
Ormai lo scorso 8 febbraio, in Senato Accademico si è votata una decisione che senza alcun dubbio avrà delle forti ripercussioni sulla carriera di molte studentesse e studenti.
L’Ateneo ha infatti deciso di sospendere per il prossimo Anno Accademico (2022/2023) le immatricolazioni al Corso di Laurea di Mediazione Linguistica e Culturale, da tempo interessato da diverse problematiche.
Nei confronti di queste ultime, secondo la quasi totalità degli stessi rappresentanti del corpo studentesco, l’amministrazione ha dimostrato se non un forte disinteresse, quantomeno un’incapacità di mettere in campo tempestivamente strumenti adeguati alla loro risoluzione. Con la conseguenza che, il prossimo anno, molti di coloro che avevano fatto affidamento sulla possibilità di immatricolarsi presso la Statale di Milano si troveranno costretti a ripiegare su Atenei più distanti dal luogo in cui abitano o su Atenei privati, se non a dover rinunciare a questo percorso. In Lombardia, infatti, il CdL è presente soltanto in un altro Ateneo pubblico, l’Università degli Studi dell’Insubria, dove però è in vigore un accesso programmato che consentirebbe di intraprendere questi studi soltanto a poche centinaia di studenti, escludendo tutti coloro che non dovessero essere ammessi e che allo stesso tempo non potessero permettersi di sostenere i costi di un Ateneo privato.
La decisione è stata assunta dopo che un tale scenario era già stato presentato come possibile durante la seduta della Commissione Didattica del Senato, avvenuta l’1 febbraio. Tra le motivazioni addotte, il sovraffollamento del corso e l’impossibilità di reperire spazi ulteriori, nonché un maggior numero di docenti. Ad oggi, infatti, la sede del CdL di Mediazione Linguistica e Culturale si trova a Sesto San Giovanni, e non dispone di spazi sufficienti a ospitare il gran numero di studentesse e studenti che hanno deciso di immatricolarsi con l’eliminazione dell’accesso programmato. Questa è avvenuta nel 2019, a seguito del ricorso presentato dall’UDU – Unione degli Universitari. In questa occasione, il Tar del Lazio ha dichiarato illegale il bando di ammissione al CdL imposto dalla Statale di Milano per contrasto con la legge n. 264 del 1999, andando sostanzialmente a precludere l’accesso al Corso a chi avesse ottenuto un voto di maturità inferiore a 80/100.
«Noi rappresentanti abbiamo ripetutamente fatto notare all’amministrazione la necessità di non ignorare la sentenza del Tribunale amministrativo, ma di intervenire tempestivamente per consentire a tutte le studentesse e a tutti gli studenti immatricolatisi a seguito dell’eliminazione dell’accesso programmato di accedere a una didattica di qualità – ha spiegato Niccolò Piras di Sinistra Universitaria – UDU Statale, anche in risposta a coloro che hanno definito il ricorso portato avanti dall’organizzazione come “scellerato”. Oltre al fatto che l’illiceità del bando di ammissione era palese e non avrebbe potuto portare a una sentenza diversa, crediamo in un’Università aperta, e l’Ateneo, qualora avesse avuto la volontà di farlo, avrebbe potuto gestire la questione diversamente, mettendo in atto una politica di investimento sul polo di Sesto. Invece, la Statale non ha messo ulteriori soldi su Mediazione, non ha assunto nuovi docenti e ha rifiutato ogni tavolo per arrivare a delle soluzioni alternative. Queste certamente non mancavano, essendovi anche una disponibilità da parte del Comune di Milano e del Comune di Sesto San Giovanni a fornire degli spazi ulteriori. Si è deciso però di proseguire su questa strada, rinunciando a un secondo edificio nei pressi di Mediazione Linguistica e manifestando la volontà di non investire su questo spazio. La vera questione, infatti, è che quel polo verrà venduto e si andrà a realizzare una clinica medica privata».
Una mancanza di volontà da parte dell’Università è stata sottolineata anche dalla lista di rappresentanza Studenti Indipendenti.
«Prima che la decisione dell’Ateneo diventasse definitiva, abbiamo avanzato sia delle proposte alternative che delle richieste di dialogo, anche attraverso l’organizzazione di un presidio sotto il Rettorato il 22 febbraio – ha spiegato Lucio Marazza. Ciò che ci ha maggiormente delusi è stato il rifiuto da parte del Rettore di confrontarsi con noi. Pensiamo che questo atteggiamento sia indice del fatto che le motivazioni addotte per giustificare la chiusura del corso fossero in realtà facilmente risolvibili, in quanto riguardanti gli spazi e il numero di professori. Sappiamo che la Regione aveva dato la propria disponibilità a reperire spazi per l’Università tramite l’ALER (l’ente pubblico di gestione degli spazi della Lombardia), mentre per quanto riguarda i professori ci era stato detto che, nonostante la previsione di alcuni bandi, non era stato possibile trovare un numero sufficiente di docenti. Siamo allora andati a controllare nell’archivio dei bandi, presente sul sito della Statale, e ci siamo resi conto che le cose non stavano così. Dopo un primo bando che effettivamente non aveva permesso di coprire tutti i posti necessari, a distanza di qualche settimana ne era stato emesso un altro che avrebbe invece portato a questo risultato. Sono state dunque date delle informazioni fuorvianti per evitare di esprimere le reali motivazioni che hanno portato a questa decisione, che è una sconfitta per l’Università pubblica».
