Del: 18 Aprile 2022 Di: Contributi Commenti: 0
Come vi racconto Caparezza

“Contributi” è la sezione di Vulcano dove vengono pubblicati gli articoli, le riflessioni e gli spunti che ci giungono da studenti e studentesse che non fanno parte della redazione. Con un fine: allargare il dibattito.


Questo articolo è il proseguimento di un altro pubblicato settimana scorsa, reperibile al seguente link.


Il successo esplosivo potrebbe fare morire l’artista, ma non per Caparezza, che però prende letterale la morte e ci scrive un concept sopra. Nel 2006 esce Il suo primo concept album, nonché terzo disco: Habemus Capa. Il filo conduttore di tutto il disco è la morte con successiva reincarnazione, nel primo pezzo muore, da lì in poi in ogni pezzo si reincarna. È un disco estremamente diretto in cui `Caparezza si sfoga pienamente riguardo a vari argomenti d’attualità quali consumismo sfrenato e politiche estremamente sbagliate, ma soprattutto la fama che sta avendo in modo sbagliato.

Ecco l’ipocrita che giudica senza toga, quello fuori dal tunnelelel della droga AH AH, l’alieno di moda tipo ciribiribì Kodak
Poga poi va in pagoda e fa yoga. Cesare Ragazzi gli ha fatto la chioma, a quest’ora avrebbe la capa da Kojak
Si fa piste di coca come piste di go-kart, si goda il grande sonno alla Bogart.

Sono tre dischi in cui ormai la critica sociale è presente in modo sempre più cosciente.

Nel successivo disco ne è proprio il fulcro. Sono passati sette anni dal primo e Caparezza esce con il quarto disco, nonché secondo concept album: Le dimensioni del mio caos. Un disco in cui la critica sociale si basa su un confronto tra la società del ’68 e quella di ora, e su come sia pressoché quello spirito di lotta per i diritti e di amore verso la cultura a fare spazio ad una superficialità dilagante. Per parlare di tutto ciò, Caparezza si inventa una storia ambientata in Puglia.

Nella storia, per celebrare i quarant’anni dalla rivoluzione culturale, Caparezza organizza un concerto in cui, imitando Jimi Hendrix, spacca la chitarra, aprendo un varco spazio temporale che trasporta una ragazza del ’68 nel 2008: Ilaria. Ragazza di cui Caparezza si innamora, amore che però non verrà ricambiato in quanto Ilaria subirà una metamorfosi ideologica completa e rinnegherà i valori in cui credeva. Ilaria si innamora di un politico, Carneade (di Manzoniana memoria), parte del partito de L’uomo qualcuno (citazione a un partito che ebbe poco successo degli anni 60 chiamato Partito dell’uomo qualunque, fondato da un comico) e che per accaparrarsi più voti possibili fa costruire uno spazioporto (simbolo della corsa alla conquista dello spazio, ma soprattutto spazioporto che nel 2018 è stato annunciato realmente di essere in costruzione, proprio in Puglia), costringendo i lavoratori del cantiere a turni massacranti, in una terra dove si muore per i gas asfissianti delle fabbriche (Vieni a ballare in Puglia, che è anche la canzone che ha subito lo stesso effetto di Vengo dalla Luna e Fuori dal tunnel). Qui Conosce uno dei muratori del cantiere, Luigi delle Bicocche (metafora del lavoro sottopagato e delle morti bianche, significativo il cognome in quanto bicocche sono le case fatiscenti). Luigi stringe amicizia con Caparezza, si apre un nuovo varco spazio temporale che trasformerà l’umanità intera in bonobo. Questo disco viene definito da lui stesso ‘fonoromanzo’. Poco dopo il disco esce il primo e unico libro di Caparezza Saghe Mentali: una raccolta dei suoi testi degli album sotto forma di vari stili di scrittura per ogni disco.

Altri tre anni in cui il personaggio di Caparezza scompare, per poi ritornare con un nuovo disco, e questa volta sotto il mirino ci sono Chiesa, Stato, Industria musicale al collasso e fine del mondo.

