Del: 26 Marzo 2022 Di: Carlo Codini Commenti: 0
Nuova Zelanda e Australia. Svolta negli accordi sui rifugiati

Quando si parla di immigrazione e di accoglienza dei rifugiati a tanti viene subito in mente l’Australia. Fino agli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso è stata un Paese abbastanza aperto, almeno per alcuni, come gli italiani affluiti numerosi nel secondo dopoguerra. Però dal 2001 l’Australia non solo ha ristretto le chance d’immigrazione per lavoro, ma addirittura ha fatto della lotta contro chi muove verso le sue coste chiedendo protezione umanitaria una priorità politica.

E l’azione di contrasto ha raggiunto livelli preoccupanti, tanto che diversi osservatori hanno denunciato ripetute violazioni dei diritti umani. In particolare, l’Australia ha seguito la linea di collocare i richiedenti asilo in campi collocati in territori remoti e degradati, spesso all’estero. In cambio di aiuti ha infatti concordato con alcuni Paesi in difficoltà economiche, come Nauru, la possibilità di collocare lì i “suoi” richiedenti asilo.

E anche se la persona ottiene lo status di rifugiato (se le viene negato c’è l’espulsione diretta), le tocca poi restare nelle strutture di accoglienza collocate in tali contesti, sull’isola di Nauru o in Papua Nuova Guinea; o di finire Cambogia, dopo l’accordo del 2014 con il quale il governo di Phnom Penh si è impegnato a ricevere una parte dei rifugiati in cambio di quasi di dieci milioni di dollari l’anno. Ma anche in Cambogia, come del resto anche in Nuova Guinea, i diritti umani non sono pienamente rispettati. Il tutto senza la possibilità di allontanarsi, in condizioni di vita spesso degradanti, con nessuna chance di costruirsi un futuro dignitoso. E questo allo scopo di scoraggiare l’arrivo dei richiedenti asilo.

Oggi però giunge una notizia che sembra segnalare un seppur limitato cambiamento.

Dopo nove anni di negoziati, l’Australia ha finalmente accettato l’offerta della Nuova Zelanda di accogliere i “suoi” rifugiati detenuti nelle strutture di accoglienza. La proposta dell’allora premier neozelandese, John Key, era stata vista inizialmente con diffidenza dal governo del liberale Tony Abbott. Questo perché si riteneva che la possibilità di essere collocati alla fine in Nuova Zelanda avrebbe incoraggiato alcuni a muovere verso l’Australia.

Nello specifico, a essere comprese nell’accordo sarebbero 450 persone provenienti da Nauru, dove al momento i rifugiati sotto giurisdizione australiana sono 112, e da territori australiani dove attualmente ve ne sono 1168. Questo anche se concretamente solo 150 rifugiati all’anno potranno recarsi in Nuova Zelanda. Escluse dall’accordo, per ora, le persone “sistemate” in Papua Nuova Guinea. Anche a proposito di queste ultime è emersa una disponibilità del governo di Wellington, ma i negoziati sono ancora in corso. In generale, in Nuova Zelanda ogni anno sulla base di specifici programmi vengono accolti più di 1000 rifugiati.

Ma cosa ha spinto l’Australia, guidata oggi dal primo ministro Scott Morrison, ad accettare? E in che misura il raggiungimento di questo accordo può essere considerato un ammorbidimento della linea contraria ai richiedenti asilo? Sicuramente ha pesato l’insistenza neozelandese, che consente oggi al suo ministro dell’immigrazione, Kris Faafoi, di dichiarare con orgoglio che tutto questo è in linea con la sua storica apertura.

«La Nuova Zelanda ha una lunga e nobile storia di accoglienza dei rifugiati – ha dichiarato ai microfoni di Al Jazeera Faafoi – E questo accordo è un altro esempio di come noi adempiamo ai nostri impegni internazionali in materia di asilo. Noi siamo lieti di poter ospitare così rifugiati che altrimenti avrebbero avuto di fronte un futuro incerto».

Ha sicuramente pesato anche il fatto che non tutti in Australia condividono la politica sin qui adottata per i richiedenti asilo e considerano anche questo accordo insufficiente oltre che tardivo.

Su questo punto ad esempio su Twitter, Nick McKim, senatore tasmaniano dei Verdi, ha definito il trattenimento offshore «un oscuro capitolo nella storia del Paese»; ha inoltre affermato che il Governo australiano ha atteso troppo a lungo ad accettare l’offerta neozelandese e che l’accordo avrebbe dovuto riguardare molte più persone da ricollocare rapidamente con prospettive di vita dignitose.

Si tratta comunque di una svolta molto limitata, anche se significativa. In particolare, il ministro degli interni australiano Karen Andrews ha dichiarato che questo accordo, comunque, non si applicherà a chi giungerà in futuro in Australia, ribadendo quindi la politica di durezza del governo. Per ora quindi, anche in questa parte del mondo continua a prevalere una linea ostile all’accoglienza dei rifugiati nonostante alcune aperture.

Carlo Codini
Nato nel 2000, sono uno studente di lettere. Appassionato anche di storia e filosofia, non mi nego mai letture e approfondimenti in tali ambiti, convinto che la varietà sia ricchezza, sempre.

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