Del: 20 Marzo 2022 Di: Beatrice Balbinot Commenti: 0
In Corsica si riaccende il sogno d’indipendenza

Oscurate dalla tragedia che si sta compiendo in Ucraina, violente proteste hanno sferzato la Corsica nelle ultime due settimane. I moti che hanno coinvolto parte degli isolani hanno riacceso i riflettori sull’annosa questione dell’indipendenza corsa, richiesta che da secoli inacidisce i rapporti tra l’isola del mar Mediterraneo e la madre patria francese.

In virtù della sua posizione strategica, la Corsica è stata da sempre oggetto di mire politiche e invasioni di diversi popoli. Romani, mori, persiani, genovesi sono solo alcune delle dominazioni che l’isola ha subito nel corso della sua tormentata storia, sempre alla ricerca di un’indipendenza tutta propria che fatica tutt’oggi ad essere raggiunta. Nel 1729 una violenta rivoluzione della popolazione corsa contro il dominio genovese imposto sull’isola portò alla formulazione di un sistema statale autonomo, di un inno, nonché alla redazione di una costituzione, ad opera di Pasquale Paoli, che fu lodata da Rousseau come una delle più progressiste e liberali. Per la prima volta, persino prima delle grandi ondate rivoluzionarie delle costituzioni americana e francese, si parlò di “diritto dei popoli alla libertà e alla felicità”, segnando una prima svolta nel rapporto tra patria e popolo.

Nel 1768 la cessione di alcuni porti della Corsica da parte della Repubblica di Genova dà il via al dominio francese sull’isola.

Anche in questo caso la sollevazione popolare non si fece attendere, ma questa volta i ribelli furono presto sconfitti (8 maggio 1769, battaglia di Ponte Nuovo) e la pacificazione dei governatori francesi che seguì fu molto brutale, con casi di tortura ed esecuzioni sommarie. Violando gli accordi con i genovesi suggellati dal trattato di Versailles, la Francia espanse i suoi domini sull’isola e non l’abbandonarono più. Ma sarà solo con il secondo impero (1852-1870) che la Corsica comincerà ad integrarsi definitivamente alla madre patria francese, anche attraverso un processo di migrazione che portò molti corsi a trovare impiego in Francia o nelle principali colonie all’interno del settore militare o nell’amministrazione pubblica.

Il disastro della prima guerra mondiale, durante la quale morirono tra le 12.000 e 15.000 persone, comportò la creazione del Partitu Corsu Autonomista e un avvicinamento al regime italiano di Benito Mussolini. Mussolini stesso occupò l’isola dopo lo sbarco alleato in Nord Africa nel 1942. La dominazione italiana sulla Corsica fu però piuttosto breve, già smantellata dal movimento partigiano corso dopo la capitolazione del fascismo nel 1943. Dopo la guerra, la crisi in cui versava l’economia francese spinse molti emigrati in Francia o in Algeria a rientrare nell’isola, che fu bonificata e nella quale vennero sviluppate numerose opere di irrigazione. Molte agevolazioni furono elargite ai rimpatriati, a discapito della popolazione locale, che non ricevette i medesimi aiuti economici.

È proprio in questa situazione di disparità che tra gli anni ’60 e ’70 prese il via l’indipendentismo corso moderno.

È questo un periodo estremamente violento e turbolento, duranti il quale molte efferatezze vengono perpetrate tanto dai nazionalisti corsi, tanto dai rimpatriati. La creazione del CRA (Azione regionale della Corsica) ad opera dei fratelli Max ed Edmond Simeoni, moltiplica gli slogan antifrancesi e antialgerini, che non fanno altro che esacerbare i dissidi interni all’isola. In questi anni così complessi il governo francese si muove verso una pallida apertura alle istanze nazionaliste, concedendo nel 1981 un nuovo statuto all’isola, nel quale si affermava, tra le altre cose, l’istituzione di un’assemblea di 61 membri eletti per un periodo di sei anni, che nominano un presidente e fanno proposte di legge. Il nuovo statuto non costituisce un punto d’accordo, riuscendo solo a creare nuove divisioni nel movimento nazionalista corso, che infatti si scinde in tre correnti distinte e rivali: l’MPA (Movimento per l’autodeterminazione), l’ANC (Accolti corsa Nazionale) e la Cuncolta. Questo clima di forti tensioni ha prodotto 22 uccisioni, tutte collegate al nazionalismo corso.

Da qualche anno a questa parte il movimento indipendentista si è rivolto verso richieste politiche più tradizionali, come il riconoscimento della Corsica tra le regioni a statuto speciale. Uno dei nomi che più ha segnato il nazionalismo degli ultimi anni è certamente quello di Yvan Colonna, uccisore nel 1998 di una di quelle 22 vite spezzate dalle violenze indipendentiste, il prefetto Claude Érignac. Colonna stava scontando l’ergastolo presso la prigione di Arles, quando il 2 marzo 2022 è stato vittima di un’aggressione da parte di un prigioniero jihadista che lo ha ridotto al coma. La risposta del movimento nazionalista, toccato in uno dei suoi personaggi simbolo, si è rivelato tempestivo e violento. Le sollevazioni popolari hanno spinto il ministro degli Esteri francese, Gérald Darmanin, ad una visita di due giorni, iniziata il 16 marzo, in Corsica per trovare un accordo con gli indipendentisti.

L’incontro era stato preceduto da un’intervista esclusiva rilasciata a Corse-Matin, nella quale il funzionario francese ha aperto uno spiraglio nella storica incomunicabilità tra i bisogni della Corsica e la Francia, parlando di essere disposto ad una «discussione senza precedenti sulla questione istituzionale». «Sono pronto ad andare fino all’autonomia. La domanda successiva è sapere qual è questa autonomia. Dobbiamo discuterne», ha proseguito Darmanin.

Parigi sembra dunque essersi aperta all’eventualità che presto la Corsica si stacchi dalla bandiera francese e proceda verso la propria, agognata indipendenza.

Tuttavia, lo stesso Darmanin ha più volte ricordato che prima di qualsiasi atto politico è necessario che i manifestanti cessino le violenze. Il sentimento nazionalista corso sembra essere, oggi come ieri, una fiamma dilagante, che non accenna a sopirsi con lo scorrere dei secoli, ma anzi a rinvigorirsi e ad assumere di epoca in epoca nuove forme e obiettivi. L’appartenenza ad una nazione, il sentirsi non rappresentati da una bandiera e il desiderarne una nuova sventolare sopra le proprie teste è una delle pulsioni più dirompenti della storia umana, capace di smembrare popoli e crearne di nuovi. In un quadro di attualità incalzante, dove il mondo intero è nuovamente chiamato a riflettere sull’importanza della sovranità di uno Stato e del sentimento di appartenenza ad un popolo, i tempi potrebbero essere maturi per l’indipendenza corsa.

Beatrice Balbinot
Mi chiamo Beatrice, ma preferisco Bea. Amo scrivere, dire la mia, avere ragione e mangiare tanti macarons.

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