Molto critici non solo nei confronti della governance, ma anche del ricorso portato avanti dall’UDU, sono invece i rappresentanti della lista UniSì – Uniti a Sinistra, che lo hanno definito “scellerato e portato avanti sulla base di posizioni massimaliste e ideologiche”. «Ovviamente riteniamo che il numero chiuso non sia la soluzione a una domanda così alta di immatricolazioni – ha affermato Pierfrancesco Pittalis. La soluzione è prevedere più investimenti, più spazi, anche nell’ottica di quello che potrebbe essere un trasferimento in Città Studi, su cui non vi è ancora alcuna certezza. Nel frattempo, però, quando il ricorso è stato portato avanti, la contingenza storica era quella di una sede piccola, fuori Milano, che ospitava un numero limitato di studenti all’anno, mentre le domande di immatricolazione erano molto più numerose. Il ricorso ha finito, dunque, per creare più problemi di quelli che si era proposto di risolvere. Per quanto riguarda gli errori commessi dall’amministrazione, invece, come UniSì abbiamo da subito avanzato delle soluzioni una volta che è stato aperto il corso, ma queste sono rimaste inattuate anche a causa della pandemia, che chiaramente ha scombussolato tutti quelli che avrebbero potuto essere dei piani pluriennali.
Nonostante le nostre proposte, tra cui quella di ricorrere ad una didattica digitale integrata, l’unica risposta arrivata dall’amministrazione è stata la sospensione delle immatricolazioni per un anno, cui ci siamo da subito opposti».
«Durante la Commissione Didattica che si è tenuta a febbraio, il Rettore ha spiegato che, a livello di Comitato di direzione della Scuola di Mediazione e di dipartimento, erano state vagliate alcune soluzioni alternative, ma che infine non era stato possibile optare per una decisione differente – ha spiegato Youssef Siher, rappresentante degli studenti per Unilab. In Senato accademico ci siamo astenuti, perché chiaramente non ci fa piacere che un CdL chiuda. Per noi è importantissimo che l’Università continui nella sua attività didattica, ma se lo deve fare con una qualità pessima, in un modo che non avvantaggia nessuno, preferiamo che vegano assunte queste decisioni, anche se drastiche. In questo modo si potrà abbassare lo stress e la pressione che l’Ateneo stava subendo a causa del gran numero di studenti e procedere alla riscrittura del bando. Pensiamo infatti che con la rimozione dell’accesso programmato non si sia arrivati a un vero e proprio beneficio nel diritto allo studio, perché il risultato è stato una riduzione al minimo della qualità della didattica».
Ha invece votato a favore della decisione presa dall’Università la lista di rappresentanza studentesca Lista Aperta – Obiettivo Studenti, che sui social ha motivato in questo modo il proprio sostegno all’amministrazione: «La proposta di sospensione degli accessi per l’Anno Accademico 2022/23 ha lo scopo di consentire un cambio di ordinamento del CdL, così da ottenere la reintroduzione dell’accesso programmato. La questione va quindi a toccare nel profondo il tema del diritto allo studio: crediamo che sia necessario considerare che la didattica ha bisogno dei suoi spazi (per le lezioni e per lo studio). Solo un Corso di Laurea che garantisca certi standard anche su questo fronte può ritenersi adeguato».
Attualmente non vi sono possibilità che l’Ateneo torni sui suoi passi e ritiri la decisione di chiudere le immatricolazioni per il prossimo anno, in quanto la Statale, a livello ministeriale, avrebbe dovuto presentare entro fine febbraio la lista dei CdL attivi per l’anno accademico successivo: Mediazione non è stata inserita in questo elenco. Le diverse possibilità che sembrano prospettarsi sono la reintroduzione di un nuovo accesso programmato e il trasferimento della sede di Mediazione dal polo di Sesto a Città Studi. Le certezze, però, son ben poche, perché l’Ateneo, nonostante la situazione estremamente delicata, continua a mancare di chiarezza e non ha provveduto a diffondere delle comunicazioni ufficiali neppure tra le studentesse e gli studenti del CdL direttamente interessato.
Per cercare di comprendere la loro posizione, che dovrebbe stare a cuore in primis all’Università, noi di Vulcano abbiamo intervistato alcuni ragazzi e ragazze che abbiamo incontrato nella sede di Mediazione.
