Del: 4 Aprile 2022 Di: Costanza Mazzucchelli Commenti: 0
“Leonor Fini. Italian Fury” alla Galleria Tommaso Calabro

A Milano, nella tranquilla piazza San Sepolcro, l’antico, il moderno e il contemporaneo si incontrano. Vicino alla Chiesa di San Sepolcro, datata al XII secolo, è situato il neoclassico Palazzo Marietti, al cui interno trova sede la Galleria d’Arte Tommaso Calabro, fondata nel 2018 come spazio espositivo di arte moderna e contemporanea.

La Galleria ha inaugurato il primo aprile una nuova mostra, dal titolo Leonor Fini. Italian Fury, curata dall’artista Francesco Vezzoli. Le maestose stanze di Palazzo Marietti ospiteranno le opere dell’artista italo-argentina vissuta nel Novecento (1907-96) fino al 25 giugno 2022.

Il nome dell’artista, a causa di quella diffusa tendenza di manuali scolastici e resoconti storici di far passare (molto) in secondo piano i personaggi femminili, può suonare a tanti come nuovo. Ricostruendo la storia di Fini, ci si rende conto di essere di fronte a una figura eclettica e anticonformista, che ha assorbito la vitalità della metà del XX secolo e ne ha fornito testimonianza attraverso la propria arte.

Leonor Fini, Saint-Dyé-sur-Loire, 1973

Fini, nata a Buenos Aires, trascorre i primi venticinque anni della propria vita a Trieste, centro nevralgico della Mitteleuropa che ha stimolato nell’artista un’apertura nei confronti della cultura internazionale.

Fin da piccolissima inizia a disegnare, scoprendo le potenzialità del colore nel costruire mondi fantastici e da sogno. Questa passione non la abbandonerà più.

Nel 1927 Fini inizia a realizzare alcuni ritratti dalla precisione e dalla nitidezza quasi fiamminghe e nel segno degli scambi culturali intercorsi con l’artista triestino Arturo Nathan. In mostra, a dimostrazione del perdurare di questa passione ritrattistica, sono esposti alcuni ritratti di una fase artistica più avanzata, che risente della conoscenza delle correnti surrealiste e metafisiche e dell’incontro con Stanislao Lepri, come il Ritratto di Elizabeth (Bessie) de Cuevas Faure (1950).

Il Portrait féminin no. 9 / Ritratto di signora seduta (1936) raffigura, come dice il titolo stesso, una signora, ma in un modo non canonico, rompendo con quelle che sono le caratteristiche codificate del genere femminile. Fini, nel corso della propria vita, sviluppa un interesse – e poi una vera e propria passione – per il travestimento come possibilità performativa di assumere nuove e camaleontiche identità.

Il 1928 è una data particolarmente significativa per l’artista, che espone per la prima volta le proprie opere in una mostra a tre, con Arturo Nathan e Carlo Sbisà, pittore triestino del movimento artistico Novecento. Fini colpisce la critica per il suo stile ironico e la scelta di introdurre nelle opere elementi che sembrano fuori contesto e irridenti. Le sue opere sono oscure, poco chiare e, forse proprio per questo, particolarmente intriganti.

Fini poco dopo si trasferisce a Milano, la città che dal 1910 di Boccioni saliva con energia e vigore. Qui trova un terreno fertile per la propria esperienza artistica e crea dei legami che influenzeranno la sua vita e la sua carriera: conosce Sironi, De Chirico, Funi; partecipa alla II Mostra del Novecento Italiano.

Con De Chirico Fini si troverà ad esporre nel 1936, all’interno della mostra Fantastic Art Dada Surrealism al Moma di New York; nello stesso anno De Chirico scriverà il saggio introduttivo alla prima personale di Fini negli States. Questo sodalizio artistico viene richiamato all’interno della Galleria dalla presenza di un auroritratto di De Chirico, posto proprio sopra a un singolare e miniaturistico autoritratto di Fini.

Autoritratto di Giorgio De Chirico e Autoritratto di Leonor Fini

Questo apparentarsi alle esperienze più rilevanti del tempo, però, inizia a essere sofferto da Fini, che sarà sempre identificata da uno stile personalissimo e difficilmente inquadrabile all’interno di griglie precostituite, correnti e scuole. E così Fini si sposta ancora e nel 1931 dall’Italia giunge nella capitale dell’arte, Parigi, luogo di aggiornamento e formazione per tutti i pittori.