Il sogno eretico, disco del 2011 e concept album sull’eresia, è considerato uno dei suoi maggiori capolavori, un mix tra liriche infiammanti e pezzi da un tiro rock/metal che creano una crossover spaccaossa. In questo lavoro è fortemente presente una matrice storico culturale dei testi (canzoni dedicate agli eretici più conosciuti della storia, come Galileo Galilei, Giovanna D’Arco, Girolamo Savonarola, Giordano Bruno e Danton), che si alterna a riferimenti musicali e cinematografici trattati sempre con quell’ironia che lo contraddistingue. Ironia che però si ferma in uno dei pezzi più viscerali del disco: Non siete stato voi, una critica feroce, tagliente e senza peli sulla lingua allo stato italiano. È un pezzo talmente serio e intenso che non è nemmeno cantato da Caparezza, ma da Michele: si toglie la maschera di Pirandelliana memoria per parlare da cittadino di uno stato che non lo rappresenta. Il disco viene presentato con una piccola serie di video ancora reperibile su YouTube chiamata The Boia’s. Piccola curiosità anche su questo disco: a fine del pezzo La marchetta di popolino si sente una voce robotica che dice:

Nelle scuole, nei locali, nei commenti su YouTube […] Raga, lasciate perdere ‘sto comunista di merda e date un’occhiata a questo link: www.staperarrivarelafinedelmondo.com.

Bene, il sito esiste davvero, venne creato da Caparezza per l’uscita del disco e contiene delle teorie complottistiche create ad hoc (ma Caparezza non è complottista).

Dall’eresia si passa all’arte, in un museo musicale.

2014, esce Museica, gioco di parole composto da museo, sei (sesto album) e musica, album che prende il concept da una visita a museo, in questo caso le opere sono le canzoni. Ogni pezzo di questo disco è stato creato partendo da un’opera specifica, (si passa da Van Gogh a Dalì, da Bacon a Modigliani), frutto di un viaggio nelle capitali d’arte europee per visitare i musei più famosi e trarne ispirazione. Per la prima volta la critica sociale è meno presente degli altri dischi (degna di nota la critica economico sociale in Non me lo posso permettere), per fare spazio invece ad argomenti letterari come in Dissing tra Dante e il suo vicino di casa, o musicali come in Cover, dove gioca con i titoli dei dischi che più lo hanno influenzato. Insomma, è un disco dove Caparezza fa spazio alle sue passioni, perché non tutti sanno che prima di diventare cantante voleva diventare fumettista.

Ci sono una curiosità incredibile e una che fa sorridere: quella incredibile è che nel crescendo che porta al ritornello finale di Non me lo posso permettere si sente un codice morse che, se tradotto, dice «tradurre non serve». Quella che invece fa sorridere è che nel video ufficiale di Teste di modi, i tre signori che compaiono sono i tre ragazzi che crearono le finte teste che inizialmente vennero attribuite al maestro.

Inizia ora l’ultima parte di questo viaggio antologico nel mondo di Caparezza in modo intimo, nudo e crudo.

2017: esce il settimo disco, PRISONER 709. Fino ad ora il suo disco più audace e intimo. Ma partendo dall’inizio: 709, cosa significa? 7, lettere di Michele, 9, lettere di Caparezza. Michele o Caparezza? Questo disco viene scritto da Michele dopo aver scoperto di soffrire di Acufene (forte e persistente fischio nell’orecchio, di solito sorge per un periodo limitato dopo un concerto a volumi alti). Per un musicista avere l’acufene è una condanna, e questo ha portato Caparezza ad un momento di sbandamento, non riconoscendosi più. Ed è proprio con il non riconoscere sé stesso che inizia il disco. Prosopoagnosia, un pezzo estremamente cupo e ansiogeno, che porta con sé una metafora, proprio perché la prosopoagnosia è l’incapacità per problemi neuronali di riconoscere i volti. Il disco si articola in capitoli che vanno a raccontare la storia di questo prigioniero ingabbiato in una vera e propria prigione mentale, dal reato fino alla latitanza. Le sonorità contenute in esso sono più cupe e ‘heavy’ rispetto alla proposta sonora cui siamo abituati, tutto ciò riesce a catapultare l’ascoltare ancora più in questa dimensione di crisi e autoanalisi, tranne per un pezzo, ovvero Ti fa stare bene, che, come capitolo, rappresenta proprio ‘l’ora d’aria’.