«Non ritengo giusto che coloro che avevano pensato di intraprendere l’anno prossimo questa carriera non avranno la possibilità di iniziare, anche perché non vi sono molte alternative in Lombardia. Si tratta prevalentemente di Università private e quindi con rette salate che non tutte le famiglie possono permettersi – ha affermato Maddalena, studentessa del primo anno. Una conseguenza secondo me gravissima di questa chiusura è che da settembre potremmo trovarci a studiare da autodidatti: non ci saranno classi, non ci saranno professori, per cui, se noi del primo anno dovessimo rimanere indietro con alcune materie, da settembre ci troveremmo a studiare e a prepararci per gli esami da soli. Un altro aspetto che non trovo giusto è il fatto che non ci venga data la possibilità di cambiare lingue rispetto all’abbinamento obbligatorio per cui abbiamo inizialmente dovuto optare: anche questo viene motivato con la presenza di un numero troppo elevato di studenti. Mi sembra poi assurdo che l’Università non abbia interpellato studentesse e studenti per comprendere la loro posizione e anche per conoscere le criticità che riscontriamo ogni giorno. L’Ateneo è totalmente assente».
Anche Sara, una studentessa al secondo anno, si è detta perplessa rispetto alle modalità con cui l’Università ha gestito l’aspetto della comunicazione: «La notizia è arrivata tramite il gruppo Facebook di SOS Mediazione, non attraverso il Rettore; non ci è stato detto chiaramente che cosa succederà e soprattutto non è stata sentita l’opinione di studentesse e studenti, ad esempio attraverso un questionario. Visto lo stato attuale del CdL, capisco la decisione che è stata presa, anche se avrà delle conseguenze non da poco, essendo che il Corso di Mediazione, per come è strutturato qui in Statale, non è presente in altri Atenei. Inoltre, ritengo che delle soluzioni alternative avrebbero potuto essere adottate anche prima, dal momento che questi problemi erano da anni sotto gli occhi di tutti».
«Personalmente sono rimasta senza parole quando sono venuta a sapere della chiusura delle immatricolazioni – ha raccontato Alessia, del terzo anno. Sapevamo tutti da tempo quale fosse la situazione del Corso e il fatto che una decisione così importante sia stata presa all’ultimo momento, come se ci si fosse resi conto soltanto ora delle problematiche presenti, certamente non mi lascia con una buona opinione dell’Ateneo».
Se c’è un dato che non può essere messo in discussione, effettivamente, questo è l’assoluta prevedibilità del fatto che, una volta eliminato l’accesso programmato, vi sarebbe stata una crescita esponenziale delle immatricolazioni, considerato che già in presenza del numero chiuso le domande presentate ogni anno erano nettamente superiori rispetto ai posti disponibili (tra le 1500 e le 2000 a fronte di un numero di posti che negli anni è variato dai 550 ai 700). La pandemia, imponendo un’erogazione a distanza di corsi ed esami, ha certamente fatto sì che la situazione non esplodesse prima, ma era chiaro che fosse solo questione di tempo. Nonostante questo, l’amministrazione negli anni non ha fornito alcuna soluzione alternativa, e anzi, tra gli studenti vi è chi ritiene che l’emergenza sanitaria sia stata – e continui ad essere – utilizzata come strumento per cercare di tamponare le grosse problematiche esistenti, con gravi ripercussioni sulla qualità della didattica.
«Quest’anno si parla di modalità mista, ma non è così per gli studenti e le studentesse di Mediazione – ha sottolineato Alberto. Mi pare che senza alcun criterio siano stati selezionati dei corsi che vengono erogati in presenza, con possibilità di seguire da remoto, e altri che invece vengono erogati ancora esclusivamente online, a differenza di quello che si sta facendo in altri corsi. In generale, l’impressione, non solo mia ma anche di alcuni professori che ho conosciuto, è che non vi sia interesse dall’alto nel farci frequentare in presenza, tanto che prima del Covid eravamo tantissimi, mentre ora la sede è abbastanza vuota. Sembra si stia cavalcando l’onda del Covid, e quello che a me preoccupa è che anche moltissimi studenti sembrano essere d’accordo con questo sistema, che sta trasformando il nostro corso in un’Università telematica. La DAD sta diventando una via attraverso la quale tentare di risolvere altri problemi del corso. A rimetterci, però, siamo noi studenti. Rispetto alla chiusura delle immatricolazioni, io la trovo sensata; se parlassi con una futura matricola, infatti, allo stato attuale delle cose le sconsiglierei di frequentare Mediazione in Statale. Allo stesso tempo, però, mi rendo conto del fatto che questa decisione vada a creare dei forti problemi legati al diritto allo studio».
Ha collaborato alla realizzazione delle interviste Elisa Letizia.