Del: 21 Aprile 2022 Di: Giulia Ariti Commenti: 0
Radici. Le domeniche a piedi del 1973

Radici racconta fatti, personaggi e umori della storia della Prima Repubblica italiana, dal 1946 al 1994. A questo link è possibile trovare gli articoli precedenti della rubrica.


Nel boom economico tra anni Cinquanta e anni Sessanta, l’Italia, come molti Stati occidentali, si è cullata nell’illusione che il capitalismo avrebbe prodotto costante crescita. In quegli anni, il tenore di vita della popolazione italiana vide un netto miglioramento: moltissimi posti di lavoro, i redditi e i consumi videro un costante incremento. Per la popolazione che aveva vissuto i drammi della Seconda guerra mondiale e la complicata situazione economica del Ventennio fascista, si trattava di un vero e proprio sogno.

A risvegliare le menti fu il 6 ottobre del 1973. Durante la festività ebraica dello Yom Kippur, Egitto e Siria attaccarono Israele.

L’intento dei due paesi era quello di cacciare le truppe dai territori occupati durante la Guerra dei Sei Giorni: la penisola del Sinai, prima appartenente all’Egitto; la Cisgiordania, precedentemente sotto il controllo della Giordania; e le Alture del Golan, di appartenenza siriana. 

La campagna militare fu sostenuta dall’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio. Nata nel 1960, la neonata organizzazione contava solo Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita e Venezuela tra i suoi componenti; solo successivamente sarebbero stati integrati altri 8 Paesi.

Dalla fine degli anni Quaranta all’inizio degli anni Settanta, il mercato petrolifero era stato monopolizzato da quelle che Enrico Mattei, commissario liquidatore dell’AGIP, denominò le “Sette Sorelle”: si trattava di sette compagnie petrolifere operanti in Medio Oriente, tutte americane ed inglesi, che schiacciarono le concorrenti locali sul mercato in un vero e proprio sfruttamento delle risorse dei territori del Golfo Persico e del Medio Oriente. Queste infatti imponevano delle tariffe ai Paesi produttori sconvenienti e del tutto irrisorie rispetto ai guadagni effettivi. Per contrastare questo fenomeno, i paesi esportatori di petrolio si unirono nell’Opec, su iniziativa del governo del Venezuela, così da poter regolare l’aspetto economico del mercato dell’oro nero. 

Con lo scoppio della guerra il 6 ottobre 1973, i Paesi dell’Opec decisero il loro sostegno a Siria ed Egitto aumentando il prezzo del petrolio e riducendone del 25% l’esportazione; a ciò si aggiunse un embargo nei confronti degli Stati Uniti e dei paesi filo-israeliani. La guerra durò meno di un mese, ma fu sufficiente per gettare l’Occidente in una profonda crisi economica ed energetica.

Dal petrolio dipendevano, infatti, gran parte delle industrie: da quella agricola al sistema di trasporti; si trattava della principale fonte di energia e una sua carenza si sarebbe tradotta in un problema per il lungo periodo e nella necessità, mai vagliata prima di allora, di trovare nuove soluzioni. 

Tra la fine del 1973 e il 1974 l’Italia visse una crisi che ricordò ai cittadini il significato della parola “vulnerabilità”, mentre il prezzo del petrolio cresceva del 400%, quello della benzina del 10%, quello del gas del 60%.

Il governo italiano fu tra gli ultimi, in Europa, ad adottare misure di emergenza. Il consiglio dei ministri dell’epoca, guidato dall’esponente della Democrazia Cristiana, il presidente Mariano Rumor, si impegnò nell’adeguarsi alle politiche di austerity – termine anglosassone utilizzato per indicare tutte quelle misure che compromisero significativamente la quotidianità della popolazione ormai abituata al consumismo. 

La misura più popolare fu quella delle domeniche a piedi: iniziate il 2 dicembre 1973, la misura che proibiva la circolazione di automobili fu la più apprezzata dalla popolazione che la ovviò con i più folkloristici metodi. Moltissime persone rispolverarono velocipedi, biciclette, o addirittura tornarono in strada con asini e cavalli. Popolarissima l’immagine della partita derby tra Inter e Milan nello stadio di San Siro: le riprese televisive mostrarono una enorme fila di persone in bicicletta, a cavallo, a bordo di carretti stipati che andavano verso lo stadio. 

Si trattava di una novità, un evento anormale e ben accolto, quasi un tuffo nel passato per gli italiani sempre più abituati alle automobili: dal consuntivo del 1973, da 1,449 milioni di immatricolazioni (in linea con il 1971 e il 1972 e, incredibilmente, sopra al totale mercato del 2012) si scese a 1,281 milioni nel 1974 e a 1,051 nel 1975. È proprio in questi anni che in Italia inizia a circolare sempre maggiormente la parola “ecologia”. 

Tuttavia, le misure dell’austerity non si fermavano solo alle passeggiate.

Furono imposte riduzioni dei limiti di velocità come li conosciamo oggi: 50 km/h nei centri abitati, 100 km/h sulle strade extraurbane normali e 120 km/h sulle autostrade; i benzinai dovettero fissare gli orari di chiusura alle 12 del sabato e mantenere la saracinesca abbassata per tutta la domenica. 

Drastici tagli anche per l’illuminazione: agli uffici pubblici fu imposto l’orario continuato e la chiusura alle 17; alle 19.30, invece, chiudevano i negozi. Nessuna insegna poteva rimanere accesa, persino le luminarie di quel Natale furono pressoché inesistenti. Bar e ristoranti non potevano restare aperti oltre la mezzanotte, per teatri e cinema la chiusura scattava alle 22.45. Una simile misura coinvolse anche la televisione: l’ultimo programma andava in onda alle 22.45; i telegiornali furono spostati dalle 20.30 alle 20. 

Nella primavera del 1974 l’embargo imposto dall’Opec fu revocato, ma l’Italia non sarebbe tornata indietro. Al contrario, le popolazioni dovettero svegliarsi dal sogno del boom economico: il capitalismo non avrebbe garantito una casa calda o posti di lavoro; la mentalità della popolazione non poteva essere più la medesima: si capì l’importanza della ricerca di nuove fonti di energia, ora rinnovabili, che potessero supportare il sistema produttivo, già profondamente aggravato da una crisi dei consumi.

Giulia Ariti
Studentessa di Filosofia che insegue il sogno del giornalismo. Sempre con gli occhi sulla realtà di oggi e la mente verso il domani.

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