Qui, il modo di fare e intendere l’arte di Fini cambia, grazie alla conoscenza dell’astrattismo di Picasso e dell’arcaismo di Campigli. I colori delle sue opere diventano più tenui, i contorni meno netti, le figure meno ancorate a una ricerca della verosimiglianza. Nel 1933, a tutto ciò si aggiunge il contatto con un’Avanguardia storica, il Surrealismo, e con Max Ernst, tra i principali esponenti del Surrealismo, anche lui esposto in Galleria Tommaso Calabro con A l’intérieur de la vue: les oiseaux (1929). E così la pittura di Leonor evolve ancora, in una continua metamorfosi: ora dominano colori brillanti e schemi compositivi complessi e focalizzati più su piccoli dettagli.

Fini è inserita in un mondo dinamico e lussuoso e le sue vicende si legano a quelle di grandi nomi.

Nel 1938, disegna una boccetta a forma di busto, modellata sulle forme del busto di Mae West, per il profumo Shocking di Elsa Schiapparelli. La boccetta è richiamata da Vezzoli, artista e curatore della mostra Leonor Fini. Italian Fury, che ne realizza una versione in vetro soffiato a grandezza naturale, esposta nell’ultima sala: un tributo alla nostra “furia italiana” – come Fini è chiamata da Ernst – che si è affermata nei continenti occidentali con un’arte sempre in trasformazione e unica.

Nel 1941, in un periodo storico particolarmente complesso per ovvi motivi, Fini incontra in Francia Stanislao Lepri, che diventerà il suo compagno; anche lui inizierà a dipingere. Le prime opere in mostra sono proprio di Lepri e, in particolare, si viene accolti da una riproduzione a tutta parete di La chambre de Leonor (1967). Il visitatore è immediatamente proiettato nel mondo di Leonor, tra libri, gatti e quadri.

L’allestimento della mostra, opera di Filippo Bisagni, prende ispirazione da questo dipinto e ne trae alcuni elementi: nella seconda sala il pavimento è a piastrelle, nella terza il divanetto in broccato in mezzo alla stanza… L’idea è proprio quella di muoversi nel mondo dell’artista, tra le sue conoscenze, le sue amicizie e i suoi amori, i suoi viaggi, i suoi disegni e i suoi quadri.

Stanislao Lepri, Chambre de Leonor, 1967

Dagli anni Cinquanta, Fini inizia una ricerca che continuerà fino agli ultimi anni della sua vita: si concentra su soggetti ambigui, immaginifici, misteriosi (sfingi e femme fatal) o più convenzionali (gatti), ma tutti realizzati in modo onirico, visionario e simbolico, volti a sfidare leggi e norme costituite dell’arte – e soprattutto dell’arte femminile.

Viene celebrata la bellezza e l’energia femminile, è indagato il tema della metamorfosi, del passaggio dalla vita alla morte, della profondità della psiche. Emblematiche di questa ricerca sono Le sphinx (1973), L’amitié (1958) e Présence sans issue (1966), tutte e tre in mostra.

Questa artista poliedrica – pittrice, illustratrice, costumista, designer, disegnatrice – ha esercitato il proprio fascino sull’artista Francesco Vezzoli, che ha incluso L’amitié all’interno di un proprio video, An Embroidered Trilogy (1999), e ha ripreso il volto di Fini nei ricami della serie Greed (2009), esposte in Galleria.

Assieme ad altre opere, realizzate da Vezzoli appositamente per la mostra, si vuole sottolineare quanto l’immagine dell’artista fosse importante e parte integrante del suo fare arte, quanto la teatralità e lo charm della sua persona l’hanno portata a essere una figura da riscoprire e analizzare in tutte le sue pieghe.

Fini la ritroveremo anche all’interno espositivo della 59esima Mostra Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, curata da Cecilia Alemani.

L’artista sarà in compagnia di altre donne delle avanguardie storiche, tra cui Carol Rama, Dorothea Tanning e Eileen Agar. La Mostra Internazionale, dal titolo Il latte dei sogni, vede per la prima volta una preponderante partecipazione di artiste donne e soggetti non binari, al fine di costruire nuovi canoni, decostruendo quelli ormai fossilizzati da tempo. Un obiettivo, questo, condiviso anche dalla Galleria Tommaso Calabro nella sua scelta di proporre mostre che offrano nuove letture di artisti meno noti.

In copertina: invito alla mostra Leonor Fini. Italian fury. As dreamed by Francesco Vezzoli

Costanza Mazzucchelli
Classe 2000, studentessa di Lettere. Guardo il mondo attraverso i miei occhiali spessi, ascolto e leggo, poi scrivo di ciò che ho imparato.

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