che gli Oscar non sono solo dei semplici premi cinematografici ma anche un modo per celebrare il cinema che riflette sulla vita quotidiana.

Andrea Marcianò
Classe '99, nato sul Lago di Como, studente in scienze della comunicazione, amante di cinema e televisione. Mi piace osservare il mondo dall'esterno come uno spettatore.

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