Ma perché proprio Prisoner 709? Il titolo si rivolge ad un esperimento condotto dal professor Philip Zimbardo nel 1971 a Palo Alto. Quest’esperimento consisteva nel dividere un gli studenti in due gruppi, guardie e carcerati. L’esperimento venne sospeso dopo giorni in quanto l’immedesimazione dei due gruppi ebbe risvolti drammatici a livello psicologico su entrambi, portandoli anche ad un vero e proprio cambio di personalità (Zimbardo rinominò tale cambio effetto lucifero). Quella che doveva essere una prigione finta nella mente di chi aveva vissuto ciò divenne reale.

È un disco diverso, più intimo, più serio, ma Caparezza inserisce comunque due ‘easter egg’.

Il primo lo si trova in Larsen (pezzo che parla dell’acufene, effetto Larsen), se si ascolta (con cuffie preferibilmente) l’inizio della canzone ad un certo punto parte un fischio, che è appunto il fischio dell’acufene.
PROSOPAGNO SIA! È l’ultimo brano del disco e dura 4 minuti e 21 secondi, ma non nel CD, dove infatti questo pezzo dura più di 9 minuti, e alla fine si ha un interminabile silenzio che si interrompe però al minuto 7:09, con una serie di suoni che andranno avanti fino al minuto 9:07. Questi suoni sono una sequenza radio convertibile, che se appunto convertita mostra un’immagine in cui c’è un foglio con un piccolo testo che riassume tutte le canzoni del disco. Il testo recita:

Eccomi su di un letto (Minimoog). Forse sarà l’età (Confusianesimo) ma non mi riconosco più (Prosopagnosia) vuoti di memoria (Migliora la tua memoria con un click), stretta al collo (La caduta di Atlante), calo d’autostima (Larsen). Chi l’avrebbe mai detto(L’uomo che premette)? Scriverò un testo(Il testo che avrei voluto scrivere), mi farà stare bene (Ti farà stare bene). No, non è vero (La chiave), mi viene già da vomitare(L’infinto). Sogno di potere andare via(Sogno di potere), non posso più tornare indietro (Autoipnotica). 709 (Prisoner 709) Forever (Forever Jung).

Il prigioniero è scappato. E adesso, la storia prosegue?

Il seguito della storia lo abbiamo avuto nel 2021 con Exuvia, secondo capitolo di quella che sarà una trilogia (a detta dello stesso Caparezza), che però porta alla fine di questo percorso. Se il precedente lavoro era il disco in cui non si riconosceva più e cercava di ritrovarsi, qui non solo si ritrova ma inizia a far pace anche col passato, lo stesso che aveva il nome di Mikimix. Ad inizio articolo si parlava di citazionismo dantesco, il prigioniero che ormai è evaso in questo disco si ritrova in una selva (selva che doveva essere inizialmente il titolo del disco, En mi selva, anagramma tra l’altro di Salvemini). Selva a cui si può accedere tramite un sito che in modo interattivo spiega nel dettaglio ogni contenuto del disco.

Che cos’è l’Exuvia? Perché proprio questo nome?

L’exuvia, locuzione latina di esuvia, è ciò che resta dell’animale dopo la muta, quindi l’esoscheletro. Qui la muta è evidente, il disco è sì di Caparezza, ma chi lo canta è Michele, voce nasale praticamente assente, tono completamente diverso, in una dimensione nuova che porterà alla nuova versione di Michele. Però rispetto agli altri questo è un disco più ostico, soprattutto per chi magari non lo ha mai ascoltato prima, e molto auto citazionistico (basti pensare all’intro Canthology), come anche intimo (El sendero, campione dei novanta, come Prypiat), molto più di 709.

Termina così l’analisi di una delle figure più eclettiche della musica contemporanea italiana.

Articolo di Niccolò Mauceri

Contributi
Contributi è la sezione di Vulcano in cui vengono pubblicati gli articoli, le riflessioni e gli spunti di studenti e studentesse esterni alla redazione. Con un fine: allargare il dibattito.

Commenta