Del: 11 Marzo 2022 Di: Elisa Letizia Commenti: 0
"La signorina Giulia", dramma dell'immobilità sociale

Lo storico teatro milanese Elfo Puccini, recentemente riprogettato come Teatro d’Arte Contemporanea, ha proposto dall’1 al 6 marzo la rappresentazione de La signorina Giulia, una tragedia in un atto unico dell’autore svedese August Strindberg. Lo spettacolo teatrale è stato adattato dalla regia di Leonardo Lidi ed è stato prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria in collaborazione con Spoleto Festival dei Due Mondi.

Il regista reinterpreta il dramma sociale ambientato nell’Ottocento in una località svedese immersa in una società borghese e convenzionalista, legata ai valori tradizionali e gerarchici.

Assistiamo così alla messa in scena di quattro personaggi, che impersonano l’esempio calzante della società dell’epoca, caratterizzata da una parte dalle masse popolari, condannate a vivere una vita umile, scandita dal lavoro e da una condizione di povertà senza alcuna via d’uscita; dall’altra parte i benestanti, i nobili, il ceto sociale più ricco, la vita agiata, come quella del conte e della figlia Giulia, due dei protagonisti della storia.

Il regista mette in scena la reinterpretazione di una tragedia narrata dalle voci di tre attori, gli unici che saranno protagonisti della scena per tutto lo spettacolo, e il quarto personaggio, il conte, che rimarrà una personalità secondaria che non figurerà nello spettacolo se non attraverso la voce degli altri personaggi. Questi sono la figlia del conte, Giulia (Giuliana Vigogna), il servo Jean (Christian La Rosa) e la cameriera della famiglia del conte (Ilaria Falini).

Quello che emerge in modo evidente è la netta frattura sociale tra i protagonisti, soprattutto Giulia e Jean, separati da un’insormontabile differenza di ceto: la figlia di un nobile conte l’una, il figlio di un umile contadino l’altro. I protagonisti sono immersi in una scenografia semplice, essenziale ma efficace nel porre in luce i personaggi e la loro esistenza tormentata. Essi sono impegnati in dialoghi e monologhi che evidenziano personalità complesse e allo stesso tempo banali ma immerse in dinamiche socioculturali complesse.

Giulia è la figlia di un conte, una giovane donna poco conforme ai costumi sociali dell’epoca, educata dalla madre secondo valori moderni quali la libertà e l’emancipazione, contraria a quelle che erano le rigide regole dell’educazione tradizionale di una fanciulla “perbene”.

Vive una vita agiata grazie alle ricchezze del padre, ma è tormentata dai travagli del passato la cui causa principale probabilmente è la madre, una donna contemporanea, emancipata, riluttante al matrimonio, ma che proprio per questo è stata costretta a vivere nel disappunto dei concittadini, che l’hanno sempre giudicata per le sue scelte ritenute impudiche. Questa situazione l’ha lentamente portata ad un’instabilità mentale che si è poi radicata anche nella figlia, tanto che spesso i suoi stessi servi la definiscono folle. Tuttavia, a differenza della madre, si dimostra ostile nei confronti degli uomini, ma allo stesso tempo attratta; non si guarda dei giudizi altrui, ma desidera più di ogni cosa fuggire dalla casa del conte padre per paura di essere oggetto dei pettegolezzi del paese e scappare da tutto quello che la tiene prigioniera dei vizi e delle apparenze del rigido contesto in cui vive.

Jean è il servo di casa, figlio di persone umili e consapevole di essere condannato a morire da tale. Conosce Giulia da quando era un giovinotto e ne è innamorato, ma è cosciente dell’insormontabile distanza sociale tra loro due. Lavora come servo del conte, la sua vita è scandita dalla monotonia del lavoro, della routine giornaliera; è amico della domestica Kristina o forse qualcosa di più, anche se il loro non sembra amore, quanto piuttosto un affetto che non può fare a meno di tramutarsi in amore per soddisfare le regole sociali del matrimonio e della paternità/maternità, le quali possono solo convergere verso un’unione alla pari, un matrimonio tra persone umili. Jean è però combattuto tra l’affetto per Kristina e l’attrazione per Giulia, la quale rappresenta una via di fuga da quel mondo popolare in cui vive da sempre. Da una parte è attratto dalla bella Giulia, ma dall’altro teme le conseguenze nel caso in cui venissero scoperti, è spaventato dai giudizi del conte, dei popolani e della città. Nonostante la paura di intraprendere una relazione che comporterebbe non poche problematiche, Jean sembra voler qualcosa di più, si intravede in lui il desiderio di azzardare a sognare una vita che sia più di quella di un umile servitore.

Kristina è la serva della famiglia del conte. Al contrario di Giulia è una donna pia e devota, dai modi semplici, più conforme alla figura femminile tradizionale del suo tempo, modesta e desiderosa di avere una famiglia, di diventare moglie e madre. Kristina e Jean sembrano essere più che semplici amici, forse fidanzati, anche se non ufficialmente. Tra loro sembra esserci l’affetto di due modesti domestici costretti ad azioni di vita già scritte nel loro destino di popolani: nascere, lavorare, servire il padrone, sposarsi, figliare e trasmettere “l’eredità” della professione ai figli.

Giulia, Jean e Kristina rappresentano i tormenti dell’esistenza e la banalità di essere solo pedine o vittime di una società che limita idee e pensieri più grandi, che ostacola l’amore di Giulia e Jean.

Non si tratta di una storia d’amore shakespeariana, di un amore fiabesco, bensì dell’incontro di due personaggi provenienti da contesti diversi, ma uguali nel tormento e nel desiderio di fuga. Desiderosi e innamorati di una libertà a loro sconosciuta, l’una brama la libertà d’essere indipendente, lontana dai giudizi delle persone, quegli stessi che hanno trascinato la madre in un groviglio di follia e depressione fino alla fuga improvvisa, e Jean da quella vita che sembra più una prigione, nella quale è nato e da cui non ha diritto di uscire in quanto servo.

Kristina è un personaggio un po’ più marginale nella scena, i suoi dialoghi sono meno presenti ma il personaggio esprime perfettamente con espressioni e gesti la preoccupazione nei confronti dei due, dimostrando un chiaro timore ed una consapevolezza nei confronti di idee così grandi e lontane dalla realtà.

Gli attori comprendono ed esprimono francamente i sentimenti e le emozioni nei dialoghi: la follia, il desiderio, l’amore, l’affetto, la paura, il timore. Tre personalità dirompenti che prendono la scena, dove prendono vita le confessioni dei protagonisti reclusi in una realtà bigotta fatta di tradizioni e regole che non permettono altro che una banale vita vissuta secondo leggi di altri, voleri e desideri di altri, da cui nessuno esce vittorioso ma solo vinto da un’esistenza ordinaria priva di desideri e valori propri, limitata dall’essere un insignificante nessuno in una città di ruoli costruiti in modo uniforme.

Le persone sono come attori in un teatro di vita vera, c’è chi nasce povero e rimane tale, chi nasce ricco, chi uomo o donna. La scena rappresentata altro non è che una trama senza intrecci e senza alcuno spiraglio di speranza per le vite dei protagonisti. Le loro sono mere conversazioni prive di un solido cambiamento finale, le loro vite rimangono tali, consapevolmente prigionieri di un contesto retrivo e immutabile.

Elisa Letizia
Sono Elisa, studio lingue, appassionata d'arte, musica e cinema. Nel tempo libero scrivo del presente e lavoro per costruire il mio futuro